Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 11597 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 11597 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da;
NOME, nato a Milazzo il DATA_NASCITA,;
NOME, nato a Nyon (CH) il DATA_NASCITA,
avverso la sentenza del Tribunale di Patti del 20/06/2022
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere esclusa la punibilità per particolare tenuità del fatto.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 20/06/2022, il Tribunale di Patti condannava COGNOME NOME e COGNOME NOME alla pena di euro 600 di ammenda ciascuno in relazione alla contravvenzione di cui all’articolo 1161 cod. nav..
Avverso la sentenza proponevano – tramite il c:omune difensore, AVV_NOTAIO appello congiunto gli imputati, convertito in ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo lamentano che il giudice ha errato nel ritenere che, conclusa la stagione balneare, bisognasse smontare i manufatti amovibili (un chiosco, una pedana, un’insegna pubblicitaria), in quanto ai sensi dell’articolo 2 L.R. Sicilia n. 15/2005 la gestion stabilimenti balneari è consentita tutto l’anno.
2.2. Con il secondo motivo lamentano la mancanza dell’elemento psicologico del reato, in ragione della presenza di un meccanismo di rinnovo automatico delle concessioni balneari.
Inoltre, l’articolo 246 I. 145/2018 ha stabilito la possibilità di mantenere i manufatti amov installati fino al 31 dicembre 2020.
2.3. Con il terzo motivo, chiedono l’esclusione della punibilità per particolare tenuità d fatto. Ed infatti, era stata predisposta una richiesta di proroga fino al 2033, elemento che, un a quelli evidenziati nei motivi che precedono, avevano ingenerato un legittimo affidamento nella liceità della situazione.
2.4. Chiedono quindi, in conclusione, in via subordinata, l’assoluzione ai sensi del primo comma dell’articolo 530 cod. proc. Pen., del secondo comma della medesima disposizione, di proscioglimento ai sensi dell’articolo 131-bis cod. pen., o in estremo subordine, il riconoscimento delle attenuanti generiche e i benefici di legge.
CONSIDERATO IN DIRMO
1. Il ricorso è inammissibile.
Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, la conversione della impugnazione, secondo principio di conservazione degli atti, ha quale unico effetto giuridico processuale detta translatio judicii, ma non comporta affatto alcuna deroga alle regole proprie del giudizio di impugnazione correttamente qualificato.
Pertanto, l’atto convertito deve avere i requisiti di sostanza e forma stabiliti ai fini impugnazione che avrebbe dovuto essere proposta (in questo senso, v. Sez. 1, n. 2846 del 8/4/1999, COGNOME R, Rv. 213835, Sez. 3, n. 26905 del 22/04/2004, COGNOME, Rv. 228729; Sez. 4, n. 5291 del 22/12/2003 (dep.2004), COGNOME, Rv. 227092).
Ciò posto, l’appello proposto dai COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Patti, convertit – secondo il primo principio giurisprudenziale – in ricorso per cassazione, trattandosi di sentenz non appellabile ex art. 593, comma 3, cod. proc. pen., non possiede i requisiti contenutistic propri di tale mezzo di impugnazione.
Inoltre, Sez. 3, n. 1589 del 14/11/2019, dep. 2020, De Cicco, Rv. 277945 – 01 ha affermato che è inammissibile l’impugnazione proposta con mezzo di gravame diverso da quello prescritto, quando dall’esame dell’atto si tragga la conclusione che la parte abbia effettivamente voluto ed esattamente denominato il mezzo di gravame non consentito dalla legge.
Né, rileva l’ultima pronuncia citata, la soluzione adottata si pone in contraddizione con l previsione contenuta nell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., atteso che l’applicazione della disposizione sopra riportata presuppone che, ad onta della denominazione ad essa attribuita dalla parte, la impugnazione abbia le caratteristiche proprio del mezzo li gravame proponibile di fronte ad un giudice di:..1.’erso da quello, invece, prescelto dal ricorrente e che, pertanto sede di interpretazione dell’atto sia possibile attribuire all’atto stesso una qualificazione div da quella apparente.
Laddove, invece, il mezzo di impugnazione abbia le caratteristiche, sostanziali e formali, dello strumento di rivalutazione processuale esperibile, in via astratta, di fronte al giud prescelto, ed emerga in termini di chiarezza che esso sia stato consapevolmente utilizzato per come lo stesso appare dalla parte ricorrente, non entra in gioco la tematica relativa all’incompetenza del giudice adito, essendo questo astrattamente competente, ma esclusivamente la questione della inammissibilità del mezzo di impugnazione effettivamente e consapevolmente adottato dalla parte ricorrente. In una tale fattispecie non viene, quindi, i discussione la necessità di procedere alla trasmissione degli atti al giudice competente, ma solo la valutazione della ammissibilità o meno nel caso concreto del mezzo processuale da parte del giudice in astratto competente per quello.
Valutazione che, quanto al caso di specie, deve essere espressa nei termini della inammissibilità del ricorso, avendo il COGNOME voluto esperire uno strumento di impugnazione non consentito, sviluppando censure strutturate nelle forme tipiche dello strumento impugnatorio prescelto (valgano, per tutte, le richieste di assoluzione o di proscioglimento).
Pertanto, essendo stata formulata l’impugnativa per motivi diversi da quelli previst dall’articolo 606 cod. proc. pen., il ricorso va dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento. Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi pe ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inamrrissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00 per ciascun ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese proc e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 06/03/2024.