Impugnazione Patteggiamento: Quando è Ammessa? La Cassazione Chiarisce
L’istituto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, meglio noto come patteggiamento, rappresenta uno strumento fondamentale di definizione alternativa dei procedimenti penali. Tuttavia, una volta raggiunta la sentenza, quali sono le reali possibilità di contestarla? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 4069/2025) offre un’analisi puntuale sui rigidi limiti posti all’impugnazione patteggiamento, confermando un orientamento ormai consolidato.
Il Caso in Esame: Un Ricorso Basato su Motivazione e Congruità della Pena
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare di Verona. Il ricorrente lamentava due vizi principali: un difetto di motivazione in merito alla verifica della non sussistenza di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) e la non congruità della pena applicata. In sostanza, si contestava al giudice di non aver adeguatamente spiegato perché l’imputato non dovesse essere assolto e di aver applicato una pena non equa.
I Rigidi Limiti all’Impugnazione Patteggiamento ex Art. 448 c.p.p.
La difesa dell’imputato si è scontrata con il muro normativo eretto dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto con la legge n. 103 del 2017. Questa norma ha drasticamente limitato i motivi per cui è possibile presentare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento. L’obiettivo del legislatore era quello di deflazionare il carico della Suprema Corte, impedendo ricorsi meramente dilatori o basati su motivi non essenziali.
Secondo tale disposizione, l’impugnazione patteggiamento è consentita solo per motivi che riguardano:
1. L’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, un consenso viziato).
2. Il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. L’erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. L’illegalità della pena irrogata.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha chiarito con fermezza che le doglianze del ricorrente non rientravano in nessuna delle categorie tassativamente previste dalla legge. I giudici hanno spiegato che un presunto vizio di motivazione sulla mancanza di cause di proscioglimento o sulla congruità della pena non costituisce un motivo valido per l’impugnazione. Questi aspetti, infatti, non attengono né a una ‘difformità’ tra richiesta e decisione, né a un vizio del consenso, né a un errore sulla qualificazione del fatto.
Inoltre, la Corte ha precisato che nemmeno il concetto di ‘pena illegale’ poteva essere invocato. Richiamando la fondamentale sentenza ‘Jazouli’ delle Sezioni Unite (n. 33040/2015), i giudici hanno ribadito che una pena è ‘illegale’ solo quando non è prevista dall’ordinamento giuridico o è determinata in modo non conforme alla legge, non quando è semplicemente ritenuta ‘non congrua’ dal ricorrente.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
L’ordinanza in esame consolida un principio cruciale: chi sceglie la via del patteggiamento accetta un percorso processuale che comporta una significativa rinuncia al diritto di impugnazione. La possibilità di contestare la sentenza è circoscritta a vizi gravi e specifici, che intaccano la struttura fondamentale dell’accordo o la legalità della pena. Non è possibile, in sede di Cassazione, rimettere in discussione l’opportunità della scelta processuale o la valutazione del giudice sulla congruità della pena concordata tra le parti. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia è un monito a ponderare con estrema attenzione la scelta del rito alternativo, informando compiutamente l’assistito sulle limitate vie di ricorso disponibili. La decisione di patteggiare è, a tutti gli effetti, una scelta quasi definitiva.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, l’impugnazione è consentita solo per i motivi tassativamente indicati dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, quali vizi della volontà, errata qualificazione del fatto o illegalità della pena.
La mancata valutazione delle cause di proscioglimento o l’incongruità della pena sono motivi validi per ricorrere contro un patteggiamento?
No, secondo la Corte di Cassazione, questi non rientrano tra i motivi specifici previsti dalla legge e, pertanto, un ricorso basato su tali doglianze è inammissibile.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4069 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4069 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 28/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE nato il 21/02/1985
avverso la sentenza del 24/05/2024 del GIUDICE COGNOME PRELIMINARE di VERONA
date – awise – alie – pagtii-
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che deve ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deducano, come nel caso di specie, un vizio di motivazione della sentenza in relazione alla verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod proc pen e la non congruita della pena irrogata, atteso che l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, limita l’impugnabilità della pronuncia al sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate, tra le quali non posson annoverarsi quelle ora in disamina che non attengono a una prospettata «difformità» tra contenuti della richiesta e quelli della decisione, non riguardano vizi afferenti all’ espress della volontà dell’imputato o alla qualificazione del fatto né, infine, ineriscono alla irrogazio una pena che possa definirsi illegale nei termini tracciati dalle indicazioni di principio espre dalle sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 33040 del 2015 (Jazouli);
rilevato che all’inammissibilità del ricorso, dichiarata de plano ai sensi dell’art. 610, comma 5bis cod.proc.pen. fanno seguito le pronunce di cui all’art. 616 dello stesso codice;
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 28 ottobre 2024.