Impugnazione Rigetto Patteggiamento: Quando è Ammessa? La Cassazione Fa Chiarezza
L’impugnazione del rigetto del patteggiamento rappresenta un tema cruciale nella procedura penale, spesso fonte di dubbi per imputati e difensori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 977/2025, ha ribadito con fermezza i limiti e le modalità con cui è possibile contestare la decisione del giudice che nega l’applicazione della pena concordata. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.
Il Caso in Esame: Un Ricorso Diretto in Cassazione
La vicenda ha origine dalla decisione del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Castrovillari, il quale aveva respinto una richiesta di applicazione di pena su richiesta delle parti (il cosiddetto patteggiamento), avanzata da un imputato. Ritenendo ingiusto il provvedimento, l’imputato, tramite il suo difensore, decideva di presentare ricorso immediato direttamente alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione.
La Decisione della Cassazione sull’Impugnazione del Rigetto del Patteggiamento
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: la tassatività delle impugnazioni. Questo principio stabilisce che un provvedimento giurisdizionale può essere impugnato solo nei casi e con i mezzi espressamente previsti dalla legge.
Il Principio di Tassatività Applicato al Rigetto del Patteggiamento
Secondo la Corte, l’ordinanza con cui il GIP rigetta una richiesta di patteggiamento non rientra tra i provvedimenti per i quali la legge prevede un’autonoma e immediata impugnabilità. Non si tratta, infatti, di un provvedimento definitivo che chiude il procedimento, ma di una decisione interlocutoria.
Le Motivazioni della Corte
La Suprema Corte ha chiarito in modo inequivocabile le ragioni della sua decisione. Innanzitutto, l’ordinanza di rigetto non pregiudica in modo irreparabile i diritti della difesa. L’ordinamento, infatti, offre all’imputato altre vie per tutelare le proprie ragioni. In particolare, l’imputato ha due possibilità:
1. Rinnovare la richiesta: È possibile ripresentare la richiesta di patteggiamento in una fase successiva del procedimento.
2. Impugnare unitamente alla sentenza: La contestazione contro il rigetto del patteggiamento può (e deve) essere sollevata insieme all’eventuale impugnazione della sentenza finale che concluderà il processo. In quella sede, il giudice dell’appello potrà valutare anche la correttezza della decisione del GIP sulla richiesta di pena concordata.
La Corte ha inoltre dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 448, comma 2, del codice di procedura penale, proprio perché il sistema già prevede strumenti idonei a tutelare l’imputato.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche per l’Imputato
La pronuncia della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Tentare l’impugnazione del rigetto del patteggiamento in via immediata è una strada non solo errata, ma anche controproducente. Come stabilito dall’art. 616 c.p.p., all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende (in questo caso, pari a 3.000 euro). Per l’imputato, quindi, la strategia corretta non è quella dell’impugnazione immediata, ma quella di attendere la conclusione del giudizio di primo grado per poi, eventualmente, sollevare la questione nell’atto di appello, insieme alle altre doglianze sulla sentenza.
È possibile impugnare direttamente in Cassazione l’ordinanza del GIP che rigetta la richiesta di patteggiamento?
No, l’ordinanza che rigetta la richiesta di applicazione di pena concordata non è immediatamente e direttamente impugnabile con ricorso per cassazione, poiché non è un provvedimento definitivo.
Quali sono le alternative per l’imputato se la sua richiesta di patteggiamento viene respinta?
L’imputato ha la possibilità di rinnovare la richiesta in un momento successivo del procedimento oppure di impugnare il provvedimento di rigetto unitamente alla sentenza che definisce il giudizio.
Cosa comporta la presentazione di un ricorso giudicato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata quantificata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 977 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 28/11/2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 977 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Composta da
– Presidente –
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a TREBISACCE il 19/08/1999
avverso l’ordinanza del 09/05/2024 del GIP TRIBUNALE di Castrovillari udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari con provvedimento del 9 maggio 2024 rigettava la richiesta di applicazione di pena concordata tra le parti avanzata da NOMECOGNOME
Avverso detto provvedimento di rigetto proponeva ricorso il condannato tramite il proprio difensore, articolando un unico motivo di doglianza con cui lamentava violazione di legge e vizio di motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile, poichØ l’ordinanza che rigetta la richiesta di applicazione pena non Ł immediatamente e direttamente impugnabile.
¨ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 448, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede l’autonoma impugnabilità del provvedimento di rigetto emesso dal giudice per le indagini preliminari sulla richiesta di applicazione della pena presentata ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., essendo previste dall’ordinamento, a tutela delle ragioni dell’imputato, la possibilità di rinnovare la richiesta e quella di impugnare il provvedimento di rigetto unitamente alla sentenza che definisce il giudizio. (Sez. 7, Ordinanza n. 35055 del 13/04/2018 Rv. 273616)
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
L’ordinanza del giudice per le indagini preliminari che rigetti la richiesta di applicazione della pena, ex art. 444 cod. proc. pen., per il principio di tassatività delle impugnazioni, non Ł immediatamente e direttamente impugnabile con ricorso per cassazione, considerato che si tratta di un provvedimento non definitivo, avente ad oggetto una richiesta che può essere riproposta, e che la pena concordata può essere applicata anche nel giudizio ordinario, e, pertanto, ricorribile solo congiuntamente alla sentenza che definisce il giudizio. (Sez. 4 – , Sentenza n. 16164 del 15/04/2021 Rv. 281383).
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» – della somma di euro 3000 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto dell’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 28/11/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME