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Impugnazione pena estinta: conversione in opposizione

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’impugnazione per pena estinta presentata dal Pubblico Ministero contro un’ordinanza del giudice dell’esecuzione deve essere riqualificata come opposizione. Il caso riguardava il rigetto di una richiesta di estinzione di una pena pecuniaria. La Corte, applicando il principio di conservazione degli atti, ha convertito il ricorso nell’appropriato rimedio dell’opposizione e ha rinviato gli atti al Tribunale di Torino per la prosecuzione del giudizio.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione pena estinta: la Cassazione converte il ricorso in opposizione

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, l’ordinanza n. 4901/2024, offre un importante chiarimento procedurale in materia di esecuzione penale. La questione centrale riguarda la corretta via da seguire quando si contesta una decisione del giudice dell’esecuzione sull’estinzione di una pena. La Suprema Corte ha ribadito che lo strumento corretto non è il ricorso per cassazione, bensì l’opposizione, procedendo a una conversione dell’ impugnazione per pena estinta presentata erroneamente.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da una richiesta del Pubblico Ministero presso il Tribunale di Torino. Il PM aveva chiesto al giudice dell’esecuzione di dichiarare estinta per decorso del tempo una pena pecuniaria (un’ammenda di cinquemila euro) inflitta a un soggetto per la violazione della normativa sull’immigrazione. La condanna era divenuta definitiva diversi anni prima.

Il Tribunale di Torino, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva però rigettato la richiesta. La motivazione del rigetto si basava sul fatto che il condannato si fosse volontariamente sottratto all’esecuzione della pena, la quale era già formalmente iniziata con l’iscrizione a ruolo del debito.

Contro questa decisione, il Pubblico Ministero ha proposto ricorso diretto alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge e l’illogicità della motivazione.

La corretta procedura per l’impugnazione per pena estinta

La Corte di Cassazione, prima di esaminare il merito della questione, si è soffermata su un aspetto puramente procedurale, rivelatosi decisivo. I giudici hanno stabilito che il ricorso per cassazione era un rimedio errato.

La legge, in particolare l’articolo 676 del codice di procedura penale, stabilisce che le questioni relative all’estinzione del reato o della pena dopo la condanna sono di competenza del giudice dell’esecuzione. Questo stesso articolo rinvia, per la procedura, all’articolo 667, comma 4, del medesimo codice. Tale norma prevede espressamente che contro l’ordinanza del giudice dell’esecuzione in queste materie, lo strumento processuale corretto sia l’opposizione, da presentarsi davanti allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha spiegato che il rimedio dell’opposizione ha un carattere esclusivo e inderogabile. Ciò significa che è l’unica via percorribile, sia che il giudice abbia deciso de plano (cioè senza udienza), sia che lo abbia fatto dopo aver instaurato un contraddittorio tra le parti.

La ratio di questa scelta legislativa è chiara: garantire una tutela più ampia e completa. L’opposizione, infatti, avvia un procedimento incidentale davanti allo stesso giudice di merito, il quale ha una piena cognizione dei fatti e delle doglianze e può esaminare tutte le questioni nel dettaglio. Al contrario, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, il cui esame è limitato alle sole violazioni di legge e non può riesaminare i fatti. Permettere un ricorso diretto in Cassazione priverebbe le parti di un grado di giudizio nel merito.

Conclusioni: il principio di conservazione degli atti

Nonostante l’errore procedurale del Pubblico Ministero, la Corte non ha dichiarato inammissibile il ricorso. Ha invece applicato il principio generale di conservazione degli atti giuridici, noto come favor impugnationis e codificato nell’articolo 568, comma 5, del codice di procedura penale. Questo principio consente di convertire un’impugnazione erronea in quella corretta, a condizione che ne abbia i requisiti di forma e sostanza.

Di conseguenza, la Suprema Corte ha qualificato l’impugnazione come opposizione e ha disposto la trasmissione degli atti al Tribunale di Torino. Sarà quindi lo stesso giudice dell’esecuzione a dover esaminare nuovamente la questione, seguendo questa volta il rito corretto dell’incidente di esecuzione, garantendo il pieno contraddittorio tra le parti.

Qual è il rimedio corretto contro un’ordinanza del giudice dell’esecuzione in materia di estinzione della pena?
Il rimedio corretto è l’opposizione, da proporre davanti allo stesso giudice che ha emesso l’ordinanza, come previsto dall’art. 667, comma 4, del codice di procedura penale.

Perché il ricorso per cassazione diretto è considerato errato in questi casi?
Perché la legge prevede un rimedio specifico ed esclusivo, l’opposizione, che garantisce un riesame completo nel merito da parte del giudice dell’esecuzione. Il ricorso per cassazione, essendo un giudizio di sola legittimità, priverebbe le parti di un grado di giudizio.

Cosa accade se si propone un ricorso per cassazione invece di un’opposizione?
In applicazione del principio di conservazione degli atti giuridici (favor impugnationis), la Corte di Cassazione non dichiara l’inammissibilità del ricorso, ma lo converte nel rimedio corretto, ovvero l’opposizione, e trasmette gli atti al giudice competente per la prosecuzione del procedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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