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Imputazione coatta: quando l’ordine del GIP è nullo

A seguito della richiesta di archiviazione di un procedimento contro ignoti, il Giudice per le indagini preliminari (GIP) ordinava al Pubblico Ministero di iscrivere una persona nel registro degli indagati e di formulare a suo carico un’imputazione coatta per truffa. La Corte di Cassazione ha annullato tale provvedimento, qualificandolo come atto abnorme. La Corte ha stabilito che il GIP non ha il potere di ordinare l’imputazione forzata nei confronti di un soggetto non ancora formalmente indagato, in quanto tale azione costituisce un’indebita ingerenza nelle funzioni della pubblica accusa e viola il diritto di difesa.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Imputazione Coatta: La Cassazione Fissa i Limiti del Potere del GIP

L’istituto dell’imputazione coatta rappresenta un importante strumento di controllo del giudice sull’operato del Pubblico Ministero, ma il suo esercizio deve rispettare confini procedurali ben definiti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 23837/2025, ha chiarito un punto fondamentale: il Giudice per le indagini preliminari (GIP) non può ordinare l’iscrizione di un soggetto nel registro degli indagati e, contestualmente, la formulazione di un’accusa nei suoi confronti. Un simile atto è da considerarsi ‘abnorme’ e, pertanto, nullo.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una richiesta di archiviazione presentata dal Pubblico Ministero in un procedimento a carico di ignoti. La persona offesa dal presunto reato si opponeva a tale richiesta. Il GIP, anziché limitarsi a disporre nuove indagini o a fissare l’udienza preliminare, emetteva un’ordinanza con cui ordinava al Pubblico Ministero di procedere all’iscrizione di un nominativo specifico nel registro degli indagati e di formulare nei suoi confronti l’imputazione per il delitto di truffa.

Il Ricorso del Pubblico Ministero e l’abnormità dell’imputazione coatta

Il Pubblico Ministero impugnava immediatamente l’ordinanza dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo che il provvedimento fosse affetto da ‘abnormità strutturale’. Secondo l’accusa, il GIP aveva esercitato un potere al di fuori dei casi consentiti dalla legge, invadendo la sfera di competenza del Pubblico Ministero. L’ordine di formulare un’imputazione coatta nei confronti di un soggetto non ancora formalmente indagato rappresentava una grave violazione delle norme procedurali e del diritto di difesa, poiché la persona interessata non era stata messa in condizione di partecipare alla fase delle indagini preliminari.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente il ricorso, ritenendolo fondato. Richiamando consolidati principi espressi dalle Sezioni Unite, i giudici hanno ribadito la distinzione tra ‘abnormità strutturale’ e ‘abnormità funzionale’.

L’abnormità strutturale, come nel caso di specie, si verifica quando il giudice:
1. Esercita un potere che l’ordinamento non gli attribuisce (carenza di potere in astratto).
2. Esercita un potere previsto dalla legge, ma in una situazione processuale diversa da quella consentita e al di fuori di ogni limite ragionevole (carenza di potere in concreto).

Nel caso esaminato, il GIP ha reso un atto abnorme ordinando l’iscrizione nel registro degli indagati e, contestualmente, l’imputazione forzata. Questa azione si configura come una deviazione dal modello legale previsto dall’art. 409 del codice di procedura penale, che non conferisce al giudice il potere di trasformare d’ufficio un procedimento contro ignoti in un’azione penale contro una persona specifica non ancora indagata. Tale ingerenza nei poteri dell’organo inquirente e la violazione del diritto di difesa del soggetto colpito dal provvedimento hanno reso l’ordinanza illegittima.

Le conclusioni

La decisione della Cassazione riafferma un principio cruciale per l’equilibrio del sistema processuale penale: il potere del GIP di ordinare l’imputazione coatta è circoscritto ai casi in cui il Pubblico Ministero abbia richiesto l’archiviazione nei confronti di una persona già iscritta nel registro degli indagati. Il giudice non può, di sua iniziativa, individuare un ‘colpevole’ e imporre all’accusa di procedere contro di lui, bypassando la fase delle indagini preliminari. L’annullamento dell’ordinanza impugnata, limitatamente all’ordine di formulare l’imputazione, ristabilisce la corretta ripartizione delle competenze tra giudice e Pubblico Ministero, garantendo le tutele difensive previste dalla legge.

Un giudice può ordinare di accusare formalmente una persona che non è ancora indagata?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un ordine del Giudice per le indagini preliminari che impone al Pubblico Ministero di formulare un’imputazione coatta nei confronti di un soggetto non ancora iscritto nel registro degli indagati è un atto ‘abnorme’ e quindi nullo.

Cosa si intende per ‘abnormità strutturale’ di un provvedimento giudiziario?
Si tratta di un vizio che si manifesta quando il giudice esercita un potere che la legge non gli conferisce oppure quando utilizza un potere, pur previsto, in una situazione processuale diversa da quella consentita, andando oltre ogni ragionevole limite.

Qual è stata la conseguenza dell’ordine del GIP ritenuto abnorme in questo caso?
La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza del GIP, limitatamente alla parte in cui ordinava la formulazione dell’imputazione nei confronti del soggetto non indagato. Ciò significa che quella parte del provvedimento è stata eliminata dall’ordinamento giuridico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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