Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 35794 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 35794 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal:
COGNOME NOME, nato a MILANO il DATA_NASCITA In proprio e nella qualità di legale rappresentante delle RAGIONE_SOCIALE: RAGIONE_SOCIALE
AVVOCATI SENZA FRONTIERE
Nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME, nato a VICENZA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza della Corte d’appello di MILANO del 03/04/2025
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione, NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Lette le conclusioni proposte nell’interesse del ricorrente con memoria del 29 settembre 2025;
Letta la memoria proposta nell’interesse dell’imputato con nota del 3 ottobre 2025.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata del 3 aprile 2025, la Corte d’appello di Milano ha, in parziale riforma della decisione del Tribunale in sede del 20 febbraio 2020, appellata dall’imputato e dalle parti civili, e con la quale è stata affermata la responsabilità penale di NOME COGNOME in ordine al delitto di diffamazione, rideterminato la pena, confermando nel resto, e dichiarato inammissibile l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE.
Avverso la sentenza indicata della Corte d’appello di Milano ha proposto ricorso COGNOME NOME, in proprio e nella qualità di legale rappresentante delle RAGIONE_SOCIALE, con atto a firma del difensore, AVV_NOTAIO, affidando le proprie censure a due motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge in riferimento all’art. 573, comma 1-bis, cod. proc. pen.
Richiamata la genesi della norma e la ratio dell’istituto introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. a) n.2 del d.lgs. n. 150 del 2022, assume il ricorrente come, a seguito dell’appello non inammissibile proposto dalle parti civili, costituitesi il 17 gennaio 2023, alla Corte territoriale sarebbe stata preclusa ogni valutazione di merito, imponendosi, invece, la prosecuzione del giudizio in sede civile.
Contesta, inoltre, la declaratoria di inammissibilità dell’appello, statuita nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, per aver ritenuto la Corte che la medesima associazione non si fosse costituita parte civile, mentre la stessa è stata
puntualmente indicata come persona offesa nel capo d’imputazione ed ha depositato le proprie conclusioni all’udienza del 23 gennaio 2024.
2.2. Con il secondo motivo, deduce nullità della sentenza ex art. 546, comma 3, cod. proc. pen. per mancanza o incompletezza di elementi essenziali del dispositivo, non contenendo il medesimo statuizioni relative all’appello proposto da COGNOME NOME, in proprio e nella qualità di legale rappresentante dell’RAGIONE_SOCIALE.
Con requisitoria scritta, tempestivamente depositata, il sostituto Procuratore generale presso questa Corte, NOME COGNOME, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Con nota del 29 settembre 2025, il difensore del ricorrente ha replicato alle conclusioni del PG.
Il 3 ottobre 2025, il difensore dell’imputato ha depositato le conclusioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, proposto da NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di legale rappresentante p.t. di RAGIONE_SOCIALE, è inammissibile.
Il primo motivo, nella duplice declinazione delle cesure, è proposto fuori dei casi previsti dalla legge ed è, comunque, manifestamente infondato.
1.1.1. Dando seguito a quanto previsto dall’art. 1, comma 13, lett. d), della legge 27 settembre 2021 n. 134 (Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di RAGIONE_SOCIALE riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari), con cui si prescriveva, tra l’altro, di «adeguare la disciplina delle impugnazioni per i soli interessi civili, assicurando una regolamentazione coerente della materia» in conseguenza, peraltro, della necessità di disciplinare i rapporti tra il nuovo istituto dell’improcedibilità dell’azione penale per superamento dei termini di durata massima dei giudizi di impugnazione e l’azione civile esercitata nel processo penale, il legislatore ha modificato l’art. 573 cod. proc. pen., sia modificando il primo comma, riferito alle impugnazioni «per gli interessi civili» e non più, come in precedenza, «per i soli interessi civili» sia, soprattutto,
introducendo un comma 1 -bis di nuovo conio, nel quale si prevede che «quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice di appello e la Corte di cassazione, se l’impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile» (art. 33, comma 1, lett. a), n. 2, del d.lgs. n. 150 del 2022).
