Impugnazione Patteggiamento: La Cassazione Conferma i Rigidi Limiti
L’istituto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, comunemente noto come ‘patteggiamento’, rappresenta uno strumento fondamentale di economia processuale. Tuttavia, la scelta di questo rito alternativo comporta significative limitazioni, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di contestare la sentenza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini dell’impugnazione del patteggiamento, ribadendo quando un ricorso debba essere considerato inammissibile.
Il Caso: Un Ricorso Generico Contro la Sentenza di Patteggiamento
Il caso in esame trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Ancona. L’imputato, tramite il suo difensore, ha tentato di contestare la decisione, proponendo motivi di ricorso che la Suprema Corte ha rapidamente qualificato come generici e non consentiti dalla legge.
La questione centrale ruotava attorno alla natura delle censure mosse alla sentenza: si trattava di contestazioni che non rientravano nel perimetro, estremamente ristretto, dei vizi denunciabili in caso di patteggiamento.
I Limiti all’Impugnazione del Patteggiamento e la Decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 476/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato nel nostro ordinamento processuale penale: la sentenza che ratifica un accordo di patteggiamento gode di una stabilità quasi assoluta, e la sua impugnabilità è un’eccezione, non la regola.
La Corte ha specificato che l’accordo tra accusa e difesa, che sta alla base del patteggiamento, ha un effetto cruciale: esonera il pubblico ministero dall’onere di provare la colpevolezza dell’imputato. Di conseguenza, la motivazione della sentenza può essere molto sintetica, basandosi sulla descrizione del fatto, sulla corretta qualificazione giuridica e sulla verifica che non sussistano cause di proscioglimento immediato (art. 129 c.p.p.).
Le Motivazioni della Suprema Corte
Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma elenca tassativamente i motivi per cui è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Si tratta di un elenco chiuso, che non ammette interpretazioni estensive. Un ricorso è ammissibile solo se denuncia:
* L’errata espressione della volontà delle parti.
* La mancanza dei requisiti per la costituzione di parte civile.
* L’illegalità della pena applicata.
* L’inosservanza di norme processuali la cui violazione è sanzionata con la nullità.
* L’errata qualificazione giuridica del fatto.
Nel caso di specie, i motivi addotti dal ricorrente sono stati ritenuti ‘generici’ e ‘non consentiti’, poiché non rientravano in nessuna delle categorie sopra elencate. La Corte ha richiamato un suo precedente (Sentenza n. 1032 del 2019) per sottolineare come l’impugnazione sia limitata alle sole ipotesi di ‘violazione di legge’ espressamente indicate dalla norma. Qualsiasi altra censura, incluse quelle sulla valutazione dei fatti o sulla congruità della pena concordata (purché legale), è preclusa.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in commento offre un importante monito per la difesa. La scelta del patteggiamento deve essere attentamente ponderata, poiché rappresenta una rinuncia quasi definitiva alla possibilità di contestare nel merito la decisione del giudice. L’impugnazione del patteggiamento è una via strettissima, percorribile solo in presenza di vizi specifici e gravi, legati a violazioni di legge e non a una diversa valutazione delle circostanze. Questa pronuncia consolida l’orientamento della giurisprudenza volto a garantire la stabilità delle sentenze di patteggiamento, preservando così l’efficienza di questo rito processuale. Per gli imputati, ciò significa che l’assistenza di un legale esperto è cruciale per valutare se l’accordo sia la strategia più vantaggiosa e per comprendere appieno le conseguenze di tale scelta.
Perché il ricorso contro la sentenza di patteggiamento è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti erano generici e non rientravano nelle specifiche ipotesi di violazione di legge tassativamente previste dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, unici motivi per cui è consentito impugnare una sentenza di patteggiamento.
È sempre possibile appellare una sentenza emessa a seguito di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’impugnazione è limitata a un numero chiuso di motivi specificamente indicati dalla legge, come l’illegalità della pena o l’errata qualificazione giuridica del fatto. Non è possibile contestare la valutazione dei fatti o la congruità della pena pattuita, se rientra nei limiti legali.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 476 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 6 Num. 476 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato in Albania il 11/07/1990
avverso la sentenza del 13/06/2023 del Tribunale di Ancona;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
Ritenuto che il ricorso è inammissibile perché i motivi propongono censure non consentite. Anche a voler tacere della genericità dei motivi, va ribadito che, in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’accordo intervenuto esonera l’accusa dall’onere della prova e
comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerar sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto (anche deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione della c:orrettezza dell sua qualificazione giuridica, con il richiamo all’art. 129 cod. proc. pen. escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost. che l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indica (Sez. 6, Sentenza n. 1032 del 07/11/2019, COGNOME, Rv. 278337).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con procedura de plano, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29 novembre 2023
Il Consi.liere estensore
Il Priiente