Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 4796 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 4796  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME, nato a Capua il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/06/2023 della Corte d’appello di Torino
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 19/06/2023, la Corte d’appello di Torino dichiarava inammissibile l’appello che era stato proposto da NOME COGNOME contro la sentenza del 23/01/2023 del Tribunale di Torino che aveva condannato lo stesso COGNOME alla pena di sei mesi di reclusione ed C 500,00 di multa per il reato di appropriazione indebita.
La Corte d’appello di Torino dichiarava tale inammissibilità ai sensi dell’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. – commi aggiunti dall’art. 33, comma 1, lett. d), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 – in quanto con l’atto di appello del COGNOME non erano stati depositati né lo specifico mandato a impugnare né la dichiarazione o l’elezione di domicilio, come previsto, a pena d’inammissibilità dell’impugnazione, dai suddetti commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581 cod. proc. pen.
Avverso l’indicata ordinanza del 19/06/2023 della Corte d’appello di Torino, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore, NOME COGNOME, affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce l’illegittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., nella parte in cui sanziona con l’inammissibilità dell’impugnazione il mancato deposito, con l’atto d’impugnazione, della dichiarazione o elezione di domicilio, per violazione degli artt. 24, 27 e 111 Cost., nonché, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza o l’erronea applicazione degli artt. 161, 164 e 571 dello stesso codice e «del diritto d’impugnazione».
Il ricorrente lamenta anzitutto che la Corte d’appello di Torino, nel dichiarare l’inammissibilità del proprio appello ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., avrebbe omesso di considerare che, nel verbale nel quale si era proceduto alla sua identificazione, era già contenuta elezione di domicilio ai sensi dell’art. 161 cod. proc. pen. (in Capannori, INDIRIZZO) – mai mutata e che l’art. 164 cod. proc. pen. chiarisce essere valida per l’atto di citazione a giudizio ai sensi dell’art. 601 dello stesso codice – con la conseguenza che non si doveva ritenere necessaria alcuna ulteriore allegazione, essendo completa l’indicazione che era contenuta nel suddetto verbale, antecedente alla presentazione dell’appello, e atteso che il deposito in questione ben potrebbe essere riferito anche a un’elezione di domicilio già presente agli atti.
Il ricorrente espone quindi che l’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., come applicato dalla Corte d’appello di Torino, si porrebbe in contrasto con gli artt. 24, 27 e 111 Cost., i quali costituirebbero il fondamento costituzionale del diritto d’impugnazione, quale componente essenziale del diritto di difesa (art. 24 Cost.), quale rimedio funzionale alla tutela della presunzione di non colpevolezza (art. 27 Cost.) e quale strumento di controllo dell’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali (art. 111 Cost.).
Nell’affermare come, in tale quadro costituzionale, la correlazione tra il diritto all’impugnazione e la difesa tecnica sia chiaramente enunciato dall’art. 571 cod. proc. pen., il COGNOME deduce che il censurato obbligo del deposito della dichiarazione o elezione di domicilio, col limitare l’autonoma facoltà di appello del difensore dell’imputato, comporterebbe anche il mancato rispetto del principio della parità delle parti con riferimento al potere d’impugnazione che è riconosciuto al pubblico ministero.
Lo stesso obbligo comporterebbe anche una disparità di trattamento con la parte civile, alla quale la giurisprudenza della Corte di cassazione riconosce la facoltà di conferire al difensore il potere di impugnare sulla base di una procura rilasciata anche prima della sentenza da impugnare.
Risulterebbe altresì «incrinata» la logica di una difesa tecnica che sia posta in grado di operare con continuità e senza inutili ostacoli lungo l’intero percorso processuale in modo da supplire alle limitate cognizioni dell’imputato.
Il ricorrente chiede perciò alla Corte di cassazione di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., nella parte in cui sanziona con l’inammissibilità dell’impugnazione il mancato deposito, con l’atto d’impugnazione, della dichiarazione o dell’elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, per violazione degli artt. 24, 27 e 111 Cost.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza e l’illogicità della motivazione con riguardo all’asseritamente ritenuta mancanza di una dichiarazione o elezione di domicilio «rilasciata dall’imputato in sede di verbale di identificazione e notifica dell’informazione di garanzia ed avviso 415 bis c.p.p.», per avere la Corte d’appello di Torino erroneamente applicato l’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen.
