Inammissibilità Appello: Quando l’Errore della Cancelleria Non Può Pregiudicare l’Imputato
L’era digitale ha trasformato anche le aule di giustizia, ma cosa succede quando un errore umano si insinua nella gestione dei documenti telematici? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 44097/2024) offre una risposta chiara, annullando una declaratoria di inammissibilità appello causata da un banale errore di fascicolazione da parte della cancelleria. Questo caso sottolinea un principio fondamentale: l’errore dell’amministrazione giudiziaria non può ricadere sulla parte che ha agito correttamente.
I Fatti di Causa
La vicenda ha origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Vicenza. Il difensore dell’imputato presentava regolarmente appello, ma la Corte di appello di Venezia lo dichiarava inammissibile. La ragione? La presunta violazione dell’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale, che impone, a pena di inammissibilità, di allegare all’atto di impugnazione la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato.
La difesa, tuttavia, non si arrendeva e proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo una tesi molto precisa: l’atto di appello, la nomina del difensore e la dichiarazione di domicilio erano stati tutti correttamente depositati tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) in un unico invio. L’errore, secondo i legali, era stato commesso dalla cancelleria del Tribunale, che aveva scaricato gli atti ma li aveva inseriti in un fascicolo cartaceo errato, inducendo in errore la Corte di appello.
La Decisione della Corte e la questione dell’inammissibilità appello
La Corte di Cassazione, investita della questione, ha ritenuto il ricorso fondato. Sfruttando la facoltà, concessa in caso di vizi processuali, di accedere direttamente agli atti del fascicolo, i Giudici Supremi hanno potuto verificare la fondatezza delle affermazioni della difesa.
Dall’esame è emerso in modo inequivocabile che, unitamente all’atto di appello, era stata regolarmente trasmessa anche la dichiarazione di domicilio dell’imputato. L’invio era avvenuto tramite PEC all’indirizzo telematico corretto indicato dagli uffici giudiziari. Di conseguenza, l’ordinanza della Corte di appello si basava su un presupposto fattuale errato.
Le Motivazioni
La motivazione della Cassazione è lineare e garantista. L’ordinanza di inammissibilità appello viene annullata perché fondata su un errore di fatto. La Corte di appello aveva ritenuto violato l’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., ma la Cassazione ha accertato che l’appellante aveva, in realtà, adempiuto a tutti gli oneri di legge. Il deposito telematico era avvenuto in modo completo e corretto.
L’errore materiale commesso dalla cancelleria nel fascicolare i documenti non può, e non deve, produrre effetti negativi a danno dell’imputato, pregiudicando il suo diritto a un secondo grado di giudizio. La validità dell’atto processuale dipende dalla sua corretta e tempestiva presentazione da parte dell’interessato, non dalla successiva gestione amministrativa da parte dell’ufficio giudiziario.
Le Conclusioni
Questa sentenza ribadisce un principio cruciale per la tutela dei diritti processuali nell’era della giustizia telematica. Il corretto adempimento degli oneri di deposito da parte del difensore è sufficiente a rendere l’atto ricevibile. Eventuali disfunzioni o errori interni all’apparato giudiziario non possono tradursi in una sanzione di inammissibilità per la parte. La decisione della Cassazione, annullando senza rinvio l’ordinanza e restituendo gli atti alla Corte di appello di Venezia per il giudizio di merito, ripristina la legalità e assicura che il processo possa proseguire, garantendo all’imputato il pieno esercizio del suo diritto di difesa.
Perché l’appello era stato dichiarato inammissibile in primo luogo?
L’appello era stato dichiarato inammissibile dalla Corte di appello perché, secondo una valutazione iniziale, all’atto di impugnazione non era stata allegata la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, un requisito previsto dalla legge a pena di inammissibilità.
Un errore della cancelleria del tribunale può causare l’inammissibilità di un appello?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che se il difensore ha depositato correttamente tutti i documenti richiesti dalla legge (in questo caso tramite PEC), un successivo errore materiale della cancelleria, come l’inserimento degli atti in un fascicolo sbagliato, non può essere causa di inammissibilità dell’appello.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza di inammissibilità e ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Venezia, affinché procedesse con la celebrazione del giudizio di appello nel merito.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 44097 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 44097 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato il 10/10/1992 a Chiari avverso l’ordinanza dell’ 08/04/2024 della Corte di appello di Venezia; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME Di NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata con restituzione degli atti alla Corte di appello di Venezia.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Venezia ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto dal difensore di NOME COGNOME avverso la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Vicenza, all’esito di un giudizio svoltosi in assenza dell’imputato, per il reato di cui alli art. 337 cod. pen.
La ragione dell’inammissibilità è stata fondata dalla Corte distrettuale sul mancato deposito, unitamente all’atto di appello, dell’allegazione della dichiarazione o dell’elezione di domicilio dell’imputato.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME tramite i propri difensori, deducendo l’avvenuto deposito il 14 febbraio 2024 dell’atto di appello, unitamente alla nomina e alla dichiarazione di domicilio dell’appellante, in ben quattro GLYPH copie, GLYPH all’indirizzo GLYPH di GLYPH posta GLYPH certificata deoositoattioenali.tribunale.vicenza(agiustiziacert.it, atti scaricati dalla menzionata casella il giorno stesso (dalla signora NOME COGNOME) ed erroneamente inseriti dalla Cancelleria del Tribunale nel fascicolo cartaceo al doc. 10 e non in quello principale contraddistinto dal doc. 7 esaminato dalla Corte di appello.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato le conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Dalla lettura degli atti, consentita a questa Corte per la deduzione di un vizio processuale, risulta che, unitamente all’atto di appello avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Vicenza, è stata regolarmente trasmessa anche la dichiarazione di domicilio di NOME COGNOME, a mezzo pec e con file di estensione corrispondente all’allegato pdf.p.7m-161 Kb (Sez. 4, n. 43976 del 26/09/2023, Rv. GLYPH 285483) GLYPH il GLYPH 14 GLYPH febbraio GLYPH 2024, GLYPH all’indirizzo depositoattipenali.tribunale.vicenza(agiustiziacert.it, indirizzo di posta certificata indicato dal Direttore generale dei sistemi informativi ed automatizzati.
Ne consegue che l’ordinanza impugnata, fondata sul presupposto errato della violazione dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., va annullata senza rinvio con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Venezia per il giudizio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Venezia per il giudizio.
Così deciso il 7 novembre 2024
La Consigliera estensora
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