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Impugnazione penale: onere di indicare il domicilio

La Corte di Cassazione conferma l’inammissibilità di un appello a causa della mancata indicazione specifica del domicilio nell’atto di impugnazione penale. La Corte ha stabilito che la semplice menzione del domicilio nella sentenza impugnata non è sufficiente a soddisfare l’onere previsto dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., poiché è necessario un richiamo espresso e specifico da parte dell’appellante per garantire la certezza della notificazione.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Penale: l’Importanza della Corretta Indicazione del Domicilio

L’esito di un processo non dipende solo dalla sostanza delle argomentazioni, ma anche dal rigoroso rispetto delle forme. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce questo principio fondamentale in materia di impugnazione penale, chiarendo i requisiti di ammissibilità dell’appello legati all’indicazione del domicilio. La decisione sottolinea come un’omissione, apparentemente di poco conto, possa precludere l’accesso a un intero grado di giudizio, con conseguenze decisive per l’imputato.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato in primo grado dal Tribunale di Ascoli Piceno per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, proponeva appello tramite il proprio difensore. La Corte di appello di Ancona, tuttavia, dichiarava l’impugnazione inammissibile. La ragione? L’atto di appello non conteneva una dichiarazione o elezione di domicilio, né indicava in modo puntuale una precedente dichiarazione presente agli atti. Questo adempimento è richiesto dall’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale, per consentire la notifica del decreto di citazione a giudizio all’imputato.

Contro questa decisione, l’imputato ricorreva in Cassazione, sostenendo due principali motivi: primo, al momento della sentenza di primo grado era detenuto, circostanza che a suo dire rendeva inapplicabile la norma; secondo, la sua elezione di domicilio era già chiaramente visibile nell’intestazione della sentenza appellata, rendendo superflua un’ulteriore e specifica indicazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, confermando la decisione della Corte d’appello e dichiarando inammissibile l’appello. I giudici hanno chiarito che gli argomenti difensivi non erano fondati e che la Corte territoriale aveva applicato correttamente la legge processuale.

Le ragioni dell’inammissibilità dell’impugnazione penale

La Corte di Cassazione ha basato la propria decisione su principi consolidati, richiamando una precedente e fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 13808 del 2025). Queste ultime avevano stabilito che, per le impugnazioni proposte prima del 25 agosto 2024 (data di abrogazione della norma specifica), la disposizione dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. richiede un adempimento preciso.

Non è sufficiente che il domicilio dell’imputato sia rintracciabile in qualche atto del fascicolo, come la sentenza di primo grado. La norma, infatti, impone all’appellante l’onere di inserire nell’atto di impugnazione un richiamo espresso e specifico a una precedente dichiarazione o elezione di domicilio, indicandone l’esatta collocazione nel fascicolo processuale. Lo scopo è quello di permettere alla cancelleria di individuare in modo immediato e inequivocabile il luogo dove notificare gli atti, senza dover compiere ricerche che potrebbero generare ritardi o errori.

L’indicazione del domicilio presente nell’intestazione della sentenza impugnata, hanno spiegato i giudici, è un’annotazione della cancelleria basata sugli atti disponibili in quel momento, ma potrebbe non essere più attuale al momento della presentazione dell’appello. L’imputato, infatti, potrebbe averla modificata. L’onere imposto dalla legge serve proprio a garantire che l’indirizzo utilizzato per le notifiche sia quello confermato dall’interessato al momento dell’impugnazione.

Infine, la Corte ha smontato l’argomento relativo allo stato di detenzione, rilevando che l’imputato era stato scarcerato ad aprile 2023, mentre la sentenza di primo grado era stata depositata a luglio 2023. Di conseguenza, al momento in cui è sorto il suo diritto di impugnare, egli non era più detenuto e avrebbe dovuto attenersi pienamente alle regole procedurali previste per i soggetti in stato di libertà.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla necessità di tutelare l’efficienza e la certezza del processo penale. L’introduzione dell’onere di indicazione del domicilio mirava a semplificare e velocizzare le procedure di notificazione, evitando che le cancellerie dovessero effettuare complesse ricerche nel fascicolo processuale con il rischio di errori. La norma, sebbene percepita come un mero formalismo, ha una finalità pratica ben precisa: garantire che l’imputato venga correttamente informato della pendenza del giudizio di appello e possa esercitare pienamente il suo diritto di difesa.

La Cassazione, seguendo l’interpretazione rigorosa delle Sezioni Unite, ha quindi ribadito che il richiamo al domicilio deve essere “espresso e specifico”, non potendo essere desunto implicitamente da altri atti. Questa interpretazione pone l’accento sulla responsabilità della parte che impugna, la quale deve collaborare attivamente per il corretto svolgimento del processo.

Conclusioni

Questa sentenza rappresenta un importante monito per gli operatori del diritto. Dimostra come, nel rito penale, il rispetto scrupoloso dei requisiti formali sia un presupposto imprescindibile per la tutela dei diritti sostanziali. L’omissione di un’indicazione apparentemente secondaria, come quella del domicilio nell’atto di appello, può determinare una sanzione processuale grave come l’inammissibilità, impedendo di fatto la revisione della condanna. Per la difesa, ciò significa prestare la massima attenzione nella redazione degli atti di gravame, verificando sempre la conformità alle disposizioni procedurali, anche a quelle che potrebbero sembrare meri formalismi.

Perché un appello è stato dichiarato inammissibile se il domicilio dell’imputato era indicato nella sentenza di primo grado?
Perché la legge (art. 581, comma 1-ter, c.p.p., nel testo applicabile al caso) richiede che l’atto di impugnazione contenga un richiamo espresso e specifico a una precedente elezione di domicilio, indicandone la collocazione nel fascicolo. La semplice presenza dell’indirizzo nell’intestazione della sentenza non è sufficiente, in quanto è un’annotazione della cancelleria che potrebbe non essere più attuale.

Lo stato di detenzione al momento della sentenza di primo grado esonera dall’obbligo di indicare il domicilio nell’atto di appello?
No, in questo caso specifico non era un motivo valido. La Corte ha rilevato che l’imputato era già stato scarcerato quando la sentenza è stata depositata e, quindi, quando è sorto il suo diritto di impugnare. Di conseguenza, era tenuto a rispettare le norme procedurali previste per le persone in stato di libertà.

Qual è la finalità della norma che impone di indicare il domicilio nell’atto di impugnazione?
La finalità è quella di garantire una notificazione rapida e certa del decreto di citazione a giudizio, consentendo alla cancelleria di individuare in modo immediato e inequivocabile il luogo corretto. Questo onere a carico dell’appellante serve a prevenire ritardi ed errori, tutelando l’efficienza del processo e il diritto di difesa dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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