Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37064 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37064 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CASTELVETRANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/05/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME, laddove chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 89 d.lgs. n. 150 del dell’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. in relazione agli artt. 3, 24, 27 e 111 Cost., è manifestamente infondato.
Si osserva, al proposito, che questa Corte ha già avuto modo di occuparsi della questione, ritenendo manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen., introdotti dall’art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 15 e dell’art. 89, comma 3, del medesimo d.lgs., per contrasto con gli artt. 3, 24, 27, 111 Cost art. 6 CEDU, nella parte in cui richiedono, a pena di inammissibilità dell’appello, che, anche caso in cui si sia proceduto in assenza dell’imputato, unitamente all’atto di appello, depositata la dichiarazione o l’elezione di domicilio, ai fini della notificazione dell citazione, e lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, trattandosi di scelta legislativa non manifestamente irragionevole, volta a limitar impugnazioni che non derivano da un’opzione ponderata e personale della parte, da rinnovarsi in limine impugnationis ed essendo stati comunque previsti i correttivi dell’ampliamento del termine per impugnare e dell’estensione della restituzione nel termine (Sez. 4, n. 43718 de 11/10/2023, Ben, Rv. 285324 – 01; e Sez. 4, n. 44630 del 10/10/2023, non massimata).
Allo stesso modo, è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimit costituzionale dei commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581, cod. proc. pen., introdotti dall’art. 3 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per contrasto con gli artt. 24, 27 e 111 Cost., in quanto disposizioni, laddove richiedono che unitamente all’atto di impugnazione siano depositati, pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio e, quando si sia proceduto assenza dell’imputato, lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, non comportano alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma solo regolano le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché essi non collidono né con il princi della inviolabilità del diritto di difesa, né con la presunzione di non colpevolezza operante alla definitività della condanna, né con il diritto ad impugnare le sentenze con il ricors cassazione per il vizio di violazione di legge (Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep. 202 Terrasi, Rv. 285900 – 01).
Nemmeno pare sussistente la violazione dei diritti di difesa e, in particolare, del diri proporre appello.
Premesso che, come costantemente affermato dalla Corte costituzionale, la garanzia del doppio grado di giurisdizione non fruisce, di per sé, di riconoscimento costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 274 e n. 242 del 2009, n. 298 del 2008, n. 26 del 2007, n. 288 del 1997, n. 280 del 1995; ordinanze n. 316 del 2002 e n. 421 del 2001) – anche se, a livell sovranazionale, l’art. 14, paragrafo 5, del Patto internazionale sui diritti civili e politici a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con I. 25 ottobre 1977, n. 881,
l’art. 2 del Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e libertà fondamentali, adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984, ratificato e reso esecutiv con I. 9 aprile 1990, n. 98, prevedono il diritto a far riesaminare la decisione d giurisdizione superiore, o di seconda istanza, a favore della persona dichiarata colpevole condannata per un reato e sebbene la riconducibilità del potere d’impugnazione al diritto difesa sancito dall’art. 24 Cost. renda meno disponibile tale potere a interventi limitativ ogni caso è dirimente osservare che la norma censurata non prevede affatto un restringimento della facoltà di proporre appello, bensì persegue il legittimo scopo di agevolare le procedure notificazione prodromiche alla celebrazione del giudizio di impugnazione e, quindi, di ridurre probabilità di vizi nelle notifiche e nelle comunicazioni funzionali all’instaurazio contraddittorio.
L’onere imposto alla parte impugnante, da adempiere, si badi, contestualmente del deposito dell’atto di impugnazione, appare perciò espressione del principio di leale collaborazione tra parti, considerato che l’appello viene celebrato a richiesta dell’impugnante, il che conduce escludere che esso limiti “il diritto di accesso” al giudizio di impugnazione, previsto dall par. 1, Carta EDU, “in modo tale o a tal punto che il diritto sia leso nella sua stessa sosta (Corte EDU, 28/10/2021, Succi e altri c. Italia);
rilevato che il secondo motivo, che denuncia la violazione di legge in quanto la dichiarazione domicilio sarebbe contenuta nell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, manifestamente infondato in quanto l’onere del deposito dell’elezione o della dichiarazione domicilio, previsto, a pena di inammissibilità dell’atto d’impugnazione, dall’art. 581, comma Iter, cod. proc. pen., può essere assolto anche con il richiamo espresso e specifico, in esso contenuto, a una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione ne fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca indicazione del luogo in c eseguire la notificazione (Sez. U, n. 13808 del 24/10/2024, dep. 2025, De, Rv. 287855 – 02), e, nel caso di specie, come risulta dall’atto di appello, è del tutto assente il richiamo precedente dichiarazione o elezione di domicilio;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisan assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 18 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ìlgricorrente al pagamento delle spese pro e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 31 ottobre 2025.