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Inammissibilità appello: Cassazione salva l’impugnazione

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte di Appello che aveva dichiarato l’inammissibilità di un appello per un’elezione di domicilio incompleta nell’atto di impugnazione. Secondo la Suprema Corte, se il contraddittorio tra le parti è stato regolarmente instaurato, il vizio formale non può portare all’inammissibilità dell’appello, poiché lo scopo della norma, ovvero garantire la conoscenza del processo all’imputato, è stato comunque raggiunto.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Appello: La Cassazione Interviene sui Formalismi della Riforma Cartabia

La recente Riforma Cartabia ha introdotto requisiti formali più stringenti per le impugnazioni, tra cui la dichiarazione o elezione di domicilio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 22353/2025) affronta un caso di inammissibilità appello dichiarato da una Corte territoriale, fornendo un’interpretazione cruciale: la sostanza prevale sulla forma quando lo scopo della norma è raggiunto. Questo articolo analizza la decisione e le sue importanti implicazioni pratiche.

Il Caso: Un Appello Bloccato da un Vizio Formale

I fatti iniziano con una condanna in primo grado per i reati di cui agli artt. 494 e 476-482 del codice penale. L’imputato presenta appello, ma la Corte di Appello dichiara l’impugnazione inammissibile. Il motivo? L’atto di appello conteneva un’elezione di domicilio incompleta, limitandosi a indicare “Roma, via…”, senza specificare l’indirizzo completo.

La Corte di Appello ha applicato rigorosamente l’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale, introdotto dalla Riforma Cartabia, che sanziona con l’inammissibilità la mancata dichiarazione o elezione di domicilio nell’atto di impugnazione.

La Difesa e il Ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la decisione della Corte di Appello violasse la legge. La difesa ha evidenziato un punto fondamentale: già in una fase precedente del procedimento, durante l’identificazione, l’imputato aveva validamente eletto domicilio. Tale elezione era stata utilizzata con successo per notificare il decreto di citazione a giudizio, dimostrando la sua efficacia e la piena conoscenza del procedimento da parte dell’interessato.

La Questione dell’Inammissibilità Appello Secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la sentenza di inammissibilità. I giudici supremi hanno chiarito che, sebbene la norma introdotta dalla Riforma Cartabia imponga un requisito formale, la sua interpretazione non può essere slegata dalla sua finalità.

Il principio fondamentale è che la regola sull’elezione di domicilio serve a garantire la vocatio in iudicium, ovvero ad assicurare che l’imputato sia effettivamente a conoscenza del processo a suo carico. L’obiettivo è facilitare le notifiche e rendere certa la conoscenza dell’impugnazione.

Le Motivazioni della Cassazione

Nel caso specifico, la Corte ha osservato che, nonostante il vizio formale nell’atto di appello, il decreto di citazione per il giudizio di secondo grado era stato regolarmente notificato. Di conseguenza, il contraddittorio tra le parti si era correttamente instaurato. Questo fatto è stato ritenuto decisivo.

La Cassazione ha stabilito un principio di diritto cruciale: una causa di inammissibilità appello, come quella prevista dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., non può essere dichiarata in esito al giudizio se non è stata rilevata prima della sua celebrazione e, soprattutto, se la notifica del decreto di citazione è andata a buon fine. In altre parole, se l’obiettivo della norma (garantire la conoscenza del processo) è stato raggiunto e il processo si è avviato correttamente, il vizio formale iniziale viene superato.

Conclusioni: La Sostanza Prevale sulla Forma

Questa sentenza rappresenta un importante baluardo contro un’applicazione eccessivamente formalistica delle nuove norme procedurali. La Corte di Cassazione ribadisce che le regole procedurali, anche quelle sanzionate con l’inammissibilità, devono essere interpretate alla luce della loro ratio e dei principi costituzionali del giusto processo.

L’insegnamento pratico è chiaro: se l’imputato è stato correttamente informato dell’udienza d’appello e il contraddittorio è stato regolarmente costituito, un’imperfezione formale nell’atto di impugnazione, come un’elezione di domicilio incompleta, non può più essere usata per dichiarare l’inammissibilità appello. La certezza della conoscenza del processo da parte dell’imputato prevale sul mero formalismo.

Quando un appello penale può essere dichiarato inammissibile per un vizio formale come l’incompleta elezione di domicilio?
Secondo l’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. (introdotto dalla Riforma Cartabia), l’atto di impugnazione è inammissibile se non contiene la dichiarazione o l’elezione di domicilio. Tuttavia, la sentenza chiarisce che tale inammissibilità non può essere dichiarata se lo scopo della norma è stato comunque raggiunto.

Se il processo d’appello è iniziato correttamente, il giudice può ancora dichiarare l’inammissibilità per un vizio iniziale dell’atto?
No. La Corte di Cassazione stabilisce che se la notifica del decreto di citazione per il giudizio d’appello è andata a buon fine e il contraddittorio tra le parti si è regolarmente instaurato, la causa di inammissibilità non può essere dichiarata in esito al giudizio.

Qual è la finalità principale della norma che impone l’elezione di domicilio nell’atto di impugnazione?
La finalità (o ratio) è quella di agevolare la vocatio in iudicium, ovvero garantire che l’imputato abbia una conoscenza certa ed effettiva della celebrazione del giudizio di impugnazione, facilitando così le notificazioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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