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Impugnazione sequestro preventivo: quando è possibile?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36283/2025, ha stabilito un principio fondamentale in materia di impugnazione del sequestro preventivo. Un indagato aveva impugnato un decreto di sequestro prima della sua materiale esecuzione. Il Tribunale del riesame aveva dichiarato l’appello inammissibile per carenza di interesse, sostenendo che senza esecuzione non vi fosse un pregiudizio attuale. La Cassazione ha annullato tale decisione, affermando che l’interesse a impugnare sorge già nel momento in cui viene emesso l’ordine di blocco dei beni (ad esempio, la comunicazione alla banca), poiché questo crea un’immediata indisponibilità. Ha inoltre chiarito che l’onere di provare l’avvenuta esecuzione non grava sul ricorrente, ma sugli uffici giudiziari.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Sequestro Preventivo: Quando Sorge l’Interesse a Ricorrere?

L’impugnazione del sequestro preventivo rappresenta uno strumento cruciale di difesa nel procedimento penale. Ma cosa accade se l’impugnazione viene proposta prima che il sequestro sia stato materialmente eseguito? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 36283 del 2025, fa luce su questo aspetto, stabilendo che l’interesse ad agire non è legato all’esecuzione fisica del vincolo, ma all’emissione stessa dell’ordine che ne pregiudica la disponibilità.

Il Contesto del Caso: Un Ricorso Dichiarato Inammissibile

La vicenda trae origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari nei confronti di un indagato, avente ad oggetto somme di denaro considerate profitto di reato. L’indagato proponeva istanza di riesame avverso tale provvedimento.

Il Tribunale competente, tuttavia, dichiarava l’impugnazione inammissibile. La motivazione? Al momento della proposizione del ricorso, il sequestro non era stato ancora materialmente eseguito. Secondo il Tribunale, non poteva quindi configurarsi un interesse concreto e attuale dell’indagato, poiché l’aspettativa legata al riesame è, di norma, la restituzione della rem captam (la cosa sequestrata), cosa impossibile se nulla era stato ancora appreso.

L’Analisi della Cassazione sulla Impugnazione del Sequestro Preventivo

La difesa dell’indagato presentava ricorso per Cassazione, lamentando un errore di valutazione da parte del Tribunale. In particolare, si sosteneva che l’ordine di esecuzione del sequestro era già stato inviato agli istituti di credito, i quali avevano provveduto a bloccare i conti correnti dell’interessato. L’esecuzione, sebbene non formalmente conclusa, aveva già prodotto i suoi effetti pregiudizievoli.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza e rinviando gli atti al Tribunale per un nuovo esame. La decisione si fonda su principi procedurali di fondamentale importanza.

Il Principio Affermato: L’Interesse Sorge con l’Ordine di Blocco

Il punto centrale della sentenza è la definizione del momento in cui sorge l’interesse a impugnare. La Corte chiarisce che il presupposto del provvedimento impugnato (la mancata esecuzione) era errato. Il sequestro preventivo di somme di denaro su un conto corrente, anche se non formalmente perfezionato, produce l’effetto dell’indisponibilità dei beni già nel momento in cui l’istituto bancario procede al “blocco” dell’operatività del conto.

Questo blocco, anche se autonomo e preliminare, genera una contestuale e immediata insorgenza dell’interesse del titolare del conto a impugnare il provvedimento. Non è necessario attendere la materiale apprensione delle somme per subire un pregiudizio concreto che legittima l’azione legale.

L’Onere della Prova sull’Esecuzione

Un altro aspetto rilevante affrontato dalla Corte riguarda l’onere della prova. Il Tribunale aveva implicitamente fatto gravare sull’indagato le conseguenze della mancata prova dell’esecuzione del sequestro. La Cassazione ribalta questa prospettiva, affermando che non è possibile porre a carico del ricorrente l’onere di provare l’esecuzione o di allegare i relativi verbali.

Questi adempimenti, infatti, ricadono sull’autorità procedente (in questo caso, il Pubblico Ministero). È l’ufficio giudiziario che deve trasmettere al Tribunale del riesame tutti gli atti su cui si fonda il provvedimento, inclusi i verbali di esecuzione. In caso di dubbio, il Tribunale ha il dovere di esercitare i propri poteri istruttori per verificare l’effettiva esecuzione, senza poter dichiarare l’inammissibilità basandosi su una documentazione incompleta.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si basano su una lettura sostanziale e non meramente formale del concetto di ‘esecuzione’ e di ‘interesse ad agire’. Ritenere che l’interesse sorga solo con l’apprensione fisica del bene significherebbe creare un vuoto di tutela. L’indagato si troverebbe nella paradossale situazione di avere i propri conti bloccati, subendo un danno concreto, ma senza la possibilità di contestare immediatamente la misura cautelare. La Corte ha quindi privilegiato l’effettività della tutela giurisdizionale, ancorando l’interesse all’effetto pregiudizievole (l’indisponibilità del bene) piuttosto che al completamento formale della procedura esecutiva. Inoltre, la Corte ha riaffermato che il sistema processuale pone a carico degli uffici giudiziari l’onere di trasmettere un fascicolo completo al giudice dell’impugnazione, sollevando il cittadino da eventuali negligenze dell’apparato statale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa sentenza ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, rafforza il diritto di difesa, consentendo un’immediata reazione contro un provvedimento di sequestro non appena questo inizia a produrre i suoi effetti lesivi, come il blocco di un conto corrente. In secondo luogo, chiarisce la ripartizione degli oneri procedurali, specificando che è compito dell’autorità giudiziaria assicurare la completezza degli atti trasmessi al Tribunale del riesame. Di conseguenza, un’impugnazione non potrà più essere dichiarata inammissibile per la semplice mancata allegazione dei verbali di esecuzione da parte del ricorrente, spettando al giudice verificare d’ufficio lo stato del procedimento.

È possibile impugnare un decreto di sequestro preventivo prima che sia stato materialmente eseguito?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’interesse a impugnare sorge non appena il provvedimento produce un effetto pregiudizievole, come il blocco di un conto corrente da parte della banca, anche se la procedura formale di sequestro non è ancora conclusa.

Su chi ricade l’onere di dimostrare l’avvenuta esecuzione del sequestro nel procedimento di riesame?
L’onere di trasmettere gli atti relativi all’esecuzione del sequestro al Tribunale del riesame ricade sull’autorità giudiziaria procedente (come il Pubblico Ministero) e non sul ricorrente. Il Tribunale, in caso di dubbio, deve verificare d’ufficio e non può dichiarare l’inammissibilità per la mancata allegazione dei verbali da parte dell’interessato.

Un’impugnazione può essere respinta perché l’indagato non ha un interesse attuale alla restituzione del bene non ancora sequestrato?
No. La Corte ha stabilito che l’interesse a impugnare non corrisponde solo all’aspettativa di restituzione della ‘rem captam’ (cosa sequestrata), ma sorge già con l’effetto di indisponibilità del bene, che rappresenta un pregiudizio concreto e attuale sufficiente a giustificare il ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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