1.1.2. L’introduzione, in particolare, del comma 1 – bis dell’art. 573 cit. è stata spiegata, dalla Relazione illustrativa al decreto legislativo recante attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, come espressione, con riguardo all’ipotesi in cui sia assente un’impugnazione anche agli effetti penali, della «innovativa regola del trasferimento della decisione al giudice civile, dopo la verifica imprescindibile sulla non inammissibilità dell’atto svolta dal giudice penale», così determinandosi «un ulteriore risparmio di risorse, nell’ottica di implementare l’efficienza giudiziaria nella fase delle impugnazioni». La Relazione ha aggiunto che «con il rinvio dell’appello o del ricorso al giudice civile l’oggetto di accertamento non cambierebbe, ma si restringerebbe, dal momento che la domanda risarcitoria da illecito civile è già implicita alla domanda risarcitoria da illecito penale», concludendo poi che «non vi sarebbe pertanto una modificazione della domanda risarcitoria nel passaggio dal giudizio penale a quello civile» e che «ragionevolmente, l’eventualità dovrà essere prevista dal danneggiato dal reato sin dal momento della costituzione di parte civile, atto che pertanto dovrà contenere l’esposizione delle ragioni che giustificano ‘la domanda agli effetti civili’, secondo l’innovata formulazione dell’art. 78, lett. d)» (v. pag. 164 della Relazione pubblicata in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 245 del 19 ottobre 2022 – Suppl. Straordinario n. 5). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.1.3. Come argomentato da Sez. U, n. 38481 del 25/05/2023, D., Rv. 285036 01, risulta «evidente, sulla base della piana lettura del dato testuale delle nuove norme e del significato sistematico appena ricordato, il mutamento di coordinate operato rispetto al “pregresso” quadro: mentre in precedenza anche l’impugnazione ai soli effetti civili (ovvero, in altri termini, quella svolta in asRAGIONE_SOCIALE di ogni altra censura, da parte del medesimo impugnante ovvero dalle altre parti, riguardante i profili penali della decisione) era comunque destinata ad essere decisa dal giudice del processo penale nel quale era stata esercitata l’azione civile, benché non residuassero più aspetti di ordine penale (e a tale piano apparteneva pur sempre, per il giudizio di legittimità, l’epilogo eccezionale rappresentato dall’art. 622 cod. proc. pen.), all’esito della modifica in oggetto l’impugnazione (proposta, secondo la immutata regola generale di cui al primo comma dell’art. 573 cod. proc. pen.,
valevole anche nel caso di censure ai soli fini civili, nelle «forme ordinarie del giudizio penale») viene oggi ad essere decisa dal giudice civile, restando attribuito al giudice penale il solo compito di valutare la non inammissibilità dell’impugnazione stessa: la necessità di accelerazione dei tempi di decisione, che ha rappresentato, nell’impostazione della riforma, uno dei parametri ispiratori della stessa, e la naturale dismissione, allorquando non siano più in gioco, per effetto del relativo giudicato, profili penali, della ordinaria regola di “attrazione” nel campo penale anche delle questioni civilistiche nascenti dal reato, ha comportato che, una volta esclusa, dal giudice penale, la inammissibilità dell’impugnazione (che, per ragioni evidenti di economia processuale, determinerebbe, altrimenti, la definitiva conclusione del giudizio), il medesimo giudizio debba essere rinviato innanzi al giudice civile per la “prosecuzione” dello stesso e la decisione, nel merito, dell’impugnazione».
1.1.4. Nel caso in esame, la concorrenza – con il gravame spiegato dalle parti civili – dell’appello proposto dall’imputato esclude ex se l’applicazione dell’istituto che l’odierno ricorrente invoca, pertanto, fuori dei casi previsti dalla legge.
1.2. Manifestamente infondata è la doglianza che investe la declaratoria di inammissibilità dell’appello di RAGIONE_SOCIALE, statuita per non essersi la stessa mai costituita parte civile.
Il rilievo non è contestato dal ricorrente, che radica invece la pretesa legittimazione processuale della predetta associazione nella mera qualità di parte offesa.
Va, al riguardo, richiamato il principio – che va in questa sede ribadito – per cui «l’impugnazione presentata da persona offesa che non sia costituita parte civile va dichiarata inammissibile perché proposta da non avente diritto, non essendovi alcuna previsione normativa che legittima tale impugnazione» (Sez. 5, n. 17802 del 14/03/2017, P.O. in proc. M., Rv. 269714 – 01; Sez. 7, n. 48896 del 15/11/2012, COGNOME, Rv 253927, nonché Sez. 5, n. 17802 del 14/03/2017, M., Rv 269714).
E tanto rende inammissibile anche il ricorso proposto dalla stessa associazione in questa sede.
Il primo motivo è, pertanto, inammissibilmente proposto.
2.11 secondo motivo è manifestamente infondato.
La denunciata incompletezza del dispositivo, nella parte in cui non avrebbe riportato le statuizioni relative all’appello proposto da COGNOME, in proprio e nella qualità di legale rappresentante p.t. di RAGIONE_SOCIALE, è testualmente smentita sol che si evidenzi come, nel confermare l’impugnata
sentenza “nel resto”, la Corte d’appello abbia, all’evidenza, respinto tutti i motivi proposti, ad eccezione di quello svolto dall’imputato sul punto del trattamento sanzionatorio, e, quindi, il gravame delle parti civili.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, che si stima equo determinare in euro tremila, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
sidente
Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2025
Il Consigliere estensore