Dopo avere nuovamente rammentato di avere eletto domicilio nel menzionato verbale di identificazione e dopo avere avere citato i commi 1 e 3 dell’art. 157-ter cod. proc. pen., il ricorrente deduce che, poiché il comma 1-ter dell’art. 581 cod. proc. pen., diversamente dal comma 1-quater dello stesso articolo, non prevede che la dichiarazione o elezione di domicilio debba essere successiva alla pronuncia della sentenza impugnata, ne discenderebbe che all’atto di appello potrebbe essere allegata anche una dichiarazione o elezione di domicilio anteriore a tale pronuncia, con la conseguenza che egli si doveva ritenere avere già assolto, prima dell’impugnazione, all’incombente previsto dal comma 1-ter dell’art. 581 cod. prOC.
Ad avviso del ricorrente, solo nel caso in cui l’imputato presente non avesse già, prima dell’impugnazione, dichiarato o eletto domicilio, residuerebbe l’applicazione del comma 1-ter dell’art. 581 cod. proc. pen., assumendo rilievo il disposto del comma 3 dell’art. 157-ter dello stesso codice.
CONSIDERATO IN DIRITTO
 Il ricorso è inammissibile perché è proposto per dei motivi – i quali, per la loro stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente manifestamente infondati.
L’art. 33, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 150 del 2022, ha inserito nell’art. 581 cod. proc. pen. i commi 1-ter e 1-quater a norma dei quali: a) «Con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio» (comma 1-ter); b) «Nel caso di imputato
rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio» (comma 1-quater).
Tali disposizioni – le quali, a norma dell’art. 89, comma 3, del d.lgs. n. 150 del 2022, si applicano alle impugnazioni proposte avverso le sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore dello stesso decreto (30 dicembre 2022) – sono state adottate in attuazione dei principi e criteri direttivi: a) il comma 1-ter, di cui all’art. 1, comma 13, lett. a), della legge di delegazione 27 settembre 2021, n. 134 («fermo restando il criterio di cui al comma 7, lettera h), dettato per il processo in assenza, prevedere che con l’atto di impugnazione, a pena di inammissibilità, sia depositata dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di impugnazione»; b) il comma 1quater, di cui all’art. 1, comma 7, lett. h), della stessa legge n. 134 del 2021 («prevedere che il difensore dell’imputato assente possa impugnare la sentenza solo se munito di specifico mandato, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza; prevedere che con lo specifico mandato a impugnare l’imputato dichiari o elegga il domicilio per il giudizio di impugnazione»).
3. Ciò rammentato, la Corte di cassazione ha già avuto modo di chiarire che il tenore letterale del comma 1-ter dell’art. 581 cod. proc. pen., e, soprattutto, la sua collocazione sistematica all’interno di un articolo che disciplina, a pena d’inammissibilità, la «Forma dell’impugnazione», inducono a ritenere che il deposito della dichiarazione o elezione di domicilio costituisca un requisito formale dell’impugnazione, con la conseguenza che la stessa dichiarazione o elezione di domicilio deve essere depositata, con l’atto d’impugnazione, pur quando l’imputato che propone l’impugnazione avesse già avuto modo di dichiarare o eleggere domicilio in precedenza per l’intero procedimento a suo carico (Sez. 4, n. 44376 del 19/10/2023, COGNOME, non massimata).
La Corte di cassazione ha altresì evidenziato come la nuova disposizione del comma 1-ter dell’art. 581 cod. proc. pen. (così come quella del comma 1-quater dello stesso articolo, là dove prevede un incombente analogo a quello contemplato nel comma 1-ter) si coordini perfettamente: sia con il comma 3 dell’art. 157-ter cod. proc. pen. (articolo inserito dall’art. 10, comma 1, lett. I, del d.lgs. n. 150 de 2022), a norma del quale «In caso di impugnazione proposta dall’imputato o nel suo interesse, la notificazione dell’atto di citazione a giudizio nei suoi confronti è eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’articolo 581, commi 1-ter e 1-quater»; sia con il modificato (dall’art. dall’art. 10, comma 1, lett. r, del d.lgs. n. 150 del 2022) comma 1 dell’art. 164 cod. proc. pen. (ora
rubricato «Efficacia della dichiarazione e dell’elezione di domicilio»), a norma del quale «La determinazione del domicilio dichiarato o eletto è valida per le notificazioni dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, degli atti di citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale, salvo quanto previsto dall’articolo 156, comma 1». Il dettato normativo, col sostituire l’inciso del precedente testo dell’art. 164, comma 1, cod. proc. pen., secondo cui la determinazione del domicilio dichiarato o eletto «è valida per ogni stato e grado del procedimento», ha quindi escluso che la dichiarazione o elezione di domicilio già presente agli atti possa esimere l’impugnante dal depositare una nuova dichiarazione o elezione di domicilio.
Del tutto correttamente, pertanto, la Corte d’appello di Torino ha ritenuto l’inammissibilità dell’appello che era stato proposto dal COGNOME per il mancato deposito, con l’atto di appello, della dichiarazione o elezione di domicilio, senza che potesse assumere rilievo, in senso contrario, il fatto che lo stesso COGNOME potesse avere già avuto modo di dichiarare domicilio o eleggere per il procedimento a suo carico.
Da ciò la manifesta infondatezza del secondo motivo di ricorso.
Deve essere ora esaminata l’eccezione di illegittimità costituzionale del comma 1-ter dell’art. 581 cod. proc. pen. che è stata sollevata dal ricorrente con il primo motivo di ricorso.
Essa è manifestamente infondata.
La Corte di cassazione ha infatti già dichiarato la manifesta infondatezza di un’analoga questione di legittimità costituzionale (Sez. 4, n. 44376 del 19/10/2023, COGNOME, cit.; Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, COGNOME, Rv. 285324-01), con argomentazioni che il Collegio, condividendole, ritiene di fare senz’altro proprie, avendo chiarito che: a) non è irragionevole e, anzi, risulta in linea con il principio del giusto processo, imporre a chi proponga impugnazione un’attualizzazione dell’informazione relativa al luogo in cui notificare l’atto introduttivo del giudizio d’impugnazione, atteso che ciò risponde non solo a esigenze di celerità ed efficienza del processo penale, giacché il deposito della dichiarazione o elezione di domicilio al momento dell’impugnazione esclude in radice ogni ritardo nell’attività di notificazione dell’atto, ma anche all’esigenza di garantire la partecipazione effettiva dell’imputato al processo penale, la quale rappresenta la cifra delle più recenti modifiche al sistema penale, prima improntato al principio della conoscenza legale; b) l’obbligatorietà del deposito della dichiarazione o elezione di domicilio non limita l’autonoma facoltà di appello del difensore dell’imputato e non comporta un’asimmetria rispetto al potere d’impugnazione del pubblico ministero, atteso che la necessità di acquisire dal proprio assistito la suddetta dichiarazione o elezione di domicilio – il che risponde,
come si è detto, ad esigenze anche di tutela dell’imputato – non comporta alcun limite al diritto d’impugnazione del difensore ma costituisce, al più, un adempimento privo di effetti nel caso di agevole reperibilità dell’assistito, mentre di eventuali ritardi nella predisposizione dell’atto d’impugnazione causati dall’adempimento in considerazione nel caso di imputati non facilmente raggiungibili, il legislatore ha tenuto conto là dove, con il nuovo comma 1-bis dell’art. 585 cod. proc. pen. (comma inserito dall’art. 33, comma 1, lett. f, del d.lgs. n. 150 del 2022), ha stabilito che «I termini previsti dal comma 1 sono aumentati di quindici giorni per l’impugnazione del difensore dell’imputato giudicato in assenza»; c) non sussiste la denunciata disparità di trattamento in relazione alla posizione della parte civile, sia perché l’allegazione all’atto d’impugnazione della dichiarazione o elezione di domicilio non altera le regole che disciplinano il diritto di nomina del difensore, sia perché le peculiari prerogative del difensore dell’imputato, sancite dall’art. 99 cod. proc. pen., rendono tale figura processuale non comparabile con quella dei difensori delle altre parti private.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 21/12/2023.