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Impugnazione ordinanza esecuzione: l’errore del PM

La Corte di Cassazione annulla un’ordinanza del Tribunale di Napoli, emessa a seguito di un’errata impugnazione da parte del Pubblico Ministero. Il caso riguarda la corretta procedura di impugnazione di un’ordinanza di esecuzione: la Corte ribadisce che un provvedimento emesso dopo un’udienza in contraddittorio può essere contestato solo con ricorso per Cassazione, e non con opposizione. L’errore procedurale ha reso il secondo provvedimento nullo, ripristinando la validità del primo.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione ordinanza esecuzione: la forma è sostanza

Nel diritto processuale, la scelta del corretto strumento di impugnazione non è un mero formalismo, ma un requisito essenziale per la validità dell’azione legale. Un errore in questa fase può compromettere irrimediabilmente l’esito di un giudizio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 47245/2024) offre un chiaro esempio di come un’errata qualificazione dell’ impugnazione di un’ordinanza di esecuzione possa portare all’annullamento di un provvedimento. Vediamo insieme i dettagli di questo caso emblematico.

I Fatti del Caso: un doppio giudizio anomalo

La vicenda ha origine da una richiesta di riconoscimento del vincolo della continuazione tra reati, presentata da un condannato. Il Giudice dell’Esecuzione del Tribunale di Napoli, dopo aver celebrato un’udienza in camera di consiglio e nel pieno rispetto del contraddittorio tra le parti, accoglieva la richiesta con una prima ordinanza.

Contro questa decisione, il Pubblico Ministero (PM) proponeva un’impugnazione, qualificandola erroneamente come “opposizione”. A seguito di tale atto, lo stesso giudice fissava una nuova udienza, sempre in contraddittorio, e, in totale ribaltamento della sua precedente valutazione, emetteva una seconda ordinanza con cui dichiarava inammissibile la richiesta originaria del condannato.

È contro questo secondo provvedimento che il condannato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo che la prima ordinanza fosse ormai definitiva, in quanto impugnata in modo irrituale dal PM.

L’impugnazione dell’ordinanza di esecuzione: Ricorso o Opposizione?

Il cuore della questione giuridica risiede nella distinzione tra i mezzi di impugnazione previsti dal codice di procedura penale per i provvedimenti emessi dal giudice dell’esecuzione.

La regola generale per le ordinanze in contraddittorio

L’articolo 666 del codice di procedura penale disciplina il procedimento di esecuzione che si svolge in camera di consiglio, garantendo il contraddittorio tra le parti. La norma stabilisce che contro l’ordinanza emessa all’esito di tale udienza, l’unico mezzo di impugnazione previsto è il ricorso per Cassazione.

L’eccezione dell’opposizione per i provvedimenti “de plano”

L’opposizione, prevista dall’articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale, è invece uno strumento specifico e residuale. È ammessa esclusivamente contro le ordinanze emesse “de plano”, ovvero senza la previa instaurazione di un’udienza e del contraddittorio. La sua funzione è proprio quella di “recuperare” la fase di discussione orale che non si è tenuta.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il ricorso del condannato, annullando senza rinvio la seconda ordinanza. I giudici hanno chiarito che, essendo stata la prima ordinanza emessa all’esito di un’udienza camerale nel rispetto del contraddittorio, il PM avrebbe dovuto obbligatoriamente presentare ricorso per Cassazione.

Qualificando l’atto come “opposizione”, il PM ha utilizzato uno strumento non consentito dalla legge per quel tipo di provvedimento. Di conseguenza, tutta l’attività processuale successiva, inclusa la celebrazione di una seconda udienza e l’emissione della seconda ordinanza, è stata ritenuta del tutto errata e illegittima. La Corte ha definito il secondo provvedimento come “non consentito dalla legge”, ai sensi dell’art. 620, comma 1, lettera d) del codice di procedura penale, e ne ha quindi disposto l’annullamento definitivo.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: nel procedimento di esecuzione, la natura del provvedimento impugnato determina in modo vincolante lo strumento da utilizzare. Un’ordinanza emessa dopo un’udienza in contraddittorio cristallizza una decisione che può essere riesaminata solo dalla Corte di Cassazione per vizi di legittimità. L’utilizzo dell’opposizione in un contesto simile costituisce un errore procedurale non sanabile, che rende nullo il provvedimento successivo. La decisione ha quindi l’effetto di rendere definitiva la prima ordinanza, quella favorevole al condannato, a causa dell’errore commesso dalla pubblica accusa.

Come si impugna un’ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione dopo un’udienza in contraddittorio?
L’unico mezzo di impugnazione ammesso dalla legge contro un’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 666 cod. proc. pen., cioè dopo un’udienza con la partecipazione delle parti, è il ricorso per Cassazione.

Quando è possibile presentare opposizione contro un’ordinanza del giudice dell’esecuzione?
L’opposizione è ammessa, ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., solo contro le ordinanze emesse “de plano”, ovvero senza che si sia tenuta un’udienza in contraddittorio tra le parti.

Qual è la conseguenza di un’impugnazione errata da parte del Pubblico Ministero?
Se il PM utilizza uno strumento di impugnazione non previsto dalla legge per quel tipo di provvedimento (come l’opposizione invece del ricorso per Cassazione), l’atto è invalido. L’eventuale successivo provvedimento del giudice basato su tale impugnazione è considerato “non consentito dalla legge” e deve essere annullato senza rinvio, rendendo così definitiva la prima ordinanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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