Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2104 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2104 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 18/12/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a Napoli il 01/07/1995
COGNOME nato a Napoli il 28/05/1985
NOME nato a Napoli il 16/03/1961
avverso l’ordinanza del 08/05/2024 della Corte di Appello di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato, i ricorsi e le conclusioni depositate dalle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata nei confronti di NOME COGNOME e di COGNOME NOME e l’annullamento senza rinvio nei confronti di COGNOME NOME;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente COGNOME COGNOME, Avv. NOME COGNOME che ha insistito nei motivi di ricorso e chiesto l’annullamento della sentenza.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME a mezzo dei rispettivi difensori, propongono ricorso per cassazione avverso l’ordinanza dell’08 maggio 2024 con cui la Corte di appello di Bologna, dichiarando inammissibili gli appelli proposti dagli imputati, ha confermato la sentenza di condanna per il reato di rapina aggravata emessa, in data 27 febbraio 2024, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Ravenna.
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Il ricorrente COGNOME lamenta, con l’unico motivo di impugnazione, inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 581, commi 1-ter, 156, 161 e 164 cod. proc. pen. nonché manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta inammissibilità dell’atto di appello.
La difesa ha evidenziato che il ricorrente, nel corso del giudizio di primo grado, risultava detenuto per altra causa; di conseguenza non troverebbe applicazione il disposto di cui all’art. 581, commi 1-ter cod. proc. pen. in quanto le notificazioni nei confronti del COGNOME dovevano essere eseguite nel luogo di detenzione.
Il ricorrente COGNOME lamenta, con l’unico motivo di impugnazione, inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 111-bis, 161, 162 cod. proc. pen. e 39 disp. att. cod. proc. pen.
La Corte territoriale avrebbe erroneamente affermato che la firma digitale apposta dal difensore nell’atto di appello e sulla procura speciale data 13 marzo 2024 non sarebbe idonea a sostituire la necessaria autenticazione della dichiarazione di domicilio allegata all’impugnazione, affermazione che si porrebbe in contrasto con il principio di diritto secondo cui la contestualità della vidimazione per autentica non costituisce requisito essenziale di affidabilità dell’atto, ove il difensore sia in grado di attestare la genuinità della sottoscrizione e la sua riconducibilità all’assistito.
A giudizio della difesa, il nuovo testo dell’art. 111-bis cod. proc. pen. equipara la sottoscrizione digitale alla sottoscrizione autografa del difensore, con conseguente erroneità di quanto affermato dalla Corte territoriale.
Il ricorrente Sesso, con l’unico motivo di impugnazione, lamenta carenza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta inammissibilità dell’atto di appello per aspecificità dei motivi.
La Corte territoriale avrebbe del tutto ignorato la doglianza con cui l’appellante aveva lamentato la mancata esecuzione di perizia antropometrica nonché quanto affermato dalla difesa in ordine al fatto che la persona offesa ed il testimone oculare non avrebbero offerto alcun contributo al riconoscimento del Sesso.
Il ricorrente ha, altresì, rimarcato la specificità del motivo di appello con cui era stata invocata l’applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. in considerazione del fatto che il Sesso avrebbe fornito un mero supporto logistico all’azione dei correi, senza realizzare alcuna condotta esecutiva.
Anche il motivo relativo alla determinazione della pena sarebbe specifico e fondato sul comportamento collaborativo del ricorrente, culminato nella scelta di definizione del giudizio con le forme del rito abbreviato.
Il difensore del ricorrente NOME COGNOME in data 5 settembre 2024, ha depositato conclusioni scritte con le quali ha insistito nei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è fondato e deve essere accolto per le ragioni che seguono.
Deve essere, in particolare, rimarcato che il ricorrente ha partecipato al giudizio di primo grado in videoconferenza in quanto detenuto per altra causa e che, di conseguenza, lo stesso non era tenuto a depositare, unitamente all’atto di appello, elezione/dichiarazione di domicilio.
Il Collegio intende, infatti, dare seguito al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui la previsione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., che richiede, a pena di inammissibilità, il deposito della dichiarazione o dell’elezione di domicilio unitamente all’atto d’impugnazione, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, non trova applicazione nel caso in cui l’imputato impugnante sia detenuto, pur se per altra causa, dovendo comunque procedersi alla notificazione a mani proprie nei confronti del detenuto, a garanzia del diritto di accesso effettivo alla giustizia sancito dall’art. 6 della Convenzione EDU (cfr., Sez. 6, n. 21940 del 07/02/2024, NOME COGNOME, Rv. 286488).
L’orientamento richiamato dalla Corte di appello di Bologna (Sez. 5, n. 4606 del 28/11/2023, COGNOME, Rv. 285973) è rimasto isolato perché contrastato efficacemente dalle altre decisioni della Corte di legittimità (vedi Sez. 2, n. 51273 del 10/11/2023, Savoia, Rv. 285546; Sez. 2, n. 33355 del 28/06/2023, COGNOME, Rv. 285021; Sez. 2, n. 38442 del 20/09/2023, Toure, Rv. 285029; Sez. 2, n. 44026 del 12/10/2023, Toure Ismaila, n. m.; Sez. 6, n. 47172 del 31/10/2023, Alletto, n. m.; Sez. 6, n. 47174 del 07/11/2023, COGNOME, n. m., Sez. 6, n. 15666 del 29/02/2024, COGNOME, Rv. 286301; Sez. 5, n. 36036 del 06/06/2024, L., Rv. 286893) che, correttamente, hanno messo in evidenza la ingiustificata e sproporzionata compressione del diritto di impugnazione ove si condizionasse l’ammissibilità dell’appello a degli adempimenti inutili al momento della sua proposizione, non potendosi considerare determinante l’eventuale ed ipotetica scarcerazione nelle more della procedura di notificazione della citazione a giudizio, ma dovendosi fare riferimento al momento in cui l’appello viene proposto, con la conseguente
irrilevanza di distinguere a seconda che l’imputato appellante sia detenuto per lo stesso procedimento o per altra causa.
