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Impugnazione ordinanza interlocutoria: inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un’ordinanza che respingeva una prima istanza di patteggiamento per incompletezza. La Corte ha stabilito che l’impugnazione di un’ordinanza interlocutoria è esclusa se il provvedimento non ha carattere definitivo e non incide sulla libertà personale, in applicazione del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Ordinanza Interlocutoria: Quando il Ricorso è Inammissibile

Nel complesso panorama della procedura penale, la distinzione tra provvedimenti definitivi e interlocutori è cruciale per determinare le vie di ricorso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 21620/2024) offre un chiarimento fondamentale sulla non ammissibilità dell’impugnazione di un’ordinanza interlocutoria che dichiara inammissibile una richiesta di patteggiamento, ribadendo i confini del principio di tassatività.

Il Caso: Dal Patteggiamento Rifiutato al Ricorso in Cassazione

La vicenda processuale ha origine dalla richiesta di applicazione pena (cd. patteggiamento) avanzata da un’imputata. Il Giudice per le indagini preliminari (GIP) dichiarava inammissibile tale richiesta a causa di una lacuna formale: la mancata specificazione della tipologia e delle modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità, proposto come sanzione sostitutiva.

Successivamente, le parti raggiungevano un nuovo accordo di patteggiamento, che veniva ratificato con sentenza. Ciononostante, la difesa decideva di impugnare davanti alla Corte di Cassazione la prima ordinanza, quella che aveva dichiarato l’inammissibilità della richiesta iniziale, lamentandone l’illogicità della motivazione.

La Decisione della Suprema Corte sull’impugnazione dell’ordinanza interlocutoria

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che l’oggetto del gravame non era la sentenza finale di patteggiamento, bensì l’ordinanza precedente. Tale provvedimento, per sua natura, è da considerarsi meramente interlocutorio e, come tale, non autonomamente impugnabile.

La decisione si fonda su principi cardine della procedura penale, che limitano la possibilità di ricorrere in Cassazione solo a specifiche tipologie di atti per garantire l’efficienza e la progressione del processo penale.

Le Motivazioni Giuridiche della Inammissibilità

La Corte ha basato la sua decisione su tre pilastri argomentativi fondamentali.

Il Principio di Tassatività delle Impugnazioni

L’art. 568 del codice di procedura penale stabilisce il principio di tassatività, secondo cui un provvedimento può essere impugnato solo nei casi espressamente previsti dalla legge. L’ordinanza che dichiara inammissibile un’istanza di patteggiamento non rientra nel novero degli atti per cui è previsto il ricorso per cassazione. Essa non è una sentenza e, soprattutto, non incide sulla libertà personale dell’imputato.

L’Assenza di Carattere Decisorio e Definitivo

La garanzia costituzionale del ricorso per cassazione, sancita dall’art. 111 della Costituzione, riguarda le sentenze e i provvedimenti sulla libertà personale che abbiano carattere decisorio, ovvero che siano capaci di risolvere in via definitiva una controversia su diritti soggettivi. L’ordinanza in esame non possiede tale natura. Essa si limita a una valutazione preliminare senza definire il giudizio, tanto che l’imputata ha potuto successivamente accedere a un nuovo e valido patteggiamento.

Il Provvedimento Non “Abnorme”

Infine, la Corte ha escluso che l’ordinanza potesse essere considerata un atto “abnorme”. Un provvedimento è abnorme quando si pone al di fuori del sistema processuale, determinando una stasi procedimentale insuperabile. In questo caso, l’atto del GIP rientrava pienamente nell’esercizio dei suoi poteri di verifica della completezza della richiesta e non ha impedito la prosecuzione del procedimento.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale per gli operatori del diritto: non tutti gli atti del giudice sono contestabili nell’immediato. L’impugnazione di un’ordinanza interlocutoria è un’eccezione, non la regola. La strategia difensiva deve concentrarsi sui provvedimenti che hanno un impatto definitivo sul merito della causa o sulla libertà personale. Tentare di impugnare atti meramente procedurali e non definitivi, come quello in esame, si traduce in un ricorso destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile impugnare in Cassazione un’ordinanza che dichiara inammissibile una richiesta di patteggiamento?
No, la sentenza stabilisce che tale ordinanza, avendo natura meramente interlocutoria e non incidendo sulla libertà personale né avendo carattere decisorio definitivo, non è ricorribile per cassazione in base al principio di tassatività dei mezzi di impugnazione (art. 568 c.p.p.).

Perché il ricorso straordinario per cassazione previsto dalla Costituzione non si applica in questo caso?
La garanzia costituzionale dell’art. 111, co. 7, Cost. si applica solo contro le sentenze e i provvedimenti sulla libertà personale che abbiano carattere decisorio. L’ordinanza in questione non rientra in nessuna di queste categorie, poiché non definisce il giudizio e non limita la libertà dell’imputato.

Un’ordinanza che respinge una richiesta di patteggiamento può essere considerata un atto “abnorme”?
No, la Corte ha chiarito che tale provvedimento non è “abnorme”. Rappresenta l’esercizio di poteri riconosciuti al giudice dall’ordinamento e non causa una stasi del procedimento, come dimostrato dal fatto che l’imputata ha potuto successivamente accedere a un nuovo e valido patteggiamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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