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Impugnazione provvedimento magistrato: la Cassazione

Un detenuto ha presentato ricorso in Cassazione contro l’ordinanza di un magistrato di sorveglianza che non si pronunciava sulla sua richiesta di impedire il trattenimento di lettere scritte al computer. La Corte di Cassazione ha dichiarato che l’impugnazione del provvedimento del magistrato doveva essere presentata come reclamo al Tribunale di Sorveglianza. Pertanto, ha riqualificato il ricorso in reclamo e ha trasmesso gli atti al giudice competente, applicando il principio della conversione del mezzo di impugnazione errato.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Provvedimento Magistrato: Guida alla Procedura Corretta

L’ordinanza in esame chiarisce un punto fondamentale della procedura penitenziaria: la corretta via per l’impugnazione di un provvedimento del magistrato di sorveglianza. La Corte di Cassazione, con una decisione di rito, riqualifica un ricorso errato e lo indirizza al giudice competente, offrendo una lezione pratica sul principio di conversione degli atti processuali. Questo caso nasce dalla richiesta di un detenuto riguardo al controllo sulla sua corrispondenza redatta al computer, ma si evolve in una questione prettamente procedurale di grande importanza.

I Fatti del Caso: La Richiesta sulla Corrispondenza Informatica

Un detenuto si era rivolto al Magistrato di Sorveglianza di Novara chiedendo di ordinare all’amministrazione penitenziaria di non trattenere le sue lettere solo perché scritte al computer. Il magistrato aveva risposto con un’ordinanza di “non luogo a provvedere”, sostenendo che la richiesta interferiva con il dovere dell’amministrazione di effettuare controlli sulla corrispondenza in uscita, indipendentemente dal mezzo con cui fosse stata redatta.

Contro questa decisione, il detenuto, tramite il suo difensore, ha proposto direttamente ricorso per Cassazione, lamentando la violazione degli articoli 18-ter e 35-bis dell’ordinamento penitenziario. A suo avviso, il magistrato, non pronunciandosi, aveva implicitamente autorizzato l’amministrazione a continuare a trattenere le sue missive.

La Corretta Impugnazione del Provvedimento del Magistrato

Il cuore della pronuncia della Corte non risiede nel merito della richiesta del detenuto, ma nell’errore procedurale commesso. La Corte sottolinea che la legge penitenziaria (in particolare gli artt. 69 e 35-bis) prevede una specifica procedura per contestare i provvedimenti del Magistrato di Sorveglianza. Tale procedura è il reclamo, da presentarsi non alla Corte di Cassazione, ma al Tribunale di Sorveglianza.

Il ricorso per Cassazione è ammesso, ma solo in un momento successivo, ovvero contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza e unicamente per motivi di violazione di legge.

La Decisione della Cassazione: Riqualificazione e Trasmissione degli Atti

Di fronte a un’impugnazione presentata a un giudice incompetente, la Corte non dichiara semplicemente l’inammissibilità. Applica invece il principio generale sancito dall’art. 568, comma 5, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, quando un atto di impugnazione è proposto a un giudice non competente, quest’ultimo deve trasmetterlo a quello corretto.

La Corte verifica la sussistenza di due condizioni:
1. L’oggettiva impugnabilità del provvedimento (la decisione del magistrato era effettivamente contestabile).
2. L’esistenza di una “voluntas impugnationis”, ovvero la chiara intenzione della parte di contestare la decisione, al di là dell’errore formale sul mezzo utilizzato.

Accertate entrambe le condizioni, la Corte ha qualificato il ricorso come reclamo e ha ordinato la trasmissione di tutti gli atti al Tribunale di Sorveglianza di Torino, che sarà il giudice competente a decidere nel merito della questione sollevata dal detenuto.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una rigorosa applicazione delle norme procedurali. La Suprema Corte ribadisce la gerarchia dei mezzi di impugnazione in materia di sorveglianza. L’articolo 35-bis dell’ordinamento penitenziario delinea un percorso a due gradi: prima il reclamo al Tribunale di Sorveglianza avverso le decisioni del singolo magistrato, e solo successivamente l’eventuale ricorso per Cassazione contro la decisione del Tribunale. Presentare ricorso direttamente in Cassazione costituisce un “salto” di un grado di giudizio non consentito dalla legge. La scelta di riqualificare l’atto anziché dichiararlo inammissibile si basa sul principio del favor impugnationis e sull’economia processuale, garantendo che la volontà della parte di ottenere una revisione giudiziaria non venga frustrata da un errore tecnico, purché l’intento sia inequivocabile. La citazione della sentenza delle Sezioni Unite (n. 45371/2001) rafforza questa interpretazione, consolidando un approccio che privilegia la sostanza sulla forma.

Le conclusioni

In conclusione, questa ordinanza offre un importante promemoria per gli operatori del diritto: la scelta del corretto mezzo di impugnazione è cruciale. L’errore può non essere fatale, grazie a principi come quello della conversione dell’atto, ma conoscere la procedura corretta evita ritardi e incertezze. La decisione della Cassazione, pur essendo di natura puramente processuale, garantisce al detenuto il diritto a un riesame effettivo della sua istanza da parte del giudice competente, ripristinando il corretto iter legale previsto dal legislatore. Il caso verrà ora esaminato nel merito dal Tribunale di Sorveglianza di Torino.

Come si contesta un provvedimento del Magistrato di Sorveglianza?
La decisione del Magistrato di Sorveglianza si contesta attraverso un reclamo da presentare al Tribunale di Sorveglianza, come previsto dagli artt. 35-bis e 69 dell’ordinamento penitenziario.

Cosa accade se si presenta un ricorso a un giudice non competente?
Se viene utilizzato un mezzo di impugnazione errato ma è chiara la volontà di contestare il provvedimento (voluntas impugnationis), il giudice che riceve l’atto lo riqualifica come corretto e lo trasmette al giudice competente per la decisione, in applicazione dell’art. 568, comma 5, c.p.p.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una decisione in materia di sorveglianza?
Sì, ma solo contro le decisioni del Tribunale di Sorveglianza (e non del singolo Magistrato di Sorveglianza), per motivi di violazione di legge e nel termine di quindici giorni dalla notificazione della decisione stessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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