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Impugnazione sequestro probatorio: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28210/2025, ha affrontato un caso di impugnazione sequestro probatorio. Un indagato aveva proposto ricorso in Cassazione contro il diniego di restituzione di una somma di denaro. La Corte ha ritenuto errato il rimedio utilizzato, riqualificando il ricorso come appello ai sensi dell’art. 322-bis cod.proc.pen. e disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale competente. La decisione sottolinea l’importanza di adire il corretto strumento processuale, pur applicando il principio di conservazione degli atti.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Sequestro Probatorio: la Cassazione Trasforma un Ricorso in Appello

Nel complesso mondo della procedura penale, la scelta del corretto strumento di impugnazione è cruciale. Un errore può compromettere la difesa dei propri diritti. Tuttavia, un’importante ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 28210 del 2025, ci ricorda che il sistema prevede dei meccanismi di salvaguardia. Il caso in esame riguarda una complessa vicenda di impugnazione sequestro probatorio, dove la Suprema Corte ha riqualificato il ricorso, trasformandolo nell’appello corretto e trasmettendo gli atti al giudice competente. Analizziamo questa decisione per comprenderne la portata pratica.

I fatti del processo

La vicenda ha origine da un procedimento penale in cui un indagato, accusato di reati gravi tra cui associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, subiva una perquisizione domiciliare. Durante tale operazione, veniva sequestrata una considerevole somma di denaro in valuta straniera ed euro. Dopo un primo tentativo di riesame dichiarato inammissibile per tardività, l’indagato presentava un’istanza di dissequestro al GIP (Giudice per le Indagini Preliminari) del Tribunale di Palermo.

Il GIP rigettava la richiesta, motivando che il denaro poteva essere considerato provento dei reati contestati. Contro questa decisione, l’indagato, tramite il suo difensore, proponeva direttamente ricorso per Cassazione, lamentando vizi procedurali e di competenza.

I motivi del ricorso e l’errore procedurale

Il ricorrente basava la sua impugnazione sequestro probatorio su due motivi principali:
1. Incompetenza del GIP distrettuale: Si sosteneva che, essendo venuta meno un’ordinanza cautelare per i reati di competenza distrettuale, anche il GIP che aveva deciso sul sequestro avrebbe dovuto spogliarsi della competenza in favore del giudice territorialmente ordinario.
2. Nullità dell’ordinanza: Si deducevano violazioni di diverse norme procedurali che avrebbero inficiato la validità del provvedimento di rigetto.

Tuttavia, al di là dei motivi di merito, il punto focale della questione si è rivelato essere un altro: la scelta stessa del rimedio processuale. L’indagato aveva proposto un ricorso per Cassazione, un’impugnazione di legittimità, contro un’ordinanza che rigettava la restituzione di beni in sequestro probatorio.

La decisione della Corte di Cassazione: la riqualificazione dell’impugnazione

La Suprema Corte, prima di entrare nel merito delle doglianze del ricorrente, ha analizzato d’ufficio la natura stessa dell’impugnazione presentata. Ha osservato che il provvedimento impugnato era un diniego di restituzione di beni sottoposti a sequestro probatorio. Per questo tipo di provvedimento, il codice di procedura penale prevede uno strumento specifico.

Le motivazioni

La Corte ha stabilito che il rimedio corretto non era il ricorso per Cassazione, bensì l’appello previsto dall’articolo 322-bis del codice di procedura penale. Quest’ultimo è lo strumento designato per contestare le ordinanze in materia di sequestro preventivo e probatorio. Anziché dichiarare inammissibile il ricorso per l’errore commesso, la Cassazione ha applicato il principio di conservazione degli atti giuridici, che consente di convertire un’impugnazione erroneamente proposta in quella corretta, se ne sussistono i presupposti.

Di conseguenza, la Corte ha riqualificato l’impugnazione presentata come appello ex art. 322-bis cod.proc.pen. Questa operazione ha impedito che l’errore formale del difensore pregiudicasse il diritto dell’indagato a una revisione della decisione sul sequestro.

Le conclusioni

Con questa decisione, la Cassazione non ha deciso se il sequestro fosse legittimo o meno, né si è pronunciata sulla questione di competenza sollevata. Ha invece compiuto un atto prettamente processuale: ha corretto il percorso giuridico intrapreso dalla difesa. Ha disposto la trasmissione di tutti gli atti al Tribunale di Palermo, che, in funzione di giudice dell’appello, sarà ora chiamato a decidere nel merito le questioni sollevate. La pronuncia ribadisce un principio fondamentale: l’importanza di individuare il corretto rimedio processuale, ma anche l’esistenza di meccanismi volti a salvaguardare la sostanza dei diritti delle parti, superando i meri formalismi.

Qual è il rimedio corretto contro un’ordinanza che nega la restituzione di beni sotto sequestro probatorio?
Il rimedio corretto previsto dalla legge è l’appello al Tribunale ai sensi dell’art. 322-bis del codice di procedura penale, e non il ricorso diretto per Cassazione.

Cosa succede se si presenta un’impugnazione con una denominazione errata?
In base al principio di conservazione degli atti giuridici, il giudice può riqualificare l’impugnazione e convertirla in quella corretta, a condizione che ne sussistano i requisiti. In questo caso, il ricorso per Cassazione è stato riqualificato come appello.

Perché la Corte di Cassazione non ha deciso sulla questione di competenza sollevata dal ricorrente?
La Corte non ha esaminato le questioni di merito, come la competenza, perché ha rilevato un vizio preliminare relativo alla tipologia di impugnazione. Riqualificando il ricorso in appello, ha demandato la decisione su tutte le questioni, inclusa la competenza, al giudice dell’appello, ovvero il Tribunale di Palermo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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