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Impugnazione sentenza proscioglimento: la Cassazione

La Corte di Cassazione chiarisce la corretta procedura per l’impugnazione di una sentenza di proscioglimento per prescrizione emessa dopo l’inizio del dibattimento. In un caso di reati fiscali, un Pubblico Ministero aveva impugnato una decisione di primo grado. La Corte d’Appello aveva erroneamente trasmesso gli atti alla Cassazione. Quest’ultima ha stabilito che il rimedio corretto era l’appello e ha rinviato il caso alla Corte d’Appello per il giudizio, riaffermando il principio per cui le sentenze emesse dopo la costituzione delle parti sono appellabili.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Sentenza Proscioglimento: Quando si fa Appello?

La scelta del corretto mezzo di impugnazione è un passaggio cruciale nel processo penale. Un errore può compromettere l’esito di una causa, come dimostra una recente ordinanza della Corte di Cassazione che ha chiarito la via da seguire per l’impugnazione sentenza proscioglimento emessa dopo l’inizio del processo. Il caso riguarda un’accusa di omessa dichiarazione fiscale, ma la lezione è di natura prettamente procedurale e fondamentale per tutti gli operatori del diritto.

I Fatti: Il Caso di Omessa Dichiarazione e la Prescrizione

Il punto di partenza è una vicenda di natura tributaria. L’amministratore di una società era stato accusato di aver omesso la presentazione della dichiarazione IRES per l’anno 2013, con una presunta evasione di oltre 60.000 euro. Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 9 novembre 2022, aveva dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato.

Il Pubblico Ministero, non condividendo la decisione, ha proposto impugnazione, sostenendo un errore nel calcolo dei termini di prescrizione. Secondo la sua tesi, il reato si sarebbe prescritto solo a fine 2024, rendendo la sentenza di proscioglimento prematura ed errata.

L’Errore Procedurale e l’Impugnazione della Sentenza di Proscioglimento

Qui si innesta l’aspetto più interessante della vicenda. La Corte d’Appello, investita del caso, invece di decidere nel merito, ha trasmesso gli atti direttamente alla Corte di Cassazione. Questa mossa si è rivelata un errore procedurale.

La questione centrale è diventata: quale era il rimedio corretto contro quella specifica sentenza? Un appello o un ricorso diretto in Cassazione? La Corte Suprema ha fornito una risposta chiara, basandosi su principi consolidati della procedura penale.

La Decisione della Corte di Cassazione: Appello come Rimedio Corretto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12764/2024, ha stabilito senza mezzi termini che il Pubblico Ministero aveva agito correttamente proponendo un atto di appello. Di conseguenza, la Corte d’Appello aveva sbagliato a non trattare il caso e a trasmetterlo al grado di giudizio superiore.

La Suprema Corte ha quindi riqualificato l’atto del PM come appello e ha ordinato la restituzione degli atti alla Corte d’Appello di Palermo, che ora dovrà pronunciarsi sulla questione della prescrizione.

Le Motivazioni della Corte

Il ragionamento della Cassazione si fonda su un’importante pronuncia delle Sezioni Unite (n. 3512 del 2021). Questo precedente ha chiarito un punto fondamentale: la distinzione tra sentenze emesse prima del dibattimento (predibattimentali) e quelle emesse dopo.

Una sentenza di proscioglimento, come quella del caso in esame, quando viene pronunciata in udienza pubblica e dopo la formale costituzione delle parti, non è una sentenza predibattimentale. Pertanto, essa è soggetta al normale regime di appellabilità previsto dall’articolo 593 del codice di procedura penale.

La Corte ha specificato che il rimedio dell’appello è quello corretto e legittimamente esperito dal Pubblico Ministero. L’errore della Corte d’Appello è stato quello di non riconoscere la natura appellabile della sentenza e, di conseguenza, la propria competenza a decidere.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio procedurale di grande rilevanza pratica. L’impugnazione sentenza proscioglimento emessa dopo la costituzione delle parti in un’udienza pubblica deve essere effettuata tramite atto di appello. La distinzione non è un mero formalismo, ma garantisce il corretto svolgimento dei gradi di giudizio e il diritto delle parti a un riesame completo della decisione.

Per avvocati e pubblici ministeri, questa decisione funge da promemoria sull’importanza di qualificare correttamente la natura di una sentenza per scegliere il giusto mezzo di impugnazione, evitando ritardi processuali e possibili dichiarazioni di inammissibilità.

Una sentenza di proscioglimento per prescrizione emessa dopo l’inizio del dibattimento è appellabile?
Sì, la Corte di Cassazione, citando le Sezioni Unite, ha affermato che una sentenza di proscioglimento pronunciata in udienza pubblica dopo la costituzione delle parti è appellabile ai sensi dell’art. 593, comma 2, cod.proc.pen.

Cosa succede se viene proposto un atto di impugnazione a un giudice che non è quello competente?
Il giudice deve qualificare correttamente l’impugnazione e trasmettere gli atti al giudice competente. In questo caso, la Corte di Cassazione ha qualificato l’atto del Pubblico Ministero come appello e ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Palermo.

Qual è la differenza tra una sentenza predibattimentale e una emessa dopo la costituzione delle parti ai fini dell’appello?
Secondo la giurisprudenza citata, la sentenza predibattimentale è solo quella pronunciata prima del compimento delle formalità di costituzione delle parti (art. 484 cod. proc. pen.). Le sentenze emesse in un momento successivo, come nel caso di specie, sono appellabili nei limiti previsti dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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