Impugnazione Patteggiamento: i Limiti Imposti dalla Legge
L’istituto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti, comunemente noto come ‘patteggiamento’, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione alternativa dei procedimenti penali. Tuttavia, una volta che il giudice ha ratificato l’accordo tra accusa e difesa, quali sono le possibilità di contestare tale decisione? Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui rigidi confini dell’impugnazione patteggiamento, chiarendo quando un ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile.
Il Caso in Esame: Un Ricorso Contro il Patteggiamento
Nel caso specifico, un imputato, tramite il proprio difensore, ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale. Il motivo principale del ricorso era la presunta mancata valutazione, da parte del giudice di merito, della sussistenza di eventuali cause di proscioglimento, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale. In sostanza, la difesa sosteneva che il giudice, prima di applicare la pena concordata, avrebbe dovuto verificare se non vi fossero le condizioni per un’assoluzione piena dell’imputato.
La Decisione della Corte e l’Inammissibilità dell’Impugnazione Patteggiamento
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo ‘palesemente inammissibile’. La decisione si fonda su un principio ormai consolidato nella procedura penale, rafforzato dalla riforma legislativa del 2017. I giudici hanno stabilito che non è possibile presentare un ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento basandosi sulla generica doglianza della mancata applicazione dell’articolo 129 c.p.p. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle Ammende.
Le Motivazioni
La motivazione centrale della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la legge n. 103 del 23 giugno 2017, ha circoscritto in modo molto preciso i motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. Si tratta di un elenco tassativo, che include vizi come l’erronea qualificazione giuridica del fatto o l’applicazione di una pena illegale, ma non contempla la mancata verifica delle cause di proscioglimento.
La Corte ha ribadito che il legislatore ha volutamente limitato l’impugnabilità di queste sentenze per garantire la stabilità delle decisioni basate su un accordo tra le parti. Permettere un riesame ampio e generalizzato sulla potenziale innocenza dell’imputato, dopo che questi ha liberamente scelto di patteggiare, snaturerebbe la funzione stessa del rito speciale. Il controllo del giudice al momento del patteggiamento è finalizzato a verificare la correttezza della qualificazione giuridica e la congruità della pena, non a svolgere un’istruttoria completa come in un dibattimento ordinario.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso: l’accesso al ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento è una via stretta e percorribile solo per i motivi specificamente indicati dalla legge. Chi sceglie il patteggiamento deve essere consapevole che la possibilità di rimettere in discussione la decisione è estremamente limitata. La generica affermazione che il giudice avrebbe dovuto assolvere non costituisce un valido motivo di ricorso. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di una valutazione attenta e consapevole prima di accedere a riti alternativi, le cui conseguenze processuali sono difficilmente reversibili.
È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento lamentando che il giudice non ha verificato la possibilità di un’assoluzione?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale motivo di ricorso è inammissibile, poiché l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, elenca tassativamente le uniche ipotesi di violazione di legge per cui è consentita l’impugnazione, e tra queste non figura la mancata verifica delle cause di proscioglimento dell’art. 129 c.p.p.
Qual è la conseguenza se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, che nel caso di specie è stata fissata in quattromila euro.
Quale norma limita le ragioni per cui si può impugnare una sentenza di patteggiamento?
La norma di riferimento è l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103. Questa disposizione limita l’impugnabilità della sentenza di applicazione della pena alle sole ipotesi di violazione di legge in essa tassativamente indicate.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2551 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 5 Num. 2551 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CALTANISSETTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/10/2023 del TRIBUNALE di CALTANISSETTA sentita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
L’imputato, a mezzo del difensore, ricorre avverso la sentenza di applicazione della pena pronunciata nei suoi confronti, su concorde richiesta RAGIONE_SOCIALE parti, il 25 settembre 2023 dal Tribunale di Caltanissetta.
Deduce la mancata valutazione di cause di proscioglimento, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Il ricorso è palesemente inammissibile, circostanza rilevabile con procedura “de plano”.
E’ infatti inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., atteso che l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legg in esso tassativamente indicate (tra le altre, Sez. F., n. 28742 del 25/08/2020, Massnaoui Amine, Rv. 279761; Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Oboroceanu, Rv. 272014).
Dall’inammissibilità del ricorso discende, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 04/12/2023