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Impugnazione ordinanza: ricorso o opposizione?

La Corte di Cassazione chiarisce la corretta procedura per l’impugnazione di un’ordinanza emessa ‘de plano’ dal giudice dell’esecuzione. In un caso relativo alla restituzione di una somma sequestrata, la Corte ha stabilito che il rimedio corretto non è il ricorso per cassazione, ma l’opposizione davanti allo stesso giudice. L’impugnazione errata è stata quindi riqualificata, applicando il principio del ‘favor impugnationis’, e gli atti sono stati trasmessi al giudice competente per la decisione.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Ordinanza: Ricorso o Opposizione? La Cassazione Chiarisce

La scelta del corretto strumento processuale è fondamentale in ogni fase del giudizio. Un errore nella procedura può compromettere l’esito di una richiesta, anche se fondata nel merito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un punto cruciale della fase esecutiva penale: la corretta impugnazione ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione, distinguendo nettamente tra il ricorso per cassazione e l’opposizione.

I Fatti di Causa: La Richiesta di Restituzione

Il caso ha origine da una sentenza del Tribunale di Napoli che, oltre a statuire sulla responsabilità penale di un soggetto, disponeva la restituzione allo Stato di una somma di denaro precedentemente sequestrata. La sentenza non veniva impugnata e diventava definitiva.

Successivamente, il condannato presentava un’istanza al giudice dell’esecuzione, chiedendo di annullare quella specifica statuizione. La sua tesi era che la somma non dovesse essere restituita allo Stato, che non aveva subito alcun danno, ma, al più, all’istituto bancario che gli aveva concesso un finanziamento. Il giudice dell’esecuzione, tuttavia, respingeva la richiesta con un’ordinanza emessa de plano (cioè senza udienza), dichiarandola inammissibile poiché la sentenza era ormai definitiva e non poteva essere ridiscussa in quella sede.

Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso direttamente in Cassazione.

La corretta impugnazione dell’ordinanza secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha chiarito che il ricorso era lo strumento sbagliato. La procedura penale, nella fase esecutiva, prevede due riti distinti:

Il Rito “Ordinario” (art. 666 c.p.p.)

Questo rito si applica come regola generale a tutte le questioni di competenza del giudice dell’esecuzione, salvo diversa previsione. Prevede un’udienza in camera di consiglio con la partecipazione delle parti. Contro il provvedimento finale emesso secondo questo rito, è ammesso direttamente il ricorso per cassazione.

Il Rito “Speciale” (art. 667 c.p.p.)

Questo rito si applica solo a materie specifiche espressamente elencate dalla legge, tra cui la confisca e la restituzione delle cose sequestrate. In questi casi, il giudice decide con ordinanza de plano, senza udienza. Lo strumento previsto per contestare questa ordinanza non è il ricorso a un giudice superiore, ma l’opposizione da presentare allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento. Sarà solo a seguito della decisione sull’opposizione (che avviene dopo un’udienza) che si potrà, eventualmente, ricorrere per cassazione.

Poiché l’oggetto della richiesta era la restituzione di una somma in sequestro, rientrava a pieno titolo nel rito “speciale”. Di conseguenza, il rimedio corretto era l’opposizione e non il ricorso per cassazione.

Le Motivazioni della Corte

La Corte Suprema non si è limitata a dichiarare inammissibile il ricorso, ma ha scelto una via diversa, in applicazione di importanti principi generali. Invece di chiudere la porta al ricorrente, ha deciso di riqualificare l’atto. Basandosi sul principio del favor impugnationis (che favorisce la validità dell’impugnazione per tutelare il diritto di difesa) e su quello di conservazione degli atti giuridici, la Corte ha convertito il ricorso per cassazione nell’atto che avrebbe dovuto essere: un’opposizione. Ha quindi annullato la propria competenza e ha trasmesso gli atti al Tribunale di Napoli, affinché procedesse a trattare l’atto come un’opposizione, fissando la necessaria udienza in contraddittorio.

Conclusioni

Questa pronuncia offre un insegnamento pratico di grande rilevanza: nella fase di esecuzione penale, non tutte le ordinanze del giudice si impugnano allo stesso modo. Per le materie soggette al rito speciale dell’art. 667 c.p.p., come la restituzione di beni sequestrati, il primo passo contro un’ordinanza emessa de plano è sempre l’opposizione davanti allo stesso giudice. Solo dopo aver esaurito questo rimedio sarà possibile adire la Corte di Cassazione. La decisione evidenzia anche l’importanza del principio di conservazione degli atti, che permette di sanare un errore procedurale e garantire che la questione venga decisa nel merito, nel rispetto del contraddittorio.

Qual è il rimedio corretto contro un’ordinanza emessa ‘de plano’ dal giudice dell’esecuzione in materia di restituzione di cose sequestrate?
Il rimedio corretto non è il ricorso per cassazione, ma l’opposizione da presentare allo stesso giudice che ha emesso l’ordinanza, come previsto dal rito ‘speciale’ disciplinato dall’art. 667 del codice di procedura penale.

Cosa succede se si propone un ricorso per cassazione invece di un’opposizione quando previsto dalla legge?
L’impugnazione è errata. Tuttavia, in applicazione dei principi di conservazione degli atti giuridici e del ‘favor impugnationis’, la Corte di Cassazione può riqualificare il ricorso come opposizione e trasmettere gli atti al giudice competente per la decisione.

Perché la Corte di Cassazione ha riqualificato il ricorso in opposizione invece di dichiararlo inammissibile?
La Corte lo ha fatto per garantire il diritto di difesa e il principio di conservazione degli atti giuridici. Invece di sanzionare l’errore procedurale con l’inammissibilità, ha convertito l’atto nel mezzo di impugnazione corretto per consentire che la questione venisse esaminata nel merito dal giudice competente, assicurando il contraddittorio tra le parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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