Impugnazione Patteggiamento: Quando è Ammissibile il Ricorso in Cassazione?
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle più importanti procedure alternative al dibattimento nel nostro sistema processuale penale. Tuttavia, una volta che la sentenza è stata emessa, quali sono le possibilità di contestarla? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i rigidi limiti all’impugnazione del patteggiamento, chiarendo quali motivi possono essere validamente presentati e quali invece conducono a una declaratoria di inammissibilità.
I Fatti del Caso
Il caso in esame ha origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare di Milano. L’imputato, tramite il suo difensore, ha adito la Corte di Cassazione lamentando, tra le altre cose, la sufficienza della motivazione della sentenza impugnata riguardo alla determinazione della pena e all’insussistenza delle condizioni per un proscioglimento.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno proceduto de plano, ovvero senza udienza formale, rilevando che i motivi addotti dal ricorrente non rientravano nel novero di quelli tassativamente previsti dalla legge per l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: i Limiti Tassativi all’Impugnazione del Patteggiamento
Il cuore della decisione risiede nell’applicazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce in modo chiaro e inequivocabile che sia il pubblico ministero sia l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento esclusivamente per i seguenti motivi:
1. Espressione della volontà dell’imputato: si può contestare un vizio nel consenso prestato al patteggiamento.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: la sentenza emessa dal giudice non corrisponde a quanto concordato tra le parti.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: il reato è stato qualificato in modo giuridicamente errato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: la sanzione applicata è contraria alla legge (ad esempio, perché supera i massimi edittali o è di un genere non previsto).
La Corte ha evidenziato come il ricorso in esame contestasse aspetti diversi, quali la sufficienza della motivazione sulla sussistenza delle condizioni per il proscioglimento e sulla determinazione della pena. Tali censure, tuttavia, esulano completamente dal perimetro tracciato dal legislatore. La scelta di patteggiare implica una rinuncia a contestare l’accertamento del fatto e la congruità della pena, salvo i casi di palese illegalità.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale consolidato: l’impugnazione del patteggiamento è un rimedio eccezionale, non una porta aperta per rimettere in discussione l’accordo raggiunto tra accusa e difesa. Per i professionisti legali e i loro assistiti, ciò significa che la decisione di accedere al rito speciale deve essere ponderata con estrema attenzione, poiché le possibilità di un ripensamento in sede di impugnazione sono estremamente limitate ai soli vizi specificamente elencati dalla legge. Qualsiasi ricorso basato su motivi diversi è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’impugnazione è ammessa solo per un numero chiuso e specifico di motivi previsti dalla legge, non per qualsiasi tipo di doglianza.
Quali sono i motivi specifici per cui si può ricorrere in Cassazione contro un patteggiamento?
Secondo l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., i motivi ammessi sono esclusivamente quelli relativi a: vizi nell’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se si presenta un ricorso per motivi non consentiti dalla legge?
Se il ricorso è basato su motivi diversi da quelli tassativamente previsti, come la contestazione sulla sufficienza della motivazione, la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4144 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4144 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/09/2023 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Rilevato che si procede de plano;
Rilevato che è stata impugnata una sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., e che, in punto di impugnazione della sentenza di patteggiamento, l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. dispone che “il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erro qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurez mentre nel caso in esame il ricorso contesta la sufficienza della motivazione sulla insussistenza delle condizioni per il proscioglimento, sulla determinazione della pena e sulla concisa esposizione dei motivi;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11 gennaio 2024.