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Inammissibilità appello: domicilio mancante, Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di inammissibilità di un appello in materia di bancarotta fraudolenta. La causa dell’inammissibilità dell’appello risiede nella mancata allegazione della dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato, un requisito formale richiesto dalla legge in vigore al momento del deposito dell’atto. La Corte ha stabilito che la successiva abrogazione della norma non sana il vizio originario, applicando il principio ‘tempus regit actum’. La semplice indicazione della residenza nella procura non è stata ritenuta sufficiente a soddisfare il requisito.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Appello: Quando un Dettaglio Formale Blocca la Giustizia

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del diritto processuale: la forma è sostanza. La vicenda riguarda un caso di inammissibilità dell’appello dovuto alla mancata allegazione di un documento specifico, la dichiarazione di domicilio. Questa decisione sottolinea come l’attenzione ai dettagli procedurali sia cruciale per l’esito di un giudizio, anche quando la norma di riferimento viene successivamente modificata dal legislatore.

I Fatti del Caso: Un Appello Respinto in Partenza

La vicenda trae origine da una condanna per bancarotta fraudolenta emessa dal Tribunale di Pescara. L’imputata, tramite il suo difensore, ha proposto appello presso la Corte di Appello de L’Aquila. Tuttavia, i giudici di secondo grado hanno dichiarato l’impugnazione inammissibile senza nemmeno entrare nel merito delle questioni sollevate. Il motivo? La difesa aveva omesso di allegare all’atto di appello la dichiarazione o elezione di domicilio sottoscritta dall’imputata, un adempimento all’epoca richiesto a pena di inammissibilità. Contro questa decisione, l’imputata ha presentato ricorso per Cassazione, sostenendo la violazione di norme processuali e principi costituzionali.

La Questione Giuridica: Inammissibilità Appello e Legge Applicabile

Il cuore del problema risiedeva nell’interpretazione dell’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale. Questa norma, in vigore al momento della presentazione dell’appello (aprile 2024), imponeva che, insieme all’atto di impugnazione, venisse depositata anche la dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato ai fini delle notificazioni. La sanzione per l’omissione era, appunto, l’inammissibilità.

A complicare il quadro, una legge successiva (L. n. 114/2024) ha abrogato tale disposizione a partire dal 25 agosto 2024. La difesa ha quindi sostenuto che l’appello dovesse essere considerato valido. La Corte di Cassazione è stata chiamata a decidere quale legge applicare: quella in vigore al momento del deposito dell’atto o quella successiva, più favorevole.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il ragionamento dei giudici si è basato su un principio cardine del diritto: tempus regit actum (l’atto è regolato dalla legge del suo tempo).

La Corte ha richiamato una recente e autorevole pronuncia delle Sezioni Unite, la quale ha stabilito che la disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, continua ad applicarsi a tutte le impugnazioni proposte fino al 24 agosto 2024, data precedente all’entrata in vigore della legge di abrogazione. Poiché l’appello in questione era stato depositato ad aprile 2024, era pienamente soggetto alla vecchia normativa.

Inoltre, la Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: la semplice indicazione della residenza dell’imputata nella procura speciale non poteva sostituire la formale dichiarazione o elezione di domicilio. La legge richiedeva un atto specifico, espresso e sottoscritto, finalizzato a garantire la certezza del luogo per le notificazioni del procedimento. La difesa, omettendo questo adempimento, ha causato un vizio insanabile che ha portato inevitabilmente alla declaratoria di inammissibilità dell’appello.

Le Conclusioni

La decisione in esame è un monito per tutti gli operatori del diritto. Dimostra in modo inequivocabile che, nel processo penale, gli adempimenti formali non sono meri cavilli burocratici, ma requisiti essenziali posti a garanzia del corretto svolgimento del procedimento. L’omissione di un documento, come la dichiarazione di domicilio, può avere conseguenze definitive, precludendo la possibilità per un imputato di far valere le proprie ragioni nel merito. La sentenza ribadisce che la validità di un atto processuale deve essere valutata sulla base delle norme in vigore al momento del suo compimento, e le modifiche legislative successive non possono sanare vizi già consolidati.

Cosa succede se un appello viene depositato senza la dichiarazione di domicilio, secondo questa ordinanza?
Se l’appello è stato depositato prima del 25 agosto 2024, periodo in cui la norma era in vigore, viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che i giudici non possono esaminare il caso nel merito e l’impugnazione viene respinta per un vizio di forma.

Perché la Corte ha applicato una norma che nel frattempo è stata abrogata?
La Corte ha applicato il principio giuridico ‘tempus regit actum’, secondo cui la validità di un atto giuridico si valuta in base alla legge in vigore nel momento in cui l’atto è stato compiuto. Poiché l’appello è stato presentato quando la norma era vigente, essa doveva essere rispettata, a prescindere dalla sua successiva abrogazione.

L’indicazione della residenza nella procura speciale è sufficiente per le notifiche dell’appello?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la semplice indicazione della residenza nella procura non è sufficiente. La legge richiedeva una ‘dichiarazione o elezione di domicilio’ formale, specifica ed espressa, sottoscritta dall’imputato ai fini della notificazione del decreto di citazione, che è un atto distinto e con una finalità diversa rispetto alla procura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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