Impugnazione Inammissibile: Quando la Cassazione non può riesaminare le sue decisioni
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di impugnazione inammissibile, un concetto fondamentale nel diritto processuale penale. Il caso riguarda il tentativo di un ricorrente di impugnare una decisione già emessa dalla Corte di Cassazione, sollevando questioni cruciali sulla finalità dei giudizi e sui limiti dei mezzi di impugnazione. Analizziamo come la Corte ha affrontato la questione.
I fatti del caso: un percorso processuale complesso
La vicenda ha origine da una sentenza di condanna per un reato, emessa in contumacia dalla Corte di Appello di Brescia nel 2017. L’imputato, sostenendo di non aver avuto conoscenza del procedimento a suo carico, presentava un’istanza di restituzione nel termine per poter impugnare tale sentenza.
L’istanza veniva però rigettata dalla Corte di Cassazione con una sentenza del giugno 2024. Non arrendendosi, l’imputato proponeva un nuovo ricorso per cassazione, questa volta diretto proprio contro la decisione di rigetto appena emessa dalla stessa Suprema Corte. Con questo nuovo ricorso, egli lamentava un vizio di motivazione, sostenendo che la Corte avesse erroneamente ritenuto provata la sua conoscenza del procedimento.
La decisione della Corte e il principio di non impugnabilità
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato il ricorso palesemente inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento: le decisioni emesse dal giudice di ultima istanza, qual è la Corte di Cassazione, non sono suscettibili di un’ulteriore impugnazione ordinaria.
Questo principio garantisce la certezza del diritto e la definitività delle decisioni giudiziarie, evitando che i processi possano protrarsi all’infinito. Presentare un ricorso per cassazione avverso una decisione della stessa Cassazione è, salvo rarissime eccezioni, un’azione proceduralmente non consentita.
Le motivazioni: perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile
La Corte ha spiegato in modo dettagliato le ragioni della sua decisione. In primo luogo, ha chiarito che un provvedimento della Cassazione può essere messo in discussione solo in ipotesi eccezionali, come nel caso di “abnormità” dell’atto o per la correzione di errori materiali o di fatto. Nel caso specifico, i motivi addotti dal ricorrente non rientravano in nessuna di queste categorie, ma rappresentavano un tentativo di ottenere un nuovo giudizio sul merito di una questione già decisa.
Il ricorso, quindi, non era diretto a sanare un errore palese, ma a contestare la valutazione di merito effettuata dalla Quarta Sezione Penale. Questa è una strada che il sistema processuale non permette. Per rafforzare la sua decisione, la Corte ha richiamato una sentenza della Corte Costituzionale (n. 186/2000), sottolineando che non vi erano elementi per ritenere che il ricorrente avesse proposto l’impugnazione “senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”. In altre parole, l’errore procedurale era imputabile al ricorrente.
Le conclusioni: le conseguenze pratiche dell’inammissibilità
La dichiarazione di impugnazione inammissibile ha comportato due conseguenze dirette per il ricorrente, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale. In primo luogo, la condanna al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, il versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Questa ordinanza riafferma con forza il principio della non impugnabilità delle sentenze della Corte di Cassazione e serve da monito sull’importanza di utilizzare correttamente gli strumenti processuali. Tentare di percorrere strade non previste dalla legge non solo non porta al risultato sperato, ma può anche comportare significative conseguenze economiche.
È possibile impugnare una decisione della Corte di Cassazione con un altro ricorso per cassazione?
Di norma, no. Una decisione della Corte di Cassazione, in quanto giudice di ultima istanza, non è suscettibile di ulteriore impugnazione ordinaria. Le uniche eccezioni, molto limitate, riguardano l’abnormità del provvedimento o la presenza di errori materiali o di fatto, ipotesi che non ricorrevano nel caso specifico.
Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorrente è stato condannato al pagamento di una somma di 3.000 euro?
La condanna è una conseguenza diretta e prevista dalla legge per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. La Corte ha applicato la norma poiché non ha riscontrato elementi per ritenere che il ricorrente non fosse in colpa nel proporre un’impugnazione proceduralmente errata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5885 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5885 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 14/05/1964
avverso la sentenza del 21/06/2024 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che con sentenza depositata il 21 giugno 2024 la IV Sezione Penale della Corte dì cassazione rigettava l’istanza di restituzione in termine per l’impugnazione della sentenza del 27 febbraio 2017 con cui la Corte di appello di Brescia aveva condannato in contumacia NOME COGNOME alla pena di giustizia avendolo ritenuto colpevole del reato ascritto;
che avverso il provvedimento di rigetto emesso da codesta Corte ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto articolando un unico motivo di impugnazione con cui eccepiva il vizio di motivazione censurando in particolare il provvedimento opposto laddové era stata ritenuta provata la circostanza che prevenuto, all’epoca del procedimento di appello avesse contezza dell’esistenza del procedimento penale a suo carico.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che il provvedimento oggetto di impugnazione è costituito dalla sentenza resa in data 21 giugno 2024 con la quale la Quarta Sezione penale di questa Corte aveva rigettato l’istanza di rimessione in termini presentata dal Charkane;
che siffatto provvedimento, non è suscettibile di ulteriore impugnazione ordinaria essendo stato adottato dal Giudice di ultima istanza né i motivi di impugnazione addotti si riferiscono ad una ipotetica abnormità del provvedimento ovvero alla esistenza in esso di errori materiali o di fatto, uniche ipotesi che, stante la atipicità della prima e la straordinarietà della seconda, atteggiandosi a fattispecie di chiusura, avrebbero in linea astratta consentito l’impugnazione del provvedimento adottato;
che il ricorso devo perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2024
Il Consigliere COGNOME– p
il Presidente