Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 11192 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 11192 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Troia il 5/3/1963
avverso l’ordinanza del 8/10/2024 del Tribunale di Pavia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza dell’8 ottobre 2024 il Tribunale di Pavia, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’opposizione proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’ordinanza del 2 luglio 2024 del medesimo giudice, con la quale era stata disposta la confisca e la distruzione di quanto ancora in sequestro in relazione al reato di cui all’art. 256, primo comma, lett. b), e secondo comma, d.lgs. n. 152 del 2006, a spese del ricorrente.
Avverso tale ordinanza il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’Avvocato NOME COGNOME che lo ha affidato a due motivi.
2.1 Con il primo motivo si eccepisce, ai sensi dell’art. 606, primo comma, lett. b) e c) cod. proc. pen., la nullità dell’ordinanza impugnata per inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, anche processuali, di cui si deve tenere conto nell’applicazione della legge penale.
In particolare, il ricorrente, dopo aver ricostruito la sequenza processuale evidenziando che, nei suoi confronti, era stata, dapprima, disposta la revoca della misura cautelare del sequestro preventivo e la restituzione di quanto in sequestro e, successivamente, a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, il giudizio conseguente era stato definito con sentenza di non luogo a procedere ex art. 649, secondo comma, cod. proc. pen., ha lamentato che l’ordinanza impugnata (con la quale era stata disposta la confisca e la distruzione di quanto ancora in sequestro in relazione al reato di cui all’art. 256, primo comma, lett. b, e secondo comma, d.lgs. n. 152 del 2006 a spese del ricorrente) sarebbe intervenuta su una misura cautelare già caducata e, dunque, privata di ogni effetto ai sensi dell’art. 323 cod. proc. pen.
Secondo il ricorrente, infatti, l’ordinanza impugnata non si sarebbe limitata a una valutazione circa l’esistenza dei presupposti per poter disporre la restituzione delle cose sequestrate, ma avrebbe illegittimamente statuito sul merito di elementi e circostanze di fatto già esaminate con sentenza passata in giudicato, compiendo così un’operazione che esula dalle competenze espressamente attribuite al giudice dell’esecuzione, dalla quale discenderebbe l’abnormità dell’atto impugnato.
Infine, il ricorrente evidenzia che il provvedimento impugnato sarebbe stato adottato a fronte di una mera richiesta di informazioni avanzata dal Comando dei Carabinieri di Sannazzaro dè Burgondi, in violazione del disposto dell’art. 666, primo comma, cod. proc. pen. a mente del quale “il giudice dell’esecuzione procede a richiesta del pubblico ministero, dell’interessato o del difensore”.
2.2. Con il secondo motivo, si censura, ai sensi dell’art. 606, primo comma, lett. e), cod. proc. pen., la motivazione resa nell’ordinanza impugnata, che risulterebbe manifestamente illogica nella parte in cui, senza addurre ulteriori
motivazioni, si afferma che sarebbe “paradossale” la restituzione di quanto in sequestro, apparendo “ben più ragionevole confermare il provvedimento di confisca e distruzione disposto in data 2 luglio 2024”.
Il Procuratore Generale ha concluso sollecitando l’annullamento dell’ordinanza impugnata, sottolineando che l’atto di impulso dell’incidente di esecuzione non proviene da un soggetto che può ritenersi interessato ai sensi dell’art. 666 cod. proc. pen., e dunque legittimato a darvi impulso, cosicché si verserebbe in una ipotesi di carenza di potere del giudice dell’esecuzione, in quanto non ritualmente investito.
Con memoria del 31 gennaio 2025, il ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso ribadendo, in ordine al primo motivo di ricorso, che il provvedimento adottato sarebbe stato reso dal Giudice dell’esecuzione in difetto di valido impulso a provvedere.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato e assorbente.
L’aspetto dirimente è costituito dalla individuazione dei soggetti legittimati a instaurare il procedimento di esecuzione.
Tale procedimento, infatti, salvo che per l’applicazione dell’amnistia o dell’indulto, esige l’impulso di parte, cosicché il provvedimento del giudice dell’esecuzione adottato d’ufficio, o comunque in mancanza della richiesta avanzata da uno dei soggetti legittimati indicati dall’art. 666, primo comma, cod. proc. pen., è viziato da nullità insanabile ai sensi dell’art. 178, primo comma, lett. b), cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 23525 del 18/05/2021, Barzinè, Rv. 281396 – 01; Sez. 3, n. 10108 del 21/01/2016, COGNOME, Rv. 266714 – 01; Sez. 1, n. 2939 del 17/10/2013, dep. 2014, Deuscit, Rv. 258392 – 01).
L’art. 666, primo comma cod. proc. pen., dispone, infatti, che il procedimento di esecuzione può essere instaurato a richiesta del Pubblico Ministero, dell’interessato o del difensore.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’interessato è qualsiasi soggetto, che abbia partecipato o meno al giudizio di cognizione, e sia titolare di situazioni giuridiche soggettive alle quali potrebbe derivare un vantaggio o un pregiudizio in seguito al consolidamento o alla rimozione di un determinato deliberato (Sez. 3, n. 225 del 23/01/1996, Lega Ambiente in proc. Lodigiani ed altro, Rv. 205382 – 01, richiamata, recentemente,
da Sez. 3, n. 2013 del 21/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277725, e da Sez. 1, n. 19159 del 2023, COGNOME, non mass.).
Nel caso in esame, il procedimento di esecuzione ha avuto impulso a seguito della segnalazione da parte dei Carabinieri di Sannazzaro dè Burgondi, che hanno segnalato l’assenza di un decreto di dissequestro dei rifiuti speciali di cui al procedimento penale n. 280/2019 R.G.N.R. (conclusosi con la sentenza di non luogo a procedere ex art. 649, secondo comma, cod. proc. pen.), i quali, però, alla luce della nozione di interessato ora richiamata, non rientrano tra i soggetti legittimati a instaurare l’incidente di esecuzione, non essendo incisi in alcun modo, favorevole o pregiudizievole, dal provvedimento di sequestro.
Deve, dunque, ritenersi che l’ordinanza impugnata, con la quale il Tribunale di Pavia, quale di giudice dell’esecuzione, ha confermato la confisca e la distruzione di quanto in sequestro sia viziata di nullità, in quanto resa in un procedimento di esecuzione che ha avuto inizio in assenza di una valida richiesta, idonea a dare inizio al procedimento stesso, poiché proveniente da un soggetto non legittimato ex art. 666, primo comma, cod. proc. pen.
L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio.
Non occorre provvedere alla restituzione di quanto in sequestro, stante la mancanza di richiesta in tal senso del ricorrente, cui potrà, eventualmente, provvedere il giudice dell’esecuzione, qualora ne venga richiesto dall’interessato e ne sussistano i presupposti e non debba, invece, essere disposta la confisca di quanto in sequestro.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la ordinanza impugnata. Così deciso il 20/2/2025