L’unico motivo di ricorso proposto da NOME COGNOME è anch’esso fondato.
L’accesso agli atti, consentito ed anzi necessario in caso di questioni processuali, comprova che:
La procura speciale allegata all’atto di appello contenente la dichiarazione di domicilio dell’imputato è priva dell’autenticazione della firma da parte del difensore;
Il difensore, al momento del deposito della procura speciale, della dichiarazione di domicilio e dell’atto di appello proposto dal COGNOME ha apposto la propria firma digitale in conformità al disposto dell’art. 87-bis d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
Ciò premesso deve essere ribadito il principio di diritto secondo cui la firma digitale apposta dal difensore sugli atti sottoscritti dall’assistito e depositati telematicamente dallo stesso difensore, unitamente alla nomina fiduciaria, ha valore di autenticazione tacita della sottoscrizione del richiedente, pur in mancanza di una formula espressa in tal senso. La firma digitale del difensore, in particolare, può operare quale autenticazione della sottoscrizione poiché indice sicuro di riconoscimento della sua provenienza da parte del difensore, non essendo necessaria la presenza fisica del legale all’atto della sottoscrizione da parte dell’imputato (vedi in proposito. Sez. 6, n. 14882 del 13/03/2024, COGNOME, Rv. 286298; Sez. 4, n. 29185 del 05/07/2024, COGNOME, Rv. 286651; da ultimo, Sez. 4, n. 42627 dell’11/09/2024, COGNOME, n. m.).
Quanto affermato da questa Corte, si pone in linea con il principio in virtù del quale il diritto di accedere al processo deve essere concreto e effettivo, sicché le autorità interne devono evitare formalismi, nella specie la necessaria sottoscrizione manuale nonostante l’apposizione delle firma digitale, che conducano a un sostanziale diniego di giustizia, derivante dalla conseguente declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione per mancato deposito della dichiarazione o elezione di domicilio, in violazione del diritto fondamentale di accesso al giudizio assicurato dall’art. 6, § 1 della Convenzione (Corte EDU, sentenze del 09/06/2022, NOME c. Francia, del 28/10/2021, Succi c. Italia e del 15/09/2016, RAGIONE_SOCIALE).
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è parimenti fondato.
Il Collegio intende dare seguito al principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui la Corte di merito può dichiarare l’inammissibilità dell’appello esclusivamente quando i motivi di gravame
difettino di specificità ovvero non affrontino il percorso motivazionale posto a fondamento della sentenza del primo giudice e non quando siano inidonei, anche manifestamente, a confutare la motivazione (Sez. 5, n. 11942 del 25/02/2020, COGNOME, Rv. 278859; Sez. 5, n. 34504 del 25/05/2018, COGNOME, Rv. 273778).
3.1. Nel caso di specie, i giudici di appello hanno affermato che l’appellante non avrebbe indicato specificamente le ragioni idonee a confutare e sovvertire le valutazioni del primo giudice relative alla penale responsabilità dell’imputato ed al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. e delle attenuanti generiche (vedi pag. da 2 a 4 dell’ordinanza impugnata).
Tuttavia, dall’esame dell’atto di appello deve escludersi che il gravame proposto nell’interesse del Sesso, fosse affetto da inammissibilità intrinseca, nel senso che la difesa non si è limitata a formule di stile, ma ha posto argomenti in fatto ed in diritto finalizzati ad ottenere una pronunzia assolutoria o quanto meno un trattamento sanzionatorio più favorevole (vedi pag. da 3 ad 8 dell’atto di appello). L’atto di appello conteneva delle censure non generiche né assertive, ma, anzi, ripercorreva il tracciato motivazionale della sentenza di primo grado ed indicava le dichiarazioni sulle quali si basavano le tesi difensive.
3.2. La sentenza impugnata ha erroneamente fatto ricorso alla categoria dell’inammissibilità a fronte di motivi che risultavano giuridicamente ricevibili secondo i parametri devolutivi in concreto applicabili ratione temporis.
Il provvedimento impugnato si palesa, peraltro, illogico e contraddittorio in quanto i giudici di appello, dopo aver ritenuto il gravame del tutto generico, hanno ripercorso l’iter motivazionale seguito dal primo giudice, confrontandolo con i motivi di appello e, deducendone il mancato confronto critico con le argomentazioni poste a fondamento della sentenza appellata.
La Corte di merito, rispondendo puntualmente alle singole doglianze difensive, ne riconosce, di fatto, la specificità e la pertinenza critica rispetto al decisum di primo grado, scelta argomentativa che poteva condurre all’eventuale rigetto dell’appello, con la conferma della sentenza impugnata, ma non certo alla declaratoria di inammissibilità del gravame, occorrendo una delibazione nel merito per poter concludere per la eventuale illogicità ed inconsistenza delle ragioni addotte con l’atto di appello.
La fondatezza dei motivi proposti dai ricorrenti comporta l’annullamento dell’ordinanza impugnata con conseguente rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna per il giudizio.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna per il giudizio.
Così deciso, il 18 dicembre 2024 Il Constglires i tensore
Il Presidente