Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5036 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 5036 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME nato a Penna San Giovanni il 27/7/1964
avverso l’ordinanza del 25/06/2024 emessa dalla Tribunale di Fermo visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio.
RITENUTO IN FATTO
Il ricorrente impugna l’ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Fermo aveva ordinato al pubblico ministero di formulare l’imputazione in ordine al reato di calunnia.
Avverso tale ordinanza, il difensore ha formulato un unico motivo di impugnazione, con il quale preliminarmente ripercorre l’iter procedimentale
evidenziando che:
con denuncia-querela del 6 settembre 2017, COGNOME aveva accusato l’Avvocato COGNOME del reato di sottrazione di somme sottoposte a pignoramento;
il 27 febbraio 2020, COGNOME sporgeva denuncia nei confronti di COGNOME per il reato di calunnia;
il procedimento iscritto nei confronti di COGNOME veniva definito con archiviazione, con ordinanza del 6 luglio 2021;
il procedimento iscritto nei confronti di COGNOME veniva definito, in primo grado, con sentenza di assoluzione;
a seguito dell’assoluzione, COGNOME proponeva una nuova denuncia, per i medesimi fatti, sempre in relazione al reato di calunnia asseritamente commesso da COGNOME;
il pubblico ministero chiedeva l’archiviazione anche in ordine a quest’ultima notizia di reato, ma il giudice per le indagini preliminari, accogliendo l’opposizione della persona offesa, disponeva l’imputazione coatta per il reato di calunnia.
Sostiene il ricorrente che il provvedimento con il quale veniva disposta l’imputazione coatta è abnorme, in quanto emesso in relazione ai fatti per i quali era già intervenuta archiviazione, senza che il pubblico ministero avesse chiesto e il g.i.p. autorizzato la riapertura delle indagini.
Nel caso di specie, il provvedimento integrerebbe entrambe le ipotesi di abnormità – strutturale e funzionale – delineate dalla giurisprudenza.
In particolare, il giudice per le indagini preliminari si sarebbe indebitamente sostituito all’organo dell’accusa, imponendogli l’esercizio dell’azione penale al di fuori dei casi consentiti, in tal modo configurandosi un’ipotesi di abnormità per carenza di potere in astratto.
Al contempo, l’imputazione coatta determinerebbe l’impossibilità di prosecuzione del procedimento, nella misura in cui impone al pubblico ministero il compimento di atto nullo, per violazione dell’art. 414 cod. proc. pen.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Occorre premettere che il ricorso è ammissibile, avendo il ricorrente dedotto non già un vizio di legittimità dell’atto impugnato, bensì la sua abnormità, il che rende non applicabile il diverso principio giurisprudenziale secondo cui è
inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento con cui il giudice, non accogliendo la richiesta di archiviazione, dispone la formulazione dell’imputazione ovvero nuove indagini, essendo l’impugnazione prevista solo nei confronti dell’ordinanza di archiviazione e solo per i particolari casi di nullità previsti dall’art. 409, comma 6, cod. proc. pen. (Sez.5, n. 32427 del 18/4/2018, Toller, Rv. 273578).
Nel caso di specie, il ricorrente ha dedotto che – per effetto dell’ordine di formulare l’imputazione in difetto della riapertura delle indagini – il g.i.p. ha imposto al pubblico ministero il compimento di un atto intrinsecamente illegittimo, il che pone l’organo dell’accusa dinanzi all’alternativa di porre in essere un atto nullo, ovvero di non dar corso alla formulazione dell’imputazione, il che determinerebbe la stasi del procedimento.
La giurisprudenza, esaminando fattispecie del tutto similari a quella in oggetto, ha avuto modo di affermare che è abnorme il provvedimento con cui il G.i.p. ordina l’imputazione coatta a seguito di opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione proposta in procedimerto per il medesimo fatto per cui già era in precedenza intervenuto provvedimento cii archiviazione e non era stata rilasciata alcuna autorizzazione alla riapertura delle indagini ( Sez. 5, n. 40896 del 28/9/2011, Ceveni, Rv. 251522; Sez.4, n. 1217 del 10/10/2018, COGNOME, Rv. 274907; Sez.5, n. 31612 del 12/10/2020, Rv. 279719).
Tale soluzione è conforme al principio recentemente affermato dalle Sezioni unite, secondo cui è abnorme l’atto che, pur astrattamente rientrante tra quelli adottabili dal giudice, impone al pubblico ministero di compiere una attività processuale contra legem, successivamente eccepibile, trattandosi di atto idoneo a determinare una indebita regressione, nonché la stasi del procedimento (Sez.U, n. 37502 del 28/4/2022, COGNOME, Rv. 283552).
3. Nel merito, il ricorso è fondato.
Dal raffronto tra i fatti oggetto della prima e della seconda denuncia e, quindi, anche delle corrispondenti richieste di archiviazione, emerge che vi è assoluta identità del fatto contestato.
Quanto detto comporta che, a seguito della prima archiviazione disposta nei confronti di COGNOME, il pubblico ministero avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione alla riapertura delle indagini e, solo successivamente, procedere a nuova iscrizione della notizia di reato (così come testualmente previsto dall’art. 414, comma 2, cod. proc. pen.).
In alternativa, il Pubblico ministero, ritenendo che i fatti oggetto di denuncia erano già stati scrutinati nell’ambito del procedimento definito con la precedente
archiviazione, non avrebbe dovuto procedere né all’iscrizione, né alla formulazione di una nuova – e irrituale – richiesta di archiviazione, dovendosi limitare a dar atto della preclusione costituita dalla precedente archiviazione e dell’insussistenza di motivi per chiedere la riapertura delle indagini.
A fronte dell’omessa attivazione della procedura che avrebbe potuto comportare alla riapertura delle indagini, il provvedimento del giudice per le indagini preliminari è abnorme, proprio perché – per le ragioni in precedenza esposte -impone al pubblico ministero l’esercizio dell’azione penale in una ipotesi in cui, invece, tale atto gli è precluso (Sez.U, n. 33885 del 24/06/2010, COGNOME, Rv 247835), il che si traduce nella stasi del procedimento.
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento senza rinvio dell’impugnata ordinanza, con conseguente restituzione degli atti al pubblico ministero presso il Tribunale di Fermo.
PQM
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al p.m. presso il Tribunale di Fermo.
Così deciso il 17 gennaio 2025 Il Consigliere estensore COGNOME9>
Il Presi,lente