Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6881 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 6881 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/10/2023 del GIP TRIBUNALE di VERONA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del difensore AVV_NOTAIO che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il Gip presso il Tribunale di Verona applicava ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. al NOME e NOME, su richiesta degli stessi e con il consenso del Pubblico Ministero, rispettivamente la pena di mesi anni tre e mesi otto di reclusione ed euro 1000 di multa ed anni 3 e mesi sei di reclusione ed euro 800,00 di multa per le imputazioni ascritte in rubrica.
NOME e NOME hanno proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, con due separati ricorsi deducendo, con enunciazione sovrapponibile: – violazione di legge; – carenza di motivazione in relazione all’art. 129 cod. proc. pen.; eccessività della pena: – erronea qualificazione giuridica del fatto.
Il ricorso è inammissibile per essere stato proposto con motivi manifestamente infondati.
Ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n. 103 del 2017, non è denunziabile in Cassazione, rispetto alla sentenza di patteggiamento, l’omessa o insufficiente valutazione, da parte del giudice che ha pronunciato la sentenza stessa, delle condizioni che, in tesi, avrebbero consentito di addivenire al proscioglimento in fatto ex art. 129, comma 1, cod. proc. pen., in quanto il citato comma limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi in esso tassativamente indicate (Sez. F, n. 28742 del 25/08/2020, COGNOME, Rv. 279761-01; Sez. 6, n. 1032 del 07/11/2019, COGNOME, Rv. 278337-01; Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 272014-01), tra le quali in modo ragionevole non rientra la denunzia di vizi motivazionali sul tema della penale responsabilità, avendo l’imputato, con l’accesso al rito speciale, rinunciato a contestare le premesse storiche dell’accusa mossa nei suoi confronti (Sez. 2, n. 41785 del 06/10/2015, COGNOME, Rv. 264595-01, secondo cui, in tema di patteggiamento, la motivazione della sentenza, in relazione alla mancanza dei presupposti per l’applicazione dell’ad 129, comma 1, cod. proc. pen., può anche essere meramente enunciativa, poiché la richiesta di applicazione della pena deve essere considerata come ammissione del fatto e il giudice deve sentenza di proscioglimento solo qualora dagli atti risultino elementi tali da imporre di superare la presunzione di colpevolezza che il legislatore ricollega alla formulazione della richiesta stessa). Questa Corte ha già, del resto, ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., in relazione tra l’altro alla tutela del diritto di difesa e ai principi del giusto processo, in quanto la limitazione della facoltà
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di ricorso per cassazione alle sole ipotesi ivi espressamente previste trova ragionevole giustificazione, nell’ambito delle scelte discrezionali riservate al legislatore, nell’esigenza di limitare il controllo di legittimità alle sole decisioni che contrastano con la volontà espressa dalle parti o che costituiscono disapplicazione dell’assetto normativo disciplinante l’illecito penale oggetto di cognizione (Sez. 5, n. 21497 del 12/03/2021, COGNOME, Rv. 281182-01).
Il motivo valica quindi il perimetro entro cui il citato art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. circoscrive lo scrutinio esercitabile da questa Corte.
Anche in sede d’impugnazione della sentenza di patteggiamento deve infatti osservarsi la disposizione di cui all’art. 609, comma 2, cod. proc. pen., da cui deriva che la Corte di cassazione possa rilevare, d’ufficio, la sussistenza dei presupposti per l’applicabilità del richiamato art. 129, comma 1, cod. proc. pen.; ciò sempre che si sia in presenza di un ricorso ammissibile e a condizione che i citati presupposti siano con evidenza enucleabili dalla sentenza impugnata e non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto (Sez. 2, n. 49446 del 03/10/2018, COGNOME, Rv. 274476-01; Sez. 1, n. 27752 del 09/05/2017, COGNOME, Rv. 270271- 01); condizione, quest’ultima, che costituisce naturale espressione dei limiti di cognizione propri del giudizio di legittimità (Sez. 3, n. 394 del 25/09/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 27456701). Ciò premesso, occorre rilevare che sulla base degli indicati parametri, non vi sia spazio alcuno per addivenire, nel presente grado di giudizio, al proscioglimento evocato dall’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., a fronte di ricorso che non supera il vaglio di ammissibilità attesa la sua assoluta genericità, essendosi limitati i ricorrenti ad una mera enunciazione, senza alcuna argomentazione.
Anche il secondo motivo di ricorso, oltre che totalmente generico nella sua enunciazione, è manifestamente infondato.
Come osservato da questa Corte è sempre possibile ricorrere per cassazione deducendo, sulla base del menzionato art. 448, comma 2-bis, l’erronea qualificazione giuridica del fatto operata in sentenza, per essere il fatto stesso penalmente irrilevante, ovvero riconducibile a diversa fattispecie incriminatrice. Tale possibilità è però limitata ai casi in cui tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, mentre è inammissibile l’impugnazione che denunci errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dalla contestazione (Sez. 2, n. 14377 del 31/03/2021, COGNOME, Rv. 281116-01; Sez. 5, n. 33145 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 27984201; Sez. 6, n. 25617 del 25/06/2020, NOME, Rv. 279573-01; Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018, COGNOME, Rv. 272619-01), o richiamino, quale necessario passaggio logico del loro riscontro, aspetti in fatto e probatori su cui non è possibile, per il rito adottato, prima ancora che per i limiti consustanziali al giudizio di legittimità, estendere il corrispondente sindacato (Sez. 6, n. 3108 del 08/01/2018, COGNOME, Rv. 272252-01). Ciò posto, è evidente che l’odierno ricorrente proponga, con il motivo del tutto generico proposto, formalmente inteso a contestare la qualificazione penalistica delle condotte oggetto di imputazione, rivisitare l’esito univoco del procedimento aperto a suo carico e di ridiscutere così questioni di fatto, inerenti il ruolo da lui ricoperto nelle vicende oggetto dei capi d’imputazione e il suo significato in termini di realizzazione di plurime condotte criminose, che, per le esposte ragioni, non possono essere dibattute in questa sede. I motivi valicano così il perimetro entro cui il citato art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. circoscrive lo scrutinio esercitabile da questa Corte.
Identiche considerazioni devono essere spese in relazione alla mera enunciazione del motivo relativo al trattamento sanzionatorio, senza che neanche venga richiamata la applicazione di una pena illegale.
I ricorrenti devono conseguentemente essere condannati al pagamento delle spese processuali ed al pagamento di ammenda di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
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P.Q.M.
Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 12 gennaio 2024.