Impugnazione Ordinanza: La Cassazione Chiarisce i Limiti
L’impugnazione di un’ordinanza emessa nel corso di un processo penale rappresenta un momento cruciale della strategia difensiva. Tuttavia, non tutti i provvedimenti del giudice possono essere contestati immediatamente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un principio fondamentale della procedura penale: la non autonoma impugnabilità dei provvedimenti cosiddetti ‘non abnormi’. Il caso analizzato riguarda la decisione di un imputato di ricorrere in Cassazione contro l’ordinanza di una Corte d’Appello che aveva dichiarato utilizzabili delle intercettazioni, prima ancora di arrivare alla sentenza finale.
I Fatti del Caso: L’Ammissione delle Intercettazioni e il Ricorso Immediato
Nel corso di un procedimento penale, la Corte d’Appello di Catania emetteva un’ordinanza con cui dichiarava utilizzabili gli esiti di alcune intercettazioni telefoniche. La difesa dell’imputato, ritenendo tale provvedimento lesivo dei propri diritti, decideva di non attendere la conclusione del giudizio d’appello e presentava immediatamente ricorso per Cassazione, contestando la legittimità di tale decisione.
L’obiettivo della difesa era ottenere un annullamento preventivo dell’ordinanza, per impedire che le prove derivanti dalle intercettazioni potessero essere usate per fondare la decisione finale di condanna.
La Decisione della Cassazione sull’Impugnazione dell’Ordinanza
La Suprema Corte ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito della questione (cioè, se le intercettazioni fossero o meno legittime), ma si è fermata a un gradino prima, analizzando la natura stessa del provvedimento impugnato.
La Corte ha stabilito che l’ordinanza della Corte d’Appello non costituiva un ‘provvedimento abnorme’. Di conseguenza, essa non era ‘autonomamente impugnabile’. Questo significa che la difesa non poteva contestarla separatamente, ma avrebbe dovuto attendere la sentenza finale per sollevare la questione nell’ambito di un eventuale appello complessivo. A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Corte
La motivazione alla base della decisione della Cassazione risiede nel principio di economia processuale e nella necessità di evitare la frammentazione del processo. Il sistema processuale penale prevede che, di regola, le doglianze relative a singoli atti o provvedimenti emessi durante il dibattimento debbano essere raccolte e fatte valere tutte insieme, al momento dell’impugnazione contro la sentenza che conclude quel grado di giudizio.
Consentire ricorsi immediati per ogni ordinanza interlocutoria (cioè emessa durante il processo) porterebbe a una paralisi dei procedimenti, con continui rinvii e sospensioni in attesa delle decisioni della Corte di Cassazione su questioni procedurali. L’impugnazione autonoma è permessa solo in casi eccezionali, ovvero quando il provvedimento è ‘abnorme’. Un atto è considerato abnorme quando si pone al di fuori del sistema processuale, determinando una stasi irrimediabile del procedimento o una deviazione radicale dalle sue finalità. L’ordinanza che ammette una prova, per quanto potenzialmente illegittima, non rientra in questa categoria, poiché la sua correttezza può essere pienamente valutata dal giudice dell’impugnazione della sentenza finale.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio cardine della procedura penale: la regola generale è la non impugnabilità autonoma dei provvedimenti interlocutori. La strategia difensiva deve tenere conto che le questioni relative all’ammissione o all’utilizzabilità delle prove vanno, nella maggior parte dei casi, conservate come motivi di appello o ricorso avverso la sentenza conclusiva. Tentare un’impugnazione dell’ordinanza in via anticipata, se questa non è abnorme, non solo è destinato al fallimento, ma comporta anche il rischio concreto di una condanna al pagamento di spese e sanzioni pecuniarie. La decisione serve quindi da monito sull’importanza di scegliere correttamente i tempi e i modi per far valere le proprie ragioni nel processo penale.
È possibile impugnare immediatamente un’ordinanza che ammette delle intercettazioni?
No, secondo la decisione in esame, tale ordinanza non è autonomamente impugnabile. La sua legittimità può essere contestata solo nell’ambito dell’impugnazione contro la sentenza finale.
Cosa si intende per ‘provvedimento non abnorme’?
È un atto del giudice che, pur potendo essere viziato, non si pone al di fuori dello schema legale del processo. Pertanto, non può essere impugnato separatamente e immediatamente, ma solo insieme alla sentenza che definisce il giudizio.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La parte che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, anche di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13371 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13371 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CATANIA il 18/08/1941
avverso l’ordinanza del 30/11/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
R.G. n. 21716/2024
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata con cui sono stati dichiarati utilizzabili dalla appello di Catania gli esiti delle captazioni disposte nel proc. n. 4304/2015 R.G.N.R.;
Esaminati i motivi di ricorso e la memoria;
Rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché proposto avverso un provvedimento non abnorme e, quindi, non autonomamente impugnabile (l’ordinanza potrà essere oggetto di censura unitamente alla sentenza), con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 31 ottobre 2024.