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Impugnazione spese sequestro: la decisione della Corte

La Corte di Cassazione interviene sul tema dell’impugnazione spese sequestro nell’ambito delle misure di prevenzione. Una società aveva chiesto la restituzione di somme anticipate per i compensi di un collaboratore dell’amministratore giudiziario, a seguito della revoca del sequestro. Il Tribunale aveva rigettato l’istanza. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso diretto inammissibile, riqualificandolo come opposizione in sede di incidente di esecuzione e rimettendo gli atti al Tribunale di Lecce. La decisione chiarisce che la via corretta non è il ricorso per Cassazione, ma l’opposizione davanti allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Spese Sequestro: la Cassazione Chiarisce la Procedura Corretta

La corretta impugnazione delle spese di sequestro nell’ambito delle misure di prevenzione rappresenta un nodo procedurale complesso. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un’importante chiave di lettura, stabilendo che la via maestra non è il ricorso diretto al massimo organo di giustizia, bensì l’opposizione davanti allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Rimborso Spese

Una società, tramite il suo legale rappresentante, si era vista rigettare dal Tribunale di Lecce (Ufficio Misure di Prevenzione) un’istanza molto specifica. La società aveva richiesto la restituzione delle somme che aveva anticipato per liquidare i compensi di un collaboratore dell’amministratore giudiziario. La richiesta si fondava su un presupposto logico: poiché il sequestro preventivo a cui era stata sottoposta era stato successivamente revocato, le relative spese, secondo la società, dovevano essere poste a carico dell’erario e non gravare più sul suo patrimonio.

La Decisione del Tribunale e il Ricorso in Cassazione

Il Tribunale di Lecce, con un’ordinanza, non ha accolto la richiesta della società. Ritenendo errata tale decisione, la società ha proposto ricorso direttamente in Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge. Il punto centrale del ricorso era che, venuto meno il vincolo reale del sequestro, anche le ragioni per cui la società doveva sostenere quelle spese erano cessate, come previsto dagli articoli 35 e 42 del d.lgs. n. 159 del 2011 (Codice Antimafia).

Impugnazione spese sequestro: la via procedurale corretta

La questione preliminare affrontata dalla Corte di Cassazione, su sollecitazione del Procuratore Generale, è stata proprio quella della competenza. Il ricorso era stato presentato correttamente? La risposta della Corte è stata negativa. I giudici hanno chiarito che le controversie relative alle spese di custodia e gestione di un bene sequestrato in una procedura di prevenzione non seguono la via del ricorso immediato per cassazione. Esse rientrano, invece, nell’ambito dell’esecuzione del provvedimento e devono essere gestite attraverso la procedura dell’incidente di esecuzione, come disciplinato dagli articoli 666 e 667 del codice di procedura penale.

La Distinzione tra Rendiconto e Spese di Esecuzione

La Corte ha operato una distinzione fondamentale. Un conto è impugnare il rendiconto finale della gestione dell’amministratore giudiziario (un documento che riassume l’intera attività di gestione, i pagamenti, le riscossioni e il saldo finale), per il quale l’art. 43 del Codice Antimafia prevede espressamente il ricorso per cassazione. Un altro conto è contestare una singola decisione, come quella sulla liquidazione dei compensi a un collaboratore, che attiene più specificamente alla fase esecutiva del provvedimento di sequestro. Per quest’ultima tipologia di controversie, la procedura corretta è quella dell’opposizione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione basandosi su un orientamento giurisprudenziale consolidato. L’ordinanza che decide sulla liquidazione delle spese di custodia di un bene sequestrato non è direttamente impugnabile in cassazione, ma è “opponibile” dinanzi allo stesso giudice dell’esecuzione. Questo significa che la parte interessata deve prima presentare un’opposizione (detta “in executivis”), che darà avvio a un procedimento in contraddittorio (udienza camerale ex art. 666 c.p.p.). Solo il provvedimento emesso all’esito di tale udienza sarà, a sua volta, ricorribile per cassazione, in quanto risolve una controversia su diritti soggettivi con carattere di definitività, come garantito dall’art. 111 della Costituzione.

Le Conclusioni: Riqualificazione dell’Atto e Principio di Conservazione

In conclusione, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso proposto dalla società come erroneo. Tuttavia, anziché limitarsi a dichiararne l’inammissibilità, ha applicato il principio di conservazione degli atti giuridici. Questo principio fondamentale stabilisce che un atto processuale, sebbene presentato in una forma errata, può essere “convertito” o “riqualificato” nell’atto corretto, se ne possiede i requisiti di sostanza. Pertanto, il ricorso per cassazione è stato riqualificato come un’opposizione ai sensi dell’art. 667, comma 1, c.p.p. Di conseguenza, gli atti sono stati trasmessi al Tribunale di Lecce, che ora dovrà procedere con l’ulteriore corso, avviando l’incidente di esecuzione richiesto implicitamente dalla società.

È possibile impugnare direttamente in Cassazione un’ordinanza che nega il rimborso delle spese di custodia di un bene sequestrato in via di prevenzione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che un’ordinanza che decide su profili relativi alle spese di custodia e gestione di un bene sequestrato nell’ambito di una procedura di prevenzione non è immediatamente ricorribile in Cassazione.

Qual è la procedura corretta per contestare la decisione sulla liquidazione dei compensi a un collaboratore dell’amministratore giudiziario?
La procedura corretta consiste nel proporre opposizione davanti allo stesso giudice che ha emesso l’ordinanza, attivando un incidente di esecuzione secondo le forme previste dagli articoli 666 e 667 del codice di procedura penale. Solo la decisione finale di tale procedura sarà eventualmente ricorribile in Cassazione.

Cosa succede a un ricorso per cassazione presentato erroneamente per questo tipo di controversia?
Applicando il principio della conservazione degli atti giuridici, la Corte di Cassazione può riqualificare il ricorso erroneo come l’atto corretto, ovvero come un’opposizione in sede di esecuzione. Di conseguenza, dispone la trasmissione degli atti al giudice competente (in questo caso, il Tribunale che ha emesso l’ordinanza impugnata) affinché proceda secondo il rito corretto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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