Impugnazione Patteggiamento: La Cassazione e i Limiti del Ricorso
L’impugnazione patteggiamento è un tema di grande rilevanza pratica nella procedura penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini molto stringenti entro cui è possibile contestare una sentenza emessa a seguito di accordo tra le parti. La decisione analizza un caso in cui un imputato, dopo aver patteggiato la pena per reati legati agli stupefacenti e alla ricettazione, ha tentato di rimettere in discussione la sentenza, lamentando che il giudice non avesse valutato la possibilità di un proscioglimento. Vediamo come si è espressa la Suprema Corte.
I Fatti del Caso: Dal Patteggiamento al Ricorso
Il caso ha origine da una sentenza del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Taranto, con cui veniva applicata una pena su richiesta delle parti (il cosiddetto patteggiamento) a un imputato per i reati previsti dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti e dall’art. 648 del codice penale (ricettazione).
Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo un vizio di motivazione. In particolare, si lamentava che il GIP avesse omesso di valutare la sussistenza delle condizioni per pronunciare una sentenza di proscioglimento immediato, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.
La Normativa di Riferimento sull’Impugnazione del Patteggiamento
Il punto centrale della questione risiede nell’interpretazione dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta per deflazionare il carico della Corte di Cassazione e dare maggiore stabilità alle sentenze di patteggiamento, delimita in modo tassativo i motivi per cui è possibile ricorrere. A differenza del regime ordinario di impugnazione (art. 606 c.p.p.), quello per il patteggiamento è molto più restrittivo.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una chiara spiegazione dei limiti all’impugnazione patteggiamento. I giudici hanno affermato che la nuova previsione dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. ha creato un sistema speciale che deroga alla disciplina generale dei ricorsi.
Il controllo di legalità della Corte è ammesso solo per ipotesi specifiche e tassative, quali:
* Problemi legati all’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
* Mancata correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa.
* Errata qualificazione giuridica del fatto contestato.
* Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
La censura mossa dal ricorrente, relativa alla presunta omessa valutazione delle condizioni per un proscioglimento ex art. 129 c.p.p., non rientra in nessuna di queste categorie. Si tratta, infatti, di una critica che attiene al merito della valutazione del giudice, un ambito precluso al sindacato di legittimità nei casi di patteggiamento. La Corte ha quindi stabilito che il ricorso era stato presentato per ragioni non più consentite dalla legge.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione
L’ordinanza ha conseguenze pratiche molto importanti. Innanzitutto, conferma la volontà del legislatore di rendere il patteggiamento una scelta processuale tendenzialmente definitiva. Chi sceglie questa strada deve essere consapevole che le possibilità di rimettere in discussione la sentenza sono estremamente limitate.
In secondo luogo, la declaratoria di inammissibilità ha comportato non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro a favore della cassa delle ammende. Questa sanzione, prevista dall’art. 616 c.p.p., è motivata dalla colpa del ricorrente nell’aver intrapreso un’azione legale basata su motivi palesemente infondati alla luce della normativa vigente. La decisione funge quindi da monito contro i ricorsi dilatori o esplorativi, rafforzando l’efficienza del sistema giudiziario.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, l’impugnazione è possibile solo per i motivi tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che non includono un generico vizio di motivazione sull’omessa valutazione delle condizioni per il proscioglimento.
Quali sono i motivi validi per impugnare un patteggiamento secondo la Cassazione?
Secondo la decisione, i motivi validi riguardano violazioni specifiche di legge come problemi nell’espressione della volontà dell’imputato, un difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, l’erronea qualificazione giuridica del fatto, o l’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile contro un patteggiamento?
Oltre alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (nel caso specifico, 3.000 euro) a favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33452 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33452 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a TARANTO il 10/12/1982
avverso la sentenza del 10/04/2025 del GIP TRIBUNALE di TARANTO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RG. 15339/25
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso presentato dal difensore di NOME COGNOME contro la sentenza n. 476/2025 con cui il Gip presso il Tribunale di Taranto ha applicato in data 10 aprile 2025 la pena ex 444 cod. proc. pen. per i reati di cui agli artt. di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 1990 n. 309 e 648 c.p., è inammissibile.
Con il ricorso si impugna l’anzidetta sentenza di patteggiamento, deducendo il vizio motivazione per l’omessa valutazione da parte del giudice delle condizioni per pronunziar sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. con censure che non rientrano fra casi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.
La nuova previsione di legge, in deroga ai casi di ricorso regolati dalla disciplina generale all’art. 606 cod. proc. pen., delimita l’impugnazione riducendola ai soli casi tassativa indicati che attengono ad ipotesi specifiche di violazione di legge, ammettendo il control legalità solo quando siano state violate le disposizioni che riguardano l’espressione d volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, l’erronea qualif giuridica del fatto, l’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
L’inammissibilità del ricorso va dichiarata senza formalità di rito e con trattazione cameral partecipata, con ordinanza ex art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Rv. 272014; Sez. 6, n. 8912 del 20/02/2018, Rv. 272389).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento del spese processuali, nonché, ex art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa n determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso, al versamento del somma di euro tremila a favore della cassa delle ammende, che si ritiene equa considerando che il ricorso è stato esperito per ragioni non più consentite dalla legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende
Così deciso il 26 settembre 2025
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Il Consigliere estensore
Il Presidente