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Impugnazione inammissibile: la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’impugnazione inammissibile presentata da un individuo contro una precedente decisione della stessa Corte. Il ricorso mirava a ottenere la restituzione dei termini per appellare una condanna. La Cassazione ha ribadito che le proprie sentenze non sono soggette a ulteriore impugnazione ordinaria, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Inammissibile: Quando la Cassazione non può riesaminare le sue decisioni

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di impugnazione inammissibile, un concetto fondamentale nel diritto processuale penale. Il caso riguarda il tentativo di un ricorrente di impugnare una decisione già emessa dalla Corte di Cassazione, sollevando questioni cruciali sulla finalità dei giudizi e sui limiti dei mezzi di impugnazione. Analizziamo come la Corte ha affrontato la questione.

I fatti del caso: un percorso processuale complesso

La vicenda ha origine da una sentenza di condanna per un reato, emessa in contumacia dalla Corte di Appello di Brescia nel 2017. L’imputato, sostenendo di non aver avuto conoscenza del procedimento a suo carico, presentava un’istanza di restituzione nel termine per poter impugnare tale sentenza.

L’istanza veniva però rigettata dalla Corte di Cassazione con una sentenza del giugno 2024. Non arrendendosi, l’imputato proponeva un nuovo ricorso per cassazione, questa volta diretto proprio contro la decisione di rigetto appena emessa dalla stessa Suprema Corte. Con questo nuovo ricorso, egli lamentava un vizio di motivazione, sostenendo che la Corte avesse erroneamente ritenuto provata la sua conoscenza del procedimento.

La decisione della Corte e il principio di non impugnabilità

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato il ricorso palesemente inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento: le decisioni emesse dal giudice di ultima istanza, qual è la Corte di Cassazione, non sono suscettibili di un’ulteriore impugnazione ordinaria.

Questo principio garantisce la certezza del diritto e la definitività delle decisioni giudiziarie, evitando che i processi possano protrarsi all’infinito. Presentare un ricorso per cassazione avverso una decisione della stessa Cassazione è, salvo rarissime eccezioni, un’azione proceduralmente non consentita.

Le motivazioni: perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile

La Corte ha spiegato in modo dettagliato le ragioni della sua decisione. In primo luogo, ha chiarito che un provvedimento della Cassazione può essere messo in discussione solo in ipotesi eccezionali, come nel caso di “abnormità” dell’atto o per la correzione di errori materiali o di fatto. Nel caso specifico, i motivi addotti dal ricorrente non rientravano in nessuna di queste categorie, ma rappresentavano un tentativo di ottenere un nuovo giudizio sul merito di una questione già decisa.

Il ricorso, quindi, non era diretto a sanare un errore palese, ma a contestare la valutazione di merito effettuata dalla Quarta Sezione Penale. Questa è una strada che il sistema processuale non permette. Per rafforzare la sua decisione, la Corte ha richiamato una sentenza della Corte Costituzionale (n. 186/2000), sottolineando che non vi erano elementi per ritenere che il ricorrente avesse proposto l’impugnazione “senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”. In altre parole, l’errore procedurale era imputabile al ricorrente.

Le conclusioni: le conseguenze pratiche dell’inammissibilità

La dichiarazione di impugnazione inammissibile ha comportato due conseguenze dirette per il ricorrente, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale. In primo luogo, la condanna al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, il versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Questa ordinanza riafferma con forza il principio della non impugnabilità delle sentenze della Corte di Cassazione e serve da monito sull’importanza di utilizzare correttamente gli strumenti processuali. Tentare di percorrere strade non previste dalla legge non solo non porta al risultato sperato, ma può anche comportare significative conseguenze economiche.

È possibile impugnare una decisione della Corte di Cassazione con un altro ricorso per cassazione?
Di norma, no. Una decisione della Corte di Cassazione, in quanto giudice di ultima istanza, non è suscettibile di ulteriore impugnazione ordinaria. Le uniche eccezioni, molto limitate, riguardano l’abnormità del provvedimento o la presenza di errori materiali o di fatto, ipotesi che non ricorrevano nel caso specifico.

Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorrente è stato condannato al pagamento di una somma di 3.000 euro?
La condanna è una conseguenza diretta e prevista dalla legge per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. La Corte ha applicato la norma poiché non ha riscontrato elementi per ritenere che il ricorrente non fosse in colpa nel proporre un’impugnazione proceduralmente errata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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