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Impugnazione revoca confisca: appello, non cassazione

La Corte di Cassazione chiarisce che per una decisione su un’istanza di revoca di una confisca di prevenzione, emessa sotto la vigenza della Legge 1423/1956, il corretto rimedio processuale è l’appello e non il ricorso per cassazione. In applicazione del principio di conservazione degli atti giuridici (favor impugnationis), la Corte ha riqualificato l’impugnazione errata, disponendo la trasmissione degli atti alla competente Corte d’Appello.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Revoca Confisca: la Cassazione chiarisce la via corretta

Quando si affronta un’istanza per la revoca di una misura di prevenzione patrimoniale, come la confisca, la scelta dello strumento processuale corretto è fondamentale. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato in materia di impugnazione revoca confisca, chiarendo quale sia il mezzo di gravame esperibile contro il rigetto di un’istanza basata sulla normativa previgente al Codice Antimafia. La decisione sottolinea l’importanza del principio di conservazione degli atti giuridici e del favor impugnationis.

I Fatti del Caso: una Lunga Vicenda Giudiziaria

Il caso trae origine da una misura di prevenzione della confisca applicata nel 2007 e divenuta irrevocabile nel 2013, nei confronti di una persona ritenuta socialmente pericolosa. Successivamente, la stessa persona e i suoi familiari venivano assolti dall’accusa di partecipazione ad un’associazione di stampo mafioso. Sulla base di queste assoluzioni, veniva presentata una prima istanza di revoca della confisca nel 2014, che però veniva rigettata dal Tribunale di Napoli nel 2015.

Nel 2023, veniva presentata una nuova istanza, sempre fondata sull’intervenuta irrevocabilità delle sentenze di assoluzione. Anche questa seconda richiesta veniva respinta dal Tribunale, il quale la considerava una mera reiterazione della precedente e riteneva che le assoluzioni non costituissero “prove nuove” idonee a giustificare una revoca ex tunc della misura.

L’impugnazione della revoca confisca e l’errore processuale

Contro quest’ultima ordinanza di rigetto, la parte interessata proponeva ricorso direttamente in Cassazione. Qui emerge la questione processuale centrale: era il ricorso per cassazione lo strumento corretto? La Corte di Cassazione ha risposto negativamente, rilevando un errore nella scelta del mezzo di impugnazione. La questione, infatti, non verteva sulla legittimità del provvedimento in sé, ma sulla corretta procedura da seguire per contestarlo.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha anzitutto precisato che la normativa applicabile al caso di specie era quella prevista dalla Legge n. 1423 del 1956, poiché la proposta di prevenzione era stata formulata prima dell’entrata in vigore del Codice Antimafia (D.Lgs. n. 159/2011).

Basandosi su un orientamento giurisprudenziale costante e consolidato, la Cassazione ha affermato che avverso il provvedimento del Tribunale che decide su un’istanza di revoca della confisca ai sensi dell’art. 7 della Legge n. 1423/1956, il mezzo di impugnazione esperibile è l’appello, non il ricorso per cassazione. Questa soluzione si fonda sull’applicazione analogica della disciplina prevista dall’art. 4 della medesima legge per l’impugnazione del decreto di applicazione della misura.

Di fronte a un ricorso erroneamente qualificato, la Corte non ha dichiarato l’inammissibilità, ma ha applicato il principio generale della conservazione degli atti giuridici e del favor impugnationis, sancito dall’art. 568, comma 5, del codice di procedura penale. Tale principio impone che, se un’impugnazione viene proposta a un giudice incompetente, questi deve trasmettere gli atti al giudice competente. Pertanto, la Corte ha qualificato l’impugnazione come appello e ha disposto la trasmissione del fascicolo alla Corte di Appello di Napoli, che è il giudice funzionalmente competente a decidere nel merito.

Conclusioni: il Principio del ‘Favor Impugnationis’ e la Conversione dell’Atto

Questa ordinanza offre un’importante lezione di diritto processuale. Sottolinea come, nel dubbio, il sistema giuridico tenda a preservare la validità dell’atto di impugnazione per garantire la massima tutela del diritto di difesa. La corretta individuazione del mezzo di gravame è essenziale per evitare ritardi e pronunce di inammissibilità. In questo caso, l’intervento della Cassazione ha corretto l’errore procedurale, riqualificando l’atto e rimettendo la causa al giudice naturale, la Corte d’Appello, che dovrà ora esaminare nel merito le ragioni alla base della richiesta di revoca della confisca. La decisione finale spetterà quindi al giudice di secondo grado, che valuterà se le assoluzioni penali possano effettivamente incidere sulla misura di prevenzione patrimoniale precedentemente disposta.

Qual è il mezzo di impugnazione corretto contro un’ordinanza che rigetta la revoca di una confisca di prevenzione disposta prima del Codice Antimafia?
Secondo la giurisprudenza costante della Corte di Cassazione, il mezzo di impugnazione corretto è l’appello davanti alla Corte d’Appello, e non il ricorso per cassazione. Questo per applicazione analogica dell’art. 4 della Legge n. 1423 del 1956.

Cosa succede se si propone ricorso per cassazione invece dell’appello?
In applicazione del principio del favor impugnationis e della conservazione degli atti giuridici (art. 568, comma 5, c.p.p.), la Corte di Cassazione non dichiara l’inammissibilità del ricorso, ma lo riqualifica come appello e dispone la trasmissione degli atti alla Corte d’Appello competente.

L’assoluzione dall’accusa di associazione mafiosa è sufficiente per ottenere automaticamente la revoca della confisca di prevenzione?
Il provvedimento non decide nel merito, ma riporta la posizione del Tribunale, il quale ha ritenuto che le sentenze di assoluzione non costituissero “prove nuove” tali da legittimare la revoca “ex tunc” della misura. La questione sarà ora riesaminata nel merito dalla Corte d’Appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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