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Inammissibilità appello: Domicilio e Riforma Cartabia

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4796/2024, ha confermato l’inammissibilità dell’appello penale a causa del mancato deposito, contestuale all’atto di impugnazione, della dichiarazione o elezione di domicilio. Questa formalità, introdotta dalla Riforma Cartabia, è un requisito essenziale e non può essere sanata da una precedente elezione di domicilio effettuata nel corso del procedimento. La Corte ha ritenuto la norma non incostituzionale, in quanto finalizzata a garantire celerità ed effettiva partecipazione dell’imputato, respingendo così il ricorso.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Appello: L’Importanza dell’Elezione di Domicilio Post-Riforma Cartabia

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 4796/2024) ribadisce un principio fondamentale introdotto dalla Riforma Cartabia, che ha generato significative discussioni: l’inammissibilità appello in caso di mancato deposito della dichiarazione o elezione di domicilio contestualmente all’atto di impugnazione. Questa decisione sottolinea la natura perentoria del nuovo adempimento, volto a garantire celerità processuale e una più efficace partecipazione dell’imputato al giudizio.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale di Torino per il reato di appropriazione indebita. L’imputato, tramite il suo difensore, proponeva appello avverso tale sentenza. Tuttavia, la Corte d’appello di Torino dichiarava l’impugnazione inammissibile. La ragione era puramente procedurale: con l’atto di appello non erano stati depositati né lo specifico mandato a impugnare né la dichiarazione o elezione di domicilio, come richiesto dai nuovi commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581 del codice di procedura penale, introdotti dal d.lgs. n. 150/2022 (Riforma Cartabia).

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ricorreva per cassazione, affidandosi a due motivi principali:
1. Questione di legittimità costituzionale: Il ricorrente sosteneva che l’obbligo di depositare una nuova dichiarazione di domicilio violasse gli articoli 24, 27 e 111 della Costituzione. A suo avviso, una precedente elezione di domicilio, effettuata all’inizio del procedimento e mai revocata, avrebbe dovuto essere considerata valida anche per la fase di appello. L’obbligo, inoltre, creerebbe una disparità di trattamento rispetto al pubblico ministero e limiterebbe il diritto di difesa.
2. Erronea applicazione della legge: Si lamentava che la Corte d’appello avesse erroneamente interpretato la norma. Secondo la difesa, poiché l’art. 581, comma 1-ter, non specifica che l’elezione di domicilio debba essere successiva alla sentenza impugnata (a differenza del comma 1-quater per l’imputato assente), sarebbe stato sufficiente allegare una dichiarazione anche anteriore, come quella già presente agli atti.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Inammissibilità dell’Appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi manifestamente infondati. I giudici hanno chiarito che il deposito della dichiarazione o elezione di domicilio, contestualmente all’atto di impugnazione, è un requisito formale inderogabile dell’appello stesso. La collocazione sistematica della norma all’interno dell’art. 581 c.p.p., che disciplina la “Forma dell’impugnazione”, non lascia spazio a interpretazioni diverse. Di conseguenza, anche se l’imputato aveva già eletto domicilio in una fase precedente, era tenuto a depositare una nuova dichiarazione specifica per il giudizio di appello.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che questa nuova disposizione si coordina perfettamente con altre modifiche della Riforma Cartabia, in particolare con l’art. 157-ter c.p.p., il quale prevede che la notifica della citazione a giudizio in appello sia eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’art. 581 c.p.p. Questo meccanismo è finalizzato a garantire la celerità e l’efficienza del processo penale, escludendo ritardi nella notificazione dell’atto e assicurando la partecipazione effettiva dell’imputato.

Inoltre, la Corte ha respinto la questione di legittimità costituzionale, affermando che l’obbligo non è irragionevole. Anzi, è in linea con il principio del giusto processo, in quanto richiede un’attualizzazione delle informazioni necessarie a notificare l’atto introduttivo del giudizio d’impugnazione. Non limita il diritto di difesa né crea asimmetrie con il pubblico ministero, ma rappresenta un adempimento funzionale alla tutela dello stesso imputato e all’efficienza del sistema giudiziario.

Le conclusioni

La sentenza consolida un orientamento rigoroso sull’applicazione delle nuove norme procedurali. Per gli operatori del diritto, emerge la chiara necessità di adempiere scrupolosamente all’obbligo di depositare la dichiarazione o elezione di domicilio insieme all’atto di appello, a pena di inammissibilità appello. Una precedente elezione di domicilio non è più sufficiente. La decisione ribadisce che le riforme procedurali, sebbene possano apparire come meri formalismi, sono spesso finalizzate a rafforzare principi cardine del processo, come la celerità e il contraddittorio effettivo.

Perché l’appello è stato dichiarato inammissibile?
L’appello è stato dichiarato inammissibile perché, con l’atto di impugnazione, non è stata depositata la dichiarazione o elezione di domicilio, un requisito formale obbligatorio introdotto dalla Riforma Cartabia (art. 581, comma 1-ter, c.p.p.).

Un’elezione di domicilio fatta all’inizio del processo è valida anche per l’appello?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la Riforma Cartabia ha introdotto l’obbligo di depositare una nuova e specifica dichiarazione o elezione di domicilio contestualmente all’atto di appello. Una dichiarazione precedente, anche se mai revocata, non è sufficiente a soddisfare questo nuovo requisito.

L’obbligo di depositare una nuova elezione di domicilio viola la Costituzione?
No. La Corte di Cassazione ha ritenuto la questione di legittimità costituzionale manifestamente infondata. L’obbligo non è irragionevole, ma risponde a esigenze di celerità, efficienza e garanzia della partecipazione effettiva dell’imputato al processo, in linea con il principio del giusto processo (art. 111 Cost.).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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