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Impulso di parte: confisca nulla senza richiesta

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di confisca di 440.000 euro. Il giudice dell’esecuzione aveva agito d’ufficio, senza una richiesta formale delle parti, violando il principio dell’impulso di parte. Tale vizio procedurale ha causato una nullità assoluta e insanabile del provvedimento, rendendolo invalido.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

L’impulso di parte: un pilastro del processo di esecuzione

Nel sistema processuale penale, il principio dell’impulso di parte stabilisce una regola fondamentale: il giudice non può agire di sua iniziativa, ma deve essere attivato da una richiesta formale proveniente dalle parti processuali. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28065 del 2024, ribadisce la centralità di questo principio, annullando un provvedimento di confisca perché emesso motu proprio dal giudice dell’esecuzione. Questa decisione sottolinea come il rispetto delle forme procedurali sia garanzia di un giusto processo.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa nei confronti di un imputato per reati gravi, tra cui detenzione di stupefacenti, armi e ricettazione. Nel corso delle indagini, era stata sequestrata una somma ingente, pari a oltre 440.000 euro. Tuttavia, la sentenza di patteggiamento non si era pronunciata sulla destinazione di tale somma.

Successivamente, il giudice dell’esecuzione del Tribunale, agendo “a seguito di nota a firma della Cancelleria”, avviava un procedimento per decidere sulla sorte del denaro sequestrato. All’esito dell’udienza, disponeva la confisca della somma, qualificandola come profitto dei reati per i quali era intervenuta la condanna.

Il Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha impugnato l’ordinanza del giudice dell’esecuzione, sollevando due questioni principali:
1. Violazione di legge: Si sosteneva che il giudice dell’esecuzione potesse disporre solo la confisca obbligatoria (del prezzo del reato), ma non quella facoltativa (del profitto), che avrebbe dovuto essere decisa nel giudizio di merito.
2. Vizio di motivazione: Si contestava che il giudice avesse ritenuto il denaro profitto del reato senza una motivazione adeguata e ignorando la documentazione prodotta dalla difesa, che ne attestava l’origine lecita da attività commerciali.

L’importanza dell’impulso di parte nel giudizio della Cassazione

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha accolto il ricorso basandosi su un rilievo procedurale preliminare, assorbente rispetto agli altri motivi. I giudici hanno constatato che l’intero procedimento di esecuzione era stato avviato d’ufficio dal giudice, senza alcuna richiesta formale da parte del Pubblico Ministero o di altre parti processuali. L’unica spinta iniziale era stata una semplice nota interna della cancelleria del tribunale.

Questa modalità di avvio del procedimento viola frontalmente il principio dell’impulso di parte, codificato negli articoli 666 e 178 del codice di procedura penale. La giurisprudenza consolidata, richiamata dalla stessa Corte, afferma chiaramente che il procedimento di esecuzione esige l’iniziativa di una parte, fatte salve rare eccezioni (come l’applicazione di amnistia o indulto) che non ricorrevano nel caso di specie.

Le motivazioni

La Corte ha qualificato il vizio riscontrato come una “nullità assoluta e insanabile”. Questo significa che l’errore commesso dal giudice dell’esecuzione è talmente grave da inficiare non solo il provvedimento finale (l’ordinanza di confisca), ma anche tutti gli atti successivi all’illegittimo avvio del procedimento. La violazione del principio secondo cui il giudice deve essere terzo e imparziale, e non può assumere l’iniziativa processuale che spetta all’accusa, compromette le fondamenta stesse del giusto processo.

La motivazione della sentenza è netta: l’assenza di una richiesta di parte ha generato una nullità che non può essere sanata in alcun modo e che doveva essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio. Di conseguenza, l’ordinanza di confisca è stata annullata senza rinvio, ovvero cancellata in via definitiva.

Le conclusioni

La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Annullando l’ordinanza, la Corte non ha deciso nel merito se la confisca fosse legittima o meno, ma ha stabilito che il modo in cui è stata disposta era proceduralmente errato. Per questo motivo, ha disposto la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica competente. Sarà ora il Pubblico Ministero, se lo riterrà opportuno, a dover promuovere correttamente un nuovo procedimento di esecuzione per ottenere la confisca del denaro. La sentenza riafferma con forza che le regole procedurali non sono meri formalismi, ma garanzie essenziali per la tutela dei diritti di tutte le parti coinvolte nel processo penale.

Un giudice dell’esecuzione può disporre una confisca di propria iniziativa?
No, salvo casi eccezionali come l’applicazione di amnistia o indulto, il procedimento di esecuzione deve essere avviato su richiesta di una delle parti processuali (principio dell’impulso di parte). Un’azione d’ufficio del giudice è illegittima.

Qual è la conseguenza se il giudice avvia un procedimento di esecuzione senza l’impulso di parte?
L’atto con cui il giudice avvia d’ufficio il procedimento e tutti gli atti successivi sono affetti da una nullità assoluta e insanabile, come stabilito dall’art. 178, comma 1, lett. b), c.p.p. Di conseguenza, il provvedimento finale è invalido.

Cosa accade dopo che la Cassazione ha annullato l’ordinanza di confisca per questo vizio?
La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza senza rinvio e ha ordinato la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica. Spetterà a quest’ultimo valutare se avviare un nuovo e corretto procedimento per chiedere la confisca dei beni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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