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Imputazione coatta: quando è abnorme e annullabile

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di imputazione coatta emessa da un GIP. Il provvedimento è stato ritenuto ‘abnorme’ perché riguardava fatti per i quali era già intervenuta un’archiviazione, senza che il pubblico ministero avesse richiesto e ottenuto la riapertura delle indagini. Secondo la Corte, un simile ordine viola la procedura, costringendo il PM a compiere un atto nullo e creando una stasi del procedimento, configurando così un’ipotesi di abnormità per carenza di potere.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Imputazione Coatta: Quando l’Ordine del Giudice è Illegittimo e “Abnorme”

L’imputazione coatta rappresenta uno strumento fondamentale nel nostro ordinamento processuale penale, consentendo al Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) di ordinare al Pubblico Ministero di procedere con l’accusa, anche quando quest’ultimo aveva richiesto l’archiviazione. Tuttavia, questo potere non è illimitato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 5036/2025, ha ribadito con forza i confini di tale istituto, chiarendo quando un ordine di imputazione coatta diventa ‘abnorme’ e, di conseguenza, nullo.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una complessa vicenda giudiziaria. Un cittadino aveva denunciato un avvocato per un presunto reato. Successivamente, l’avvocato aveva sporto a sua volta una denuncia per calunnia contro il cittadino. Questo primo procedimento per calunnia si era concluso con un’ordinanza di archiviazione.

In seguito, l’avvocato, dopo essere stato assolto nel procedimento originario, presentava una nuova denuncia per calunnia, basata sui medesimi fatti. Anche in questo secondo caso, il Pubblico Ministero chiedeva l’archiviazione. Tuttavia, il GIP, accogliendo l’opposizione della persona offesa (l’avvocato), ordinava al PM di formulare l’imputazione coatta per il reato di calunnia. Contro questa decisione, il cittadino proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo l’abnormità del provvedimento.

L’Abnormità dell’Imputazione Coatta Senza Riapertura delle Indagini

Il ricorrente ha sostenuto che l’ordine del GIP fosse abnorme per una ragione cruciale: era stato emesso in relazione a fatti per i quali era già intervenuta un’archiviazione, senza che fosse mai stata autorizzata la riapertura delle indagini secondo quanto previsto dall’art. 414 del codice di procedura penale.

L’abnormità, secondo la difesa, era sia ‘strutturale’, per carenza di potere in astratto del giudice, sia ‘funzionale’, in quanto costringeva il Pubblico Ministero a compiere un atto nullo, determinando una paralisi insanabile del procedimento. L’organo dell’accusa si trovava di fronte a un bivio impossibile: o formulare un’imputazione nulla o disattendere l’ordine del giudice, creando in entrambi i casi una stasi procedurale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente le argomentazioni del ricorrente, dichiarando fondato il ricorso. Gli Ermellini hanno riaffermato un principio giurisprudenziale consolidato: è abnorme il provvedimento con cui il GIP ordina l’imputazione coatta per un fatto già archiviato, se non è stata preventivamente autorizzata la riapertura delle indagini.

Il provvedimento di archiviazione, infatti, crea una preclusione processuale. Per superarla, non è sufficiente una nuova denuncia per gli stessi fatti; è indispensabile che il Pubblico Ministero chieda e ottenga dal GIP un decreto motivato che autorizzi la riapertura delle indagini, solitamente fondato sulla necessità di nuove investigazioni.

Ordinando l’imputazione coatta in assenza di questo passaggio fondamentale, il GIP si sostituisce indebitamente all’organo dell’accusa, imponendogli l’esercizio dell’azione penale al di fuori dei casi consentiti. Questo atto, come sottolineato dalle Sezioni Unite, pur rientrando astrattamente tra i poteri del giudice, impone al PM un’attività ‘contra legem’, idonea a causare una regressione indebita o la stasi del procedimento. Di conseguenza, l’ordinanza impugnata è stata annullata senza rinvio, con restituzione degli atti al Pubblico Ministero.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza la tutela delle garanzie procedurali e la corretta ripartizione dei ruoli tra giudice e pubblico ministero. Stabilisce in modo inequivocabile che il potere di disporre l’imputazione coatta non può essere utilizzato per aggirare l’istituto dell’archiviazione e le sue garanzie. Una volta archiviato un procedimento, qualsiasi nuova iniziativa processuale per i medesimi fatti deve obbligatoriamente passare attraverso la procedura di riapertura delle indagini. In caso contrario, il provvedimento del giudice è affetto da abnormità e deve essere annullato, a salvaguardia della coerenza e della legalità del sistema processuale penale.

Un giudice può ordinare un’imputazione coatta per un caso già archiviato?
No, non direttamente. Il giudice può ordinare l’imputazione coatta per un fatto già archiviato solo dopo che il Pubblico Ministero abbia richiesto e ottenuto una formale autorizzazione alla riapertura delle indagini, come previsto dall’art. 414 del codice di procedura penale.

Cosa rende ‘abnorme’ un ordine di imputazione coatta in questo contesto?
L’ordine è considerato ‘abnorme’ perché, bypassando la procedura di riapertura delle indagini, costringe il Pubblico Ministero a compiere un atto processuale nullo (l’imputazione). Questo configura un’indebita sostituzione del giudice all’organo d’accusa e crea una paralisi insuperabile del procedimento.

Qual è la conseguenza dell’annullamento dell’ordinanza di imputazione coatta da parte della Cassazione?
La Corte di Cassazione annulla l’ordinanza senza rinvio, il che significa che il provvedimento del GIP viene cancellato. Gli atti vengono restituiti al Pubblico Ministero presso il Tribunale competente, riportando la situazione processuale allo stato precedente all’ordine abnorme, ovvero alla richiesta di archiviazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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