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Impugnazione via PEC: valida se nei termini legali

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di inammissibilità emessa dal Tribunale di sorveglianza. Il caso riguarda un reclamo dichiarato inammissibile per mancato deposito dei motivi, i quali erano stati invece regolarmente trasmessi tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) entro i termini di legge. La Suprema Corte ha stabilito la piena validità della modalità di trasmissione telematica, in base alla normativa emergenziale applicabile all’epoca dei fatti, sancendo che l’impugnazione via PEC è rituale e deve essere considerata. Di conseguenza, il provvedimento è stato annullato con rinvio per un nuovo esame del merito.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione via PEC: la Cassazione ne conferma la validità

L’evoluzione tecnologica ha imposto un progressivo adeguamento anche degli strumenti processuali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di notifiche e depositi telematici: l’impugnazione via PEC è pienamente valida se effettuata nel rispetto delle normative vigenti. Questa pronuncia chiarisce come l’errata valutazione della ritualità di un deposito telematico possa portare all’annullamento di una decisione giudiziaria, garantendo il diritto di difesa delle parti.

I fatti del caso

Un detenuto si era visto respingere un’istanza di liberazione anticipata dal Magistrato di sorveglianza. Avverso tale decisione, il condannato proponeva personalmente reclamo, riservando al proprio difensore di fiducia il compito di depositare i relativi motivi.

Il legale provvedeva a trasmettere i motivi a sostegno del reclamo tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) all’indirizzo dell’ufficio giudiziario competente, rispettando il termine di dieci giorni previsto dalla legge. Tuttavia, il Tribunale di sorveglianza dichiarava il reclamo inammissibile proprio per la presunta mancanza dei motivi, non considerando il deposito telematico effettuato dall’avvocato. Contro questa declaratoria di inammissibilità, il condannato ricorreva in Cassazione, lamentando la violazione della legge processuale.

L’impugnazione via PEC e la decisione della Cassazione

Il ricorrente ha sostenuto, a ragione, che i motivi del reclamo erano stati trasmessi tempestivamente e con una modalità consentita dalla legge. La Corte di Cassazione, esaminati gli atti, ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. La decisione si basa sulla corretta applicazione della normativa speciale introdotta per far fronte al periodo emergenziale, che consentiva esplicitamente il deposito di atti di impugnazione e dei relativi motivi tramite PEC.

La Corte ha verificato che il difensore aveva correttamente inviato i motivi in data 14 febbraio 2022, a fronte di una notifica del provvedimento impugnato avvenuta il 4 febbraio 2022. L’invio rientrava quindi pienamente nel termine di dieci giorni stabilito dall’art. 69-bis dell’Ordinamento Penitenziario. Di conseguenza, il Tribunale di sorveglianza aveva errato nel dichiarare l’inammissibilità del reclamo.

Le motivazioni

Il fulcro della motivazione della Suprema Corte risiede nell’articolo 24 del D.L. n. 137 del 2020 (convertito nella Legge n. 176 del 2020), norma applicabile al tempo dei fatti. Tale disposizione permetteva la trasmissione degli atti di impugnazione e dei motivi a corredo tramite PEC, dall’indirizzo certificato del difensore a quello dell’ufficio giudiziario che aveva emesso il provvedimento impugnato, secondo le specifiche tecniche previste.

Dagli atti processuali è emerso in modo inconfutabile che il difensore aveva seguito pedissequamente questa procedura. La trasmissione dei motivi tramite PEC era conforme alla normativa di settore e avvenuta entro il termine perentorio di legge. Pertanto, la declaratoria di inammissibilità per assenza di motivi era palesemente erronea, poiché fondata su un presupposto fattuale e giuridico inesistente. Il Tribunale avrebbe dovuto considerare i motivi regolarmente depositati e decidere nel merito del reclamo.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un’importante conferma della validità e dell’efficacia degli strumenti digitali nel processo penale, quando previsti e regolamentati dalla legge. La decisione della Cassazione annulla l’ordinanza impugnata e rinvia gli atti al Tribunale di sorveglianza di Napoli per un nuovo giudizio, che dovrà questa volta tenere conto dei motivi presentati. Questa pronuncia tutela il diritto di difesa, impedendo che mere questioni formali, peraltro infondate, possano precludere l’esame nel merito di un’istanza, e riafferma la necessità per gli uffici giudiziari di adeguarsi pienamente alle modalità di deposito telematico normativamente previste.

È valido presentare i motivi di un’impugnazione tramite Posta Elettronica Certificata (PEC)?
Sì, la sentenza conferma che, in base alla normativa applicabile all’epoca dei fatti (art. 24 d.l. 137/2020), la trasmissione dei motivi di impugnazione tramite PEC dall’indirizzo del difensore a quello dell’ufficio giudiziario competente era una modalità rituale e pienamente valida.

Cosa succede se un Tribunale dichiara inammissibile un reclamo senza considerare i motivi inviati via PEC?
Se i motivi sono stati inviati ritualmente e tempestivamente via PEC secondo la legge, la declaratoria di inammissibilità è erronea. Come in questo caso, la Corte di Cassazione può annullare tale decisione e rinviare il caso al Tribunale per una nuova valutazione che tenga conto dei motivi presentati.

Qual era il termine per depositare i motivi del reclamo nel caso specifico?
Il termine per depositare i motivi, come stabilito dall’art. 69-bis dell’Ordinamento Penitenziario, era di dieci giorni. Nel caso esaminato, il difensore ha rispettato tale termine, trasmettendo i motivi via PEC il 14 febbraio 2022, a fronte di una notifica del provvedimento avvenuta il 4 febbraio 2022.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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