Impugnazione Patteggiamento: Quando è Ammessa? La Cassazione Fa Chiarezza
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione dei procedimenti penali. Tuttavia, una volta che la sentenza è stata emessa, quali sono le possibilità di contestarla? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 24157 del 2024) offre un’importante delucidazione sui limiti dell’impugnazione patteggiamento, specificando quali motivi possono essere validamente presentati e quali no.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale di Foggia. L’imputato aveva concordato con il Pubblico Ministero l’applicazione di una determinata pena, e il giudice aveva ratificato l’accordo con sentenza. Successivamente, l’imputato ha deciso di proporre ricorso per Cassazione, lamentando un vizio specifico: la mancanza di motivazione della sentenza stessa.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso con una procedura semplificata (de plano) e lo ha dichiarato inammissibile. La decisione si fonda su una precisa norma del codice di procedura penale. La Corte ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver proposto un ricorso palesemente infondato.
Le Motivazioni: I Limiti all’Impugnazione Patteggiamento
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce in modo tassativo i motivi per cui l’imputato e il pubblico ministero possono presentare ricorso per Cassazione contro una sentenza di patteggiamento. I motivi ammessi sono esclusivamente:
1. Vizi nella formazione della volontà: quando il consenso dell’imputato all’accordo non è stato espresso liberamente e consapevolmente.
2. Difetto di correlazione: se c’è una discrepanza tra quanto richiesto dalle parti nell’accordo e quanto deciso dal giudice nella sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: nel caso in cui il reato sia stato inquadrato in una fattispecie giuridica sbagliata.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: se la sanzione applicata è contraria alla legge (per specie o quantità).
La Corte ha evidenziato che il motivo addotto dal ricorrente, ovvero la mancanza di motivazione, non rientra in questo elenco chiuso. Di conseguenza, il ricorso era ab origine inammissibile. La sentenza di patteggiamento, infatti, ha una natura negoziale e la sua motivazione è intrinsecamente semplificata, basandosi sulla correttezza della qualificazione giuridica e sulla congruità della pena concordata, senza necessità di una valutazione approfondita del merito della colpevolezza.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale per chi intende affrontare la via del patteggiamento e una sua eventuale impugnazione. L’impugnazione patteggiamento non è uno strumento per rimettere in discussione l’accordo raggiunto o per contestare aspetti discrezionali della valutazione del giudice, come l’ampiezza della motivazione. È, invece, un rimedio eccezionale, limitato a vizi specifici e gravi che inficiano la legalità dell’accordo o della pena applicata. Prima di intraprendere un ricorso in Cassazione contro una sentenza di questo tipo, è quindi cruciale verificare che le proprie doglianze rientrino nel perimetro ristretto delineato dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., per evitare una declaratoria di inammissibilità e le relative sanzioni economiche.
Per quali motivi si può impugnare una sentenza di patteggiamento in Cassazione?
Secondo l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., il ricorso è ammesso solo per motivi relativi all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
La mancanza di motivazione è un motivo valido per ricorrere contro una sentenza di patteggiamento?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la mancanza di motivazione non rientra nell’elenco tassativo dei motivi per i quali è consentito impugnare una sentenza di patteggiamento.
Quali sono le conseguenze se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei presupposti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24157 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24157 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a FOGGIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/01/2024 del GIP TRIBUNALE di FOGGIA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Rilevato che si procede de plano;
Rilevato che è stata impugnata una sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., e che, in punto di impugnazione della sentenza di patteggiamento, l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. dispone che “il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza”, mentre nel caso in esame il ricorso conte la mancanza di motivazione;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 18 aprile 2024.