Impugnazione patteggiamento rigettato: la Cassazione chiarisce i rimedi
Quando un giudice respinge una richiesta di patteggiamento, l’imputato può ricorrere immediatamente in Cassazione? Con una recente ordinanza, la Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale, chiarendo quali sono i tempi e i modi corretti per contestare tale decisione. La questione centrale riguarda l’impugnazione patteggiamento rigettato e la sua non immediata appellabilità, un concetto cruciale per la strategia difensiva.
I fatti di causa
Il caso ha origine da un ricorso presentato da un imputato, accusato di un reato contro la persona (artt. 56 e 575 c.p.), avverso un’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale. Il GIP aveva dichiarato inammissibile la richiesta di applicazione della pena su richiesta delle parti, comunemente nota come patteggiamento, avanzata dall’imputato stesso.
Ritenendo errata la decisione del GIP, la difesa ha proposto ricorso immediato per cassazione, cercando di ottenere l’annullamento dell’ordinanza di rigetto.
La decisione della Cassazione sull’impugnazione patteggiamento rigettato
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l’ordinanza che respinge o dichiara inammissibile una richiesta di patteggiamento non è un provvedimento definitivo e, pertanto, non può essere impugnata immediatamente.
Gli Ermellini hanno specificato che questo tipo di provvedimento non è nemmeno qualificabile come “abnorme”, una categoria che eccezionalmente ne consentirebbe l’impugnazione immediata. Il ricorso è stato quindi respinto de plano, ovvero senza una discussione in udienza, data la sua manifesta infondatezza, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Le motivazioni della Corte
La motivazione della Corte si articola su un punto centrale: la legge prevede un rimedio specifico, sebbene differito nel tempo, contro il rigetto della richiesta di patteggiamento. Il provvedimento del GIP non è definitivo perché non conclude il procedimento. Al contrario, il processo prosegue con il rito ordinario.
La Corte ha spiegato che il potere di impugnazione è riconosciuto, ma può essere esercitato solo in un momento successivo. Nello specifico, l’imputato la cui richiesta di patteggiamento è stata illegittimamente respinta potrà appellare la sentenza di condanna emessa al termine del giudizio di primo grado. In quella sede, potrà sollevare, tra i motivi di appello, anche la questione relativa all’erroneo rigetto della sua richiesta di rito alternativo.
Questo principio è supportato da precedenti sentenze, come la n. 33764 del 2021, citata nell’ordinanza, che rafforza la tesi secondo cui l’ordinanza di rigetto non ha carattere di definitività e non crea una stasi processuale irrimediabile. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. b) del codice di procedura penale.
Conclusioni: implicazioni pratiche
La decisione in commento offre un’importante lezione pratica per gli operatori del diritto. Tenta di forzare un’impugnazione del patteggiamento rigettato prima della conclusione del primo grado di giudizio è una strategia destinata al fallimento. La via corretta è quella di proseguire nel processo e, solo in caso di una sentenza di condanna, utilizzare lo strumento dell’appello per far valere le proprie ragioni, inclusa quella relativa al mancato accoglimento della richiesta di patteggiamento. Questa ordinanza conferma la necessità di seguire scrupolosamente i percorsi procedurali stabiliti dal codice, evitando ricorsi prematuri che comportano unicamente una declaratoria di inammissibilità e l’addebito di spese.
È possibile fare ricorso in Cassazione se il GIP rigetta la richiesta di patteggiamento?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’ordinanza con cui il GIP rigetta o dichiara inammissibile una richiesta di patteggiamento non è immediatamente impugnabile, nemmeno per abnormità.
Qual è il rimedio corretto contro il rigetto di una richiesta di patteggiamento?
Il rimedio corretto, come indicato nel provvedimento, è attendere la fine del giudizio di primo grado e, in caso di condanna, appellare la sentenza, sollevando tra i motivi di appello anche l’illegittimità del rigetto della richiesta di patteggiamento.
Cosa significa che il ricorso è stato dichiarato inammissibile ‘de plano’?
Significa che la Corte ha preso la sua decisione di inammissibilità senza la necessità di una pubblica udienza, basandosi unicamente sugli atti scritti, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, data la manifesta infondatezza del ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1341 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1341 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FAGGIANO il 30/06/1954
avverso l’ordinanza del 07/06/2024 del GIP TRIBUNALE di TARANTO
dato avlo alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO
che NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale è stata dichiarata inammissibile l richiesta di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444, cod. proc. pen., avanzata predetto, imputato del reato di cui gli artt. 56 e 575, cod. proc. pen.;
CONSIDERATO
che l’ordinanza di rigetto – e dunque anche quella di inammissibilità avente gli stessi effe – della richiesta di patteggiamento non è immediatamente impugnabile, nemmeno per abnormità, trattandosi di provvedimento non definitivo in relazione al quale è riconosciuto un potere impugnatorio specifico, benché differito, essendo consentito appellare la sentenza di primo grado che, all’esito del giudizio di primo grado, non abbia riconosciuto la legittimità de predetta richiesta (fra le altre, Sez. 6, n. 33764 del 21/06/2021, COGNOME, Rv. 281933 – 01);
RITENUTO
pertanto, che ricorrendo l’ipotesi di cui all’art. 591, comma 1 lett. b), cod. proc. pen, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, de plano, a norma dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma determinata in euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non potendosi escludere profili di colpa;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 24 ottobre 2024.