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Impugnazione patteggiamento: limiti ex art. 448 cpp

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 4072/2025, ha dichiarato inammissibile un ricorso contro una sentenza di patteggiamento. La decisione ribadisce i rigidi limiti all’impugnazione del patteggiamento, stabiliti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La Corte ha chiarito che un presunto vizio di motivazione relativo alla mancata applicazione di una causa di proscioglimento non rientra tra i motivi tassativamente previsti dalla legge, confermando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Patteggiamento: Quando la Cassazione Dichiara il Ricorso Inammissibile

L’impugnazione patteggiamento rappresenta un’area del diritto processuale penale di particolare delicatezza. La possibilità di contestare una sentenza emessa a seguito di un accordo tra accusa e difesa è, infatti, soggetta a limiti molto stringenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire quali sono i motivi per cui un ricorso può essere respinto senza nemmeno un esame nel merito.

Il Caso: Un Ricorso Contro la Sentenza di Patteggiamento

Nel caso in esame, un imputato aveva proposto ricorso per Cassazione avverso una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (comunemente nota come ‘patteggiamento’). Il ricorrente lamentava, tra le altre cose, un vizio di motivazione della sentenza. In particolare, sosteneva che il giudice di primo grado non avesse adeguatamente verificato la possibile sussistenza di cause di proscioglimento, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale, prima di ratificare l’accordo sulla pena.

I Limiti all’Impugnazione del Patteggiamento secondo la Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione sull’interpretazione rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la riforma del 2017, ha drasticamente ridotto le possibilità di impugnare una sentenza di patteggiamento.

La legge elenca tassativamente i soli motivi per cui è possibile ricorrere, tra cui:
* Mancata espressione del consenso da parte dell’imputato.
* Errata qualificazione giuridica del fatto, se ha portato a una pena più grave.
* Illegalità della pena irrogata.

La Corte ha specificato che il motivo sollevato dal ricorrente – ossia un presunto vizio di motivazione sulla verifica delle cause di non punibilità – non rientra in questo elenco. Non si tratta di una ‘difformità’ tra la richiesta delle parti e la decisione del giudice, né di un vizio legato alla volontà dell’imputato o all’illegalità della sanzione, come definita dalle Sezioni Unite nella nota sentenza ‘Jazouli’ del 2015.

Le Motivazioni della Decisione

La ratio della norma e della decisione della Cassazione è chiara: il patteggiamento è un accordo processuale che mira a una rapida definizione del giudizio. Consentire un’ampia facoltà di impugnazione ne vanificherebbe lo scopo. La legge, quindi, ha volutamente circoscritto il controllo della Cassazione a vizi macroscopici e ben definiti.

La Corte ha ribadito che il controllo sulla motivazione del giudice che applica il patteggiamento è limitato. Non è possibile, in sede di legittimità, rimettere in discussione l’accordo raggiunto tra le parti sollevando questioni che non rientrano nel perimetro tracciato dall’art. 448, comma 2-bis c.p.p. La richiesta del ricorrente, essendo estranea al patto raggiunto e non vincolante per la sua efficacia, non poteva costituire un valido motivo di ricorso.

Le Conclusioni: Inammissibilità e Condanna alle Spese

L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Come conseguenza diretta, ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende. Questa decisione sottolinea le gravi conseguenze economiche di un’impugnazione infondata. In pratica, chi intende procedere con un’impugnazione patteggiamento deve essere consapevole che i margini di successo sono estremamente ridotti e limitati a specifiche violazioni di legge, con il rischio concreto di subire ulteriori sanzioni in caso di rigetto.

È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale limita l’impugnazione a specifici e tassativi motivi, come problemi legati al consenso dell’imputato, un’errata qualificazione giuridica del fatto che ha portato a una pena più grave o l’illegalità della pena applicata.

Un vizio di motivazione sulla mancata assoluzione è un motivo valido per ricorrere in Cassazione contro un patteggiamento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, un vizio di motivazione relativo alla mancata verifica delle cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) non rientra tra i motivi tassativamente indicati dalla legge e, pertanto, non costituisce una base valida per l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento.

Cosa succede se il ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale. Nel caso specifico, la somma era di tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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