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Impugnazione socio: quando non è ammesso il ricorso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28073 del 2024, ha stabilito che un singolo socio non ha la legittimazione per contestare un sequestro preventivo di beni appartenenti alla società. L’impugnazione del socio è stata dichiarata inammissibile perché egli non vanta un diritto diretto e immediato alla restituzione dei beni, interesse che appartiene esclusivamente alla società come entità giuridica separata.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Socio: la Cassazione Nega la Legittimazione ad Agire Contro il Sequestro Societario

L’impugnazione da parte di un socio di un provvedimento di sequestro che colpisce i beni della società è un tema di grande rilevanza pratica. Con la recente sentenza n. 28073/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il singolo socio, che non agisce in qualità di legale rappresentante, non è legittimato a impugnare il sequestro preventivo dei beni societari. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un decreto di sequestro preventivo emesso nei confronti dei beni di una società a responsabilità limitata. Il sequestro era stato disposto nell’ambito di un procedimento penale a carico del fratello di uno dei soci, gravemente indiziato di essere capo e promotore di un’associazione di tipo mafioso.

Un socio della società, qualificandosi come ‘terzo interessato’, proponeva istanza di riesame avverso il provvedimento. Il Tribunale del riesame confermava il sequestro sui beni della società in questione. Contro tale ordinanza, il socio presentava ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione in merito alla sproporzione del valore dei beni sequestrati rispetto ai redditi dichiarati.

Il Principio di Diritto: La Carenza di Interesse nell’Impugnazione del Socio

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, concentrandosi su un aspetto puramente procedurale: la legittimazione ad agire del ricorrente. Il punto cruciale della decisione è la netta distinzione tra la figura del socio e l’entità giuridica della società.

La Corte ha richiamato il suo consolidato orientamento secondo cui il singolo socio non è legittimato a contestare i provvedimenti di sequestro preventivo che colpiscono i beni di proprietà di una società. Questo perché il socio non vanta un interesse concreto e attuale alla restituzione del bene. Il diritto alla restituzione, infatti, spetta unicamente alla società, in quanto soggetto giuridico autonomo e titolare del patrimonio.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha spiegato che l’interesse del socio è meramente mediato e indiretto. Egli non ha un diritto diretto sulla restituzione della cosa o di una parte del suo valore equivalente alla propria quota. L’effetto del dissequestro sarebbe un beneficio diretto per il patrimonio della società, non per quello personale del socio. Di conseguenza, il socio non possiede quel ‘diritto alla restituzione’ che la legge richiede per poter impugnare un provvedimento di sequestro.

La Corte ha inoltre precisato che, qualora il legale rappresentante della società rimanga inerte di fronte a un sequestro che danneggia la società stessa, il socio non è privo di tutele. Egli ha infatti il potere di sollecitare gli organi sociali (come l’assemblea dei soci) affinché questi si attivino e diano mandato al legale rappresentante di agire nell’interesse della società.

In sostanza, l’azione giudiziaria per la tutela del patrimonio sociale spetta alla società, che agisce tramite il suo legale rappresentante. L’iniziativa individuale del socio non può sostituirsi a quella degli organi sociali competenti.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza ribadisce un principio cardine del diritto societario e processuale penale. Per i soci, le implicazioni sono chiare: per difendere il patrimonio della società da un sequestro, non possono agire individualmente in sede giudiziaria. La via corretta è quella interna alla vita societaria: promuovere un’azione attraverso gli organi sociali, affinché sia il legale rappresentante a presentare l’eventuale impugnazione.

Questa decisione sottolinea l’importanza della separazione patrimoniale tra la società e i suoi soci e chiarisce i confini della legittimazione ad agire in contesti di misure cautelari reali. La tutela del patrimonio aziendale è una responsabilità che deve essere gestita attraverso i canali formali previsti dalla struttura societaria, garantendo così un’azione coordinata e rappresentativa dell’interesse collettivo dell’ente e non del singolo individuo.

Un singolo socio di una società può impugnare direttamente un provvedimento di sequestro preventivo sui beni della società?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il singolo socio non è legittimato a impugnare un sequestro su beni societari, poiché non vanta un interesse concreto, diretto e attuale alla restituzione dei beni, diritto che spetta esclusivamente alla società.

Perché l’interesse del socio è considerato solo indiretto?
L’interesse del socio è considerato indiretto perché un eventuale dissequestro andrebbe a beneficio del patrimonio della società come entità giuridica autonoma, e non direttamente a vantaggio del patrimonio personale del socio. Il socio non ha un diritto immediato alla restituzione della cosa o di una somma equivalente alla sua quota.

Cosa può fare un socio se il legale rappresentante della società non agisce contro un sequestro dannoso?
Il socio può esercitare i propri diritti all’interno della società, ovvero può sollecitare gli organi sociali (ad esempio, convocando un’assemblea) affinché deliberino di agire in giudizio e diano mandato al legale rappresentante di impugnare il provvedimento di sequestro nell’interesse della società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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