Impugnazione Sequestro Preventivo: Quali Sono i Rimedi Corretti?
La gestione dei beni sottoposti a vincolo penale rappresenta un tema delicato e complesso nel nostro ordinamento. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui canali procedurali corretti per contestare gli atti di gestione, definendo i confini dell’ impugnazione sequestro preventivo. Il caso analizzato riguarda il ricorso di un imprenditore contro un provvedimento del Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.) relativo all’amministrazione di un’azienda sequestrata. La decisione della Suprema Corte sottolinea una distinzione fondamentale tra gli atti che incidono sul vincolo cautelare e quelli che ne rappresentano la mera attuazione.
I Fatti del Caso
Un imprenditore, tramite i suoi difensori, proponeva ricorso per cassazione avverso un decreto del G.I.P. del Tribunale. Tale decreto autorizzava la prosecuzione dell’attività di una società a responsabilità limitata e l’affitto della sua attività d’impresa, entrambe sottoposte a sequestro preventivo. L’imprenditore chiedeva l’annullamento di questo provvedimento, ritenendolo lesivo dei propri interessi.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile con una procedura semplificata (de plano). La Corte ha stabilito che il provvedimento impugnato non era suscettibile di ricorso per cassazione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per la proposizione di un ricorso inammissibile.
Le Motivazioni: la corretta impugnazione del sequestro preventivo
Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra i provvedimenti che applicano o modificano il vincolo cautelare (il sequestro stesso) e quelli che ne disciplinano le modalità esecutive e attuative. La Corte ha affermato che i provvedimenti del giudice relativi alla nomina e all’operato dell’amministratore giudiziario rientrano in questa seconda categoria.
Nello specifico, la decisione di autorizzare la prosecuzione dell’attività aziendale o l’affitto di un ramo d’azienda non attiene all’esistenza del vincolo cautelare, ma alle modalità con cui i beni sequestrati vengono gestiti per preservarne il valore. La Suprema Corte, richiamando un suo precedente orientamento (sentenza n. 946 del 2018), ha ribadito che per tali atti non è previsto il ricorso per cassazione come strumento di impugnazione.
Il rimedio corretto, indicato dai giudici, è invece l’opposizione dinanzi al giudice dell’esecuzione. È questa la figura giudiziaria competente a esercitare il controllo di legittimità sugli atti dell’amministrazione giudiziaria. Pertanto, l’imprenditore avrebbe dovuto presentare le sue doglianze a tale giudice, e non direttamente alla Corte di Cassazione.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza consolida un principio procedurale di notevole importanza pratica. Chi intende contestare le scelte gestionali dell’amministratore giudiziario su beni sottoposti a sequestro preventivo deve essere consapevole che la via del ricorso per cassazione è preclusa. La scelta di uno strumento di impugnazione errato comporta non solo un dispendio di tempo e risorse, ma anche una declaratoria di inammissibilità con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. La pronuncia chiarisce che la sede naturale per risolvere le controversie sull’esecuzione delle misure cautelari reali è il procedimento di esecuzione, garantendo così che il controllo sia affidato al giudice funzionalmente competente.
È possibile impugnare in Cassazione un provvedimento del GIP che riguarda la gestione di un’azienda sequestrata?
No. Secondo l’ordinanza, i provvedimenti che riguardano le modalità esecutive e attuative della misura, come la nomina o l’operato dell’amministratore giudiziario, non sono autonomamente impugnabili con ricorso per cassazione.
Qual è il rimedio corretto per contestare le decisioni sulla gestione di beni sotto sequestro preventivo?
Il rimedio corretto è l’opposizione dinanzi al giudice dell’esecuzione. Questo giudice ha il compito di controllare la legittimità delle attività svolte nell’ambito dell’amministrazione dei beni sequestrati.
Cosa succede se si presenta un ricorso per cassazione quando non è il rimedio previsto dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10219 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 10219 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SALERNO il DATA_NASCITA avverso il decreto del 24/10/2023 del GIP TRIBUNALE di VALLO DELLA LUCANIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, mediante ricorso dei propri difensori AVV_NOTAIO.ti COGNOME e COGNOME, chiedeva l’annullamento del decreto emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Vallo della Lucania 20 luglio 2023 e con il quale era stata autorizzata la prosecuzione dell’attività svolta da NOME e l’affitto dell’attività di impresa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è proposto avverso provvedimento non impugnabile in cassazione e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile con procedura de plano.
Ed invero, per i provvedimenti emessi dal giudice delle indagini preliminari in materia amministrazione dei beni in sequestro sono esperibili altri rimedi e non certamente il ricorso cassazione; in particolare questa corte ha affermato che in tema d sequestro preventivo, i provvedimenti del giudice in ordine alla nomina e all’operato dell’amministratore giudiziario, n attenendo all’applicazione o alla modifica del vincolo cautelare, ma alle modalità esecutive e attuative della misura, non sono autonomamente impugnabili, essendo consentita la sola opposizione dinanzi al giudice dell’esecuzione, al quale compete il controllo di legittimità d
modalità di esecuzione della misura (Sez. 2, n. 946 .del 21/11/2018, Rv. 274723 – 01). Ne consegue affermare che avverso il provvedimento impugnato cor il presente ricorso per cassazione il ricorrente avrebbe dovuto proporre l’opposizione dinanzi al giudice dell’esecuzion dello stesso.
In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 comma terzo cod.proc.pen.; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art cod.proc.pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamen:o delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma, 13 febbraio 2024
rani