Impugnazione Patteggiamento: I Limiti Imposti dalla Legge
L’impugnazione del patteggiamento è un tema di grande rilevanza nella procedura penale, poiché definisce i confini entro cui un imputato può contestare una sentenza frutto di un accordo con la pubblica accusa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i limiti a tale facoltà, chiarendo quali motivi di ricorso sono ammissibili e quali, invece, destinati a essere dichiarati inammissibili. Analizziamo la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso in Esame
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (comunemente nota come patteggiamento), emessa dal Tribunale di Lecco. L’imputato lamentava un vizio di motivazione della sentenza in relazione alla pena che gli era stata irrogata. In sostanza, egli non contestava l’accordo in sé, ma il modo in cui il giudice aveva giustificato la misura della sanzione penale applicata.
L’Impugnazione del Patteggiamento e la Decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la riforma del 2017, ha limitato in modo significativo le possibilità di impugnare le sentenze di patteggiamento.
Secondo i giudici di legittimità, il legislatore ha volutamente circoscritto i motivi di ricorso a un elenco tassativo di violazioni di legge, escludendo la possibilità di contestare la sentenza per vizi legati alla motivazione sulla congruità della pena. Pertanto, un ricorso basato su tale doglianza non può essere accolto.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha spiegato che l’articolo 448, comma 2-bis, c.p.p. limita l’impugnabilità della pronuncia di patteggiamento alle sole ipotesi di violazione di legge indicate specificamente nella norma. Tra queste non rientra il vizio di motivazione sulla quantificazione della pena. La logica della riforma è quella di dare stabilità agli accordi raggiunti tra accusa e difesa, evitando che il patteggiamento diventi un’anticamera per ulteriori contestazioni nel merito.
La Cassazione ha inoltre precisato che la pena applicata nel caso di specie non poteva essere considerata ‘illegale’. Una pena è illegale quando non è prevista dall’ordinamento giuridico per quel tipo di reato o quando la sua determinazione viola precise disposizioni di legge (ad esempio, superando i limiti massimi edittali). Un semplice difetto nella motivazione, invece, non rende la pena illegale nei termini stabiliti dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite (sentenza n. 33040 del 2015, nota come ‘Jazouli’). Di conseguenza, non essendo la pena illegale e non rientrando il vizio di motivazione tra i motivi ammessi, il ricorso non aveva alcun fondamento per essere esaminato nel merito.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato e offre importanti spunti pratici. Chi sceglie la via del patteggiamento deve essere consapevole che le possibilità di contestare successivamente la sentenza sono estremamente ridotte. La scelta dell’accordo sulla pena deve essere ponderata attentamente, poiché una volta omologato dal giudice, diventa quasi definitivo. Il ricorso in Cassazione è un rimedio eccezionale, esperibile solo per gravi violazioni di legge e non per rimettere in discussione la congruità della pena concordata. La decisione ribadisce l’importanza della stabilità degli accordi processuali e la natura deflattiva del rito del patteggiamento, chiudendo la porta a impugnazioni dilatorie o pretestuose.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per un vizio di motivazione sulla quantificazione della pena?
No, secondo l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, il vizio di motivazione relativo alla pena irrogata non rientra tra i motivi ammessi per l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento.
Quali sono i motivi per cui si può ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è limitato alle sole ipotesi di violazione di legge tassativamente indicate dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., che non includono il riesame della congruità o della motivazione della pena concordata, a meno che essa non sia ‘illegale’.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Come previsto dall’art. 616 c.p.p., alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso seguono la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33896 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33896 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 07/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a LECCO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/02/2025 del TRIBUNALE di LECCO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME NOME; COGNOME l
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che deve ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca, come nel caso di specie, un vizio di motivazione dell sentenza in relazione alla pena irrogata atteso che l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, limita l’impugnabilità della pronuncia alle s ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate, tra le quali non può annoverar quella ora in disamina, che non attiene all’irrogazione di una pena che possa definirsi illegale termini tracciati dalle indicazioni di principio espresse dalle sezioni unite di questa Corte c sentenza n. 33040 del 2015 (COGNOME);
rilevato che all’inammissibilità del ricorso, dichiarata de plano ai sensi dell’art. 610, co 5bis cod.proc.pen. fanno seguito le pronunce di cui all’art. 616 dello stesso codice;
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 7 luglio 2025 .