Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34219 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 2   Num. 34219  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 24/04/2025 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha insistito nei motivi di ricorso e chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato.
Con ordinanza depositata in data 28 aprile 2025 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, all’esito di udienza camerale del 24 aprile 2025, ha respinto la richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico ministero nei confronti dell’indagata NOME COGNOME ed ordinato alla parte pubblica di formulare l’imputazione.
NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, propone ricorso per cassazione deducendo l’abnormità del provvedimento di imputazione coatta.
La ricorrente, con l’unico motivo di impugnazione, lamenta violazione degli artt. 34 e 36 cod. proc. pen., 111 Cost. e 6 CEDU conseguente alla mancata astensione del giudice per le indagini preliminari, nonostante il medesimo giudice avesse, in data 22 luglio 2024, rigettato una richiesta di revoca di sequestro preventivo -avanzata dal difensore di NOME COGNOME– in considerazione della sussistenza di ‘ rilevanti elementi di colpa a carico dell’indagata ‘ (vedi pag. 2 del ricorso).
A giudizio della difesa, il giudice per le indagini preliminari avrebbe dovuto, ex officio , dichiarare l’incompatibilità tra la normativa nazionale (ed in particolare gli artt. 34 e 36 cod. proc. pen. nella parte in cui non prevedono l’incompatibilità del giudice per le indagini preliminari che abbia deliberato in ordine ad una misura cautelare reale a decidere sulla richiesta di archiviazione avanzata nel medesimo procedimento) e la normativa comunitaria che prevede la nullità dei provvedimenti giurisdizionali emessi da un giudice non imparziale. ¨ stata, in proposito, richiamata la sentenza Urgesi c. Italia con cui la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha affermato, in tema di procedimento di prevenzione, che l’imparzialità del giudice costituisce criterio che prescinde dall’istituto della ricusazione, integrando una nullità
Motivazione Semplificata
assoluta che, come tale, deve essere rilevata di ufficio dal giudice e può essere sollevata in ogni stato e grado del giudizio.
I principi elaborati dalla Corte Europea avrebbero dovuto indurre il giudice procedente a rilevare la propria incompatibilità ed il contrasto tra normativa nazionale e quella comunitaria e, di conseguenza, disapplicare le norme interne (artt. 34 e 36 cod. proc. pen.) confliggenti con i principi CEDU ed in particolare con ‘ l’istituto europeo dell’imparzialità del giudice come sancito dalla pronuncia Urgesi ‘ (vedi pag. 7 del ricorso).
3.Il ricorso Ł inammissibile perchØ proposto fuori dai casi consentiti dalla legge.
Deve essere preliminarmente evidenziato che nessuna norma del codice di rito prevede l’impugnabilità per cassazione dell’ordinanza di imputazione coatta.
Il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione di cui all’art. 568, comma primo, cod. proc. pen. esclude, pertanto, la possibilità di impugnare il provvedimento oggetto di ricorso in considerazione del carattere ordinatorio dello stesso e della conseguente inidoneità a definire il procedimento nonchØ del fatto che non si verte in tema di sentenze o di provvedimenti sulla libertà personale di cui al comma settimo dell’art. 111 Cost. e del comma secondo dell’art. 568 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 32029 del 12/04/2017, Rv. 270676 – 01, COGNOME; Sez. 5, n. 32427 del 18/04/2018, COGNOME, Rv. 273578 – 01; da ultimo Sez. 2, n. 49734 del 06/10/20232023, COGNOME, non massimata).
La ricorribilità del provvedimento oggetto di impugnazione non può recuperarsi attraverso l’utilizzo della categoria dell’abnormità.
¨ noto, invero, che la natura eccezionale dell’istituto dell’abnormità Ł stata riconosciuta dalle Sezioni Unite in relazione alla deroga che viene attuata sia rispetto al principio di tassatività delle nullità (art. 177 cod. proc. pen.), sia rispetto al principio di tassatività dei mezzi di impugnazione (art. 568 cod. proc. pen.).
Di tal che – come affermato dalla giurisprudenza apicale di legittimità – « non appare (…) conforme al sistema, per le caratteristiche di assoluta tipicità e residualità del fenomeno, dilatare il concetto di abnormità, per utilizzarlo impropriamente per far fronte a situazioni di illegittimità considerate altrimenti non inquadrabili nØ rimediabili » (così Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni,Rv. 243590 – 01, in motivazione).
Questa Corte ha, da tempo, chiarito e delimitato la nozione di atto abnorme, stabilendo che Ł affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite.
L’abnormità dell’atto processuale può riguardare tanto il profilo strutturale, allorchØ l’atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo (Sez. U, n. 26 del 24/11/1999, dep. 2000, Magnani, Rv. 215094-01).
Nella delineata prospettiva, la verifica in concreto dell’abnormità dell’atto processuale postula il rilievo di anomalie genetiche o funzionali, radicali al punto da fuoriuscire dallo schema normativo processuale, palesando una irriducibile estraneità, mentre non costituisce atto strutturalmente “eccentrico” rispetto a quelli positivamente disciplinati, nØ l’atto normativamente previsto e disciplinato, ma utilizzato al di fuori dell’area che ne individua la funzione e la stessa ragion d’essere nell’iter procedimentale, nØ l’atto illegittimo o nullo per violazione di legge.
Il provvedimento impugnato non presenta alcuno dei profili descritti nella pronunzia richiamata.
Sotto il profilo strutturale, il provvedimento impugnato Ł stato adottato in un caso espressamente previsto dalla disciplina normativa e il giudice per le indagini preliminari non ha evidentemente ecceduto dai poteri conferitogli, essendosi limitato ad operare la valutazione impostagli dalla legge. A fronte della richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico ministero, il giudice ha esercitato legittimamente un potere che rientra nell’alveo dei casi consentiti dalla legge: quello, cioŁ, previsto dall’art. 409, comma quinto, cod. proc. pen. che disciplina la cd. imputazione coatta.
NØ può ritenersi dal punto di vista funzionale che l’ordinanza determini una ipotesi di indebita regressione del procedimento ad una fase precedente. Alcuna regressione, infatti, può ravvisarsi, atteso che il procedimento camerale che si instaura a seguito di opposizione alla richiesta di archiviazione ha inizio e si esaurisce nella fase delle indagini preliminari.
Inoltre, il potere che ha esercitato il giudice per le indagini preliminari Ł finalizzato a permettere l’esercizio di un dovere spettante al Pubblico ministero e non determina, pertanto, la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo. L’ordinanza di imputazione coatta comporta, al contrario, una progressione del procedimento dalla fase delle indagini preliminari a quella del giudizio nell’ambito della quale l’imputato potrà esercitare tutti i diritti e le facoltà previste dall’ordinamento a sua difesa.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così Ł deciso, 16/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME