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Impugnazione ordinanza: quando è inammissibile

Un imputato ha proposto ricorso contro l’ordinanza del Tribunale che rigettava la sua eccezione sulla genericità del capo di imputazione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo il principio secondo cui una simile impugnazione ordinanza di natura processuale e non decisoria non è autonoma, ma deve essere presentata congiuntamente all’appello contro la sentenza finale, non costituendo un atto abnorme.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione ordinanza: la Cassazione chiarisce i limiti

L’impugnazione ordinanza emessa nel corso di un dibattimento penale rappresenta una questione processuale delicata. Non tutti i provvedimenti del giudice possono essere contestati immediatamente. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: le ordinanze che non definiscono il giudizio possono essere impugnate solo insieme alla sentenza finale. Vediamo nel dettaglio il caso e le motivazioni della Corte.

I fatti di causa: l’eccezione di nullità

Il caso nasce dal ricorso di un imputato avverso un’ordinanza del Tribunale. Durante il processo, la difesa aveva sollevato un’eccezione preliminare lamentando la genericità del capo di imputazione, relativo a un reato in materia di stupefacenti. Secondo il difensore, l’accusa non specificava con sufficiente chiarezza le coordinate temporali e spaziali del presunto reato, ledendo così il diritto di difesa dell’imputato. Il Tribunale aveva rigettato tale eccezione con un’ordinanza. È proprio contro questo provvedimento che l’imputato ha proposto ricorso immediato per cassazione.

La decisione della Cassazione sulla impugnazione ordinanza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25916/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una regola cardine del nostro sistema processuale penale, volta a garantire un andamento ordinato e celere del processo, evitando continue interruzioni per contestare decisioni interlocutorie.

Il principio generale dell’art. 586 c.p.p.

Il fulcro della decisione risiede nell’articolo 586 del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, salvo diversa disposizione di legge, l’impugnazione contro le ordinanze emesse durante le fasi preliminari o il dibattimento può essere proposta soltanto congiuntamente all’impugnazione contro la sentenza. Si tratta del cosiddetto principio dell’impugnazione differita. L’ordinanza che rigetta un’eccezione sulla formulazione dell’imputazione non è un provvedimento decisorio che conclude il processo, ma un atto ordinatorio e processuale, insuscettibile di passare in giudicato autonomamente.

L’esclusione dell’atto abnorme

La difesa avrebbe potuto ottenere un’impugnazione immediata solo se l’ordinanza fosse stata qualificata come “atto abnorme”. Un atto è abnorme quando si pone completamente al di fuori del sistema processuale, determinando una stasi del procedimento o una violazione radicale dei diritti. La Cassazione ha chiarito che l’ordinanza in questione non rientra in questa categoria. Essa, infatti, rappresenta il corretto esercizio del potere del giudice di decidere sulle questioni procedurali sollevate dalle parti e non provoca alcuna paralisi del processo. Poiché l’ordinamento prevede già uno strumento per contestarla (l’impugnazione differita con la sentenza), non è possibile ricorrere a vie eccezionali.

le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando la natura non decisoria del provvedimento impugnato. Un’ordinanza che si limita a decidere questioni relative all’andamento del processo, come la validità di un’eccezione, non investe il merito della res in iudicio deducta. Il suo contenuto, pur potendo influenzare l’esito finale, si riverbera sulla sentenza, che è l’atto conclusivo del procedimento. È per questa ragione che il legislatore, con l’art. 586 c.p.p., ha previsto che le doglianze relative a tali ordinanze debbano essere fatte valere insieme all’impugnazione della sentenza. Questo approccio evita la frammentazione del processo e le tattiche dilatorie. La Corte ha inoltre escluso la configurabilità di un atto abnorme, sia in senso strutturale (perché l’atto risponde a un modello legale) sia in senso funzionale (perché non causa una stasi processuale), confermando un orientamento giurisprudenziale consolidato.

le conclusioni

In conclusione, la sentenza riafferma un principio cruciale: non è ammessa un’autonoma e immediata impugnazione ordinanza di natura meramente processuale. Le parti che ritengono lesi i propri diritti da un provvedimento interlocutorio del giudice devono attendere la conclusione del grado di giudizio e far valere le proprie ragioni nell’ambito dell’eventuale impugnazione contro la sentenza. Tale meccanismo garantisce l’efficienza e la linearità del processo penale, concentrando il controllo di legittimità sull’atto che definisce il giudizio. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile impugnare immediatamente un’ordinanza che rigetta un’eccezione sulla genericità del capo di imputazione?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale ordinanza è un atto processuale non decisorio e, in base all’art. 586 c.p.p., può essere impugnata solo congiuntamente alla sentenza che definisce il giudizio.

Quando un’ordinanza emessa durante il dibattimento può essere considerata un ‘atto abnorme’ e quindi impugnata subito?
Un’ordinanza è considerata ‘abnorme’ solo quando si discosta completamente dal modello legale previsto, non è riconducibile ad alcun potere del giudice e provoca una stasi insuperabile del processo. L’ordinanza che decide su un’eccezione sulla determinatezza dell’imputazione non rientra in questa categoria.

Qual è la conseguenza della proposizione di un ricorso per cassazione contro un’ordinanza non immediatamente impugnabile?
La conseguenza è la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Il ricorrente viene inoltre condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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