Impugnazione ordinanza dibattimentale: quando è un errore?
Nel processo penale, la strategia difensiva si gioca anche sulla corretta gestione degli strumenti procedurali a disposizione. Tra questi, l’impugnazione dei provvedimenti del giudice è uno dei più importanti. Tuttavia, non tutte le decisioni sono immediatamente appellabili. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio sui limiti dell’impugnazione di un’ordinanza dibattimentale, evidenziando le gravi conseguenze di un ricorso presentato al di fuori dei casi consentiti dalla legge.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso di un imputato avverso un’ordinanza emessa dal Tribunale nel corso del dibattimento. Con tale provvedimento, il giudice di merito aveva disposto lo ‘stralcio’ dal fascicolo processuale delle trascrizioni di alcune conversazioni. Ritenendo tale decisione pregiudizievole, l’imputato decideva di presentare ricorso immediato per Cassazione, chiedendone l’annullamento.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato de plano, ovvero in via sommaria, inammissibile. La decisione non è entrata nel merito della questione (se fosse giusto o meno stralciare le trascrizioni), ma si è fermata a un controllo preliminare di ammissibilità. La conseguenza di questa declaratoria è stata non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della pronuncia risiede nel principio di tassatività dei mezzi di impugnazione. Nel nostro ordinamento processuale, un provvedimento può essere impugnato solo se la legge lo prevede espressamente. La Corte ha rilevato che l’impugnazione dell’ordinanza dibattimentale in questione non rientrava in nessuna delle ipotesi per cui è consentito un ricorso immediato, come quelle specificate dall’art. 586, comma 3, del codice di procedura penale.
Il provvedimento impugnato era una tipica ordinanza istruttoria, destinata a regolare l’acquisizione delle prove durante il processo. La legge processuale stabilisce che, di regola, eventuali vizi di tali ordinanze devono essere fatti valere insieme all’impugnazione della sentenza finale, e non attraverso un ricorso separato e immediato che finirebbe per frammentare e rallentare il procedimento.
Poiché il ricorso è stato proposto al di fuori dei casi consentiti, la Cassazione lo ha ritenuto ‘manifestamente infondato’ e, di conseguenza, lo ha dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. La condanna al pagamento della somma di denaro, come previsto dall’art. 616 cod. proc. pen., è scattata perché i giudici hanno ravvisato un profilo di ‘colpa’ nella presentazione del ricorso, citando la giurisprudenza della Corte Costituzionale (sent. n. 186/2000). Proporre un’impugnazione palesemente inammissibile costituisce, infatti, un uso negligente degli strumenti processuali che merita una sanzione.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chi opera nel diritto penale: non ogni atto del giudice è contestabile nell’immediato. La scelta di impugnare un’ordinanza dibattimentale deve essere attentamente vagliata alla luce delle norme che regolano l’ammissibilità dei ricorsi. Un’azione impulsiva o non supportata da una solida base giuridica non solo è destinata a fallire, ma espone l’imputato a conseguenze economiche significative. La decisione sottolinea l’importanza di affidarsi a una difesa tecnica competente, in grado di distinguere quali provvedimenti sono immediatamente ricorribili e quali doglianze devono, invece, essere conservate per l’eventuale impugnazione della sentenza conclusiva del processo.
È possibile impugnare immediatamente qualsiasi ordinanza emessa durante il dibattimento?
No. Secondo la decisione in esame, le ordinanze dibattimentali possono essere impugnate immediatamente solo nei casi tassativamente previsti dalla legge, come quelli indicati nell’art. 586, comma 3, del codice di procedura penale. Al di fuori di queste ipotesi, il ricorso è inammissibile.
Cosa accade se si presenta un ricorso in Cassazione per un caso non previsto dalla legge?
La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile ‘de plano’, cioè senza neppure esaminare il merito della questione. Il ricorrente viene inoltre condannato al pagamento delle spese processuali.
Perché il ricorrente è stato condannato anche al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende?
La condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria è una conseguenza prevista dall’art. 616 del codice di procedura penale quando il ricorso è dichiarato inammissibile. Ciò avviene perché la Corte ha riscontrato la ‘colpa’ del ricorrente nel presentare un’impugnazione manifestamente infondata, ovvero un atto giuridico palesemente privo dei presupposti per essere accolto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32678 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32678 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a FOGGIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/03/2025 del TRIBUNALE di VELLETRI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la ordinanza impugnata.
Rilevato che il ricorso è manifestamente infondato;
Considerato, infatti, che NOME COGNOME ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale Velletri che ha disposto lo stralcio, dal fascicolo del dibattimento, delle trascrizioni d conversazioni;
Rilevato che l’impugnazione è stata, quindi, proposta avverso ordinanza dibattimentale fuori dall’ipotesi di cui all’art. 586, comma 3 cod. proc. pen.;
Ritenuto che il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, de plano, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., e che il ricorrente deve essere condannato, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili colpa nella presentazione del ricorso (Corte Cost. n. 186 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 1’11 settembre 2025.