Impugnazione Imputato Detenuto: La Cassazione Chiarisce le Regole sull’Elezione di Domicilio
L’impugnazione da parte di un imputato detenuto solleva questioni procedurali delicate, dove il rigore formale deve bilanciarsi con il diritto fondamentale alla difesa e all’accesso alla giustizia. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 37376/2025, interviene su un punto cruciale introdotto dalla Riforma Cartabia: l’obbligo di dichiarare o eleggere domicilio all’atto dell’impugnazione. La Corte ha stabilito un principio chiaro: tale onere non sussiste per chi si trova in stato di detenzione, anche se per un’altra causa.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine da una condanna emessa dal Tribunale di Piacenza per reati legati agli stupefacenti. L’imputato, tramite il suo difensore, proponeva appello avverso tale sentenza. La Corte di appello di Bologna, tuttavia, non entrava nel merito del gravame, dichiarandolo inammissibile. La ragione? La mancata dichiarazione o elezione di domicilio contestualmente al deposito dell’atto di appello, un requisito introdotto a pena di inammissibilità dall’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale.
Contro questa decisione, l’imputato ricorreva per cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nell’applicare la norma, poiché egli si trovava in stato di detenzione. La sua tesi era che la condizione di detenuto rendesse di fatto inapplicabile l’onere di elezione di domicilio, pensato per garantire la reperibilità dell’imputato libero.
Impugnazione imputato detenuto e l’onere di elezione di domicilio
L’articolo 581, comma 1-ter, c.p.p., introdotto dal d.lgs. n. 150/2022 (Riforma Cartabia), ha lo scopo di assicurare la certezza e la rapidità delle notificazioni nel giudizio di appello. Impone all’imputato non detenuto, che presenta impugnazione, di depositare una dichiarazione o elezione di domicilio per le notifiche del procedimento. La sanzione per l’omissione è drastica: l’inammissibilità dell’appello.
La questione sottoposta alla Cassazione era se questa norma dovesse applicarsi anche all’impugnazione di un imputato detenuto. La Corte di Appello aveva risposto affermativamente, applicando la norma in modo letterale. Tuttavia, la difesa dell’imputato e il Procuratore Generale presso la Cassazione hanno sostenuto la tesi opposta, evidenziando una fondamentale differenza di status.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza e rinviando per un nuovo giudizio. Il ragionamento dei giudici si fonda su un’interpretazione logico-sistemica della norma, orientata a garantire i diritti fondamentali. La Corte ha ribadito un principio già affermato in precedenza (sent. n. 15666/2024): l’onere di cui all’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. non si applica all’imputato detenuto.
La motivazione è chiara e stringente: per l’imputato detenuto, il problema della reperibilità non sussiste. Le notifiche, infatti, devono essere eseguite a mani proprie direttamente nel luogo di detenzione. Questa modalità garantisce già il massimo grado di certezza della conoscenza dell’atto da parte del destinatario. Imporre un ulteriore onere formale, come l’elezione di domicilio, sarebbe non solo superfluo, ma si tradurrebbe in un ostacolo ingiustificato all’esercizio del diritto di difesa e di accesso alla giustizia, tutelato anche dall’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).
Erroneamente, quindi, la Corte di appello aveva addebitato alla difesa un onere che, data la condizione di detenzione dell’imputato, non era richiesto dalla legge.
Le Conclusioni
La sentenza in commento consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Essa chiarisce che le nuove formalità introdotte dalla Riforma Cartabia devono essere interpretate alla luce dei principi costituzionali e convenzionali, evitando automatismi che possano pregiudicare i diritti della difesa. Per l’impugnazione di un imputato detenuto, la garanzia della notifica personale prevale su qualsiasi altro adempimento formale volto a garantire la reperibilità. Questa decisione non solo ripristina il diritto dell’imputato a un giudizio di appello, ma fornisce anche una guida sicura per i giudici di merito nell’applicazione delle nuove norme procedurali, assicurando che la forma non prevalga mai sulla sostanza del diritto.
Un imputato detenuto deve eleggere domicilio quando presenta appello?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo di dichiarare o eleggere domicilio previsto dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. non si applica all’imputato che si trovi in stato di detenzione, anche se per un’altra causa.
Perché questa regola non si applica ai detenuti?
Perché la finalità della norma è garantire la notifica degli atti all’imputato. Per un detenuto, questa garanzia è già massima, in quanto le notifiche devono essere eseguite a mani proprie presso l’istituto di detenzione. Imporre l’elezione di domicilio sarebbe un onere superfluo che potrebbe ostacolare il diritto alla difesa.
Cosa succede se una Corte d’Appello dichiara inammissibile l’appello di un detenuto per mancata elezione di domicilio?
La decisione è errata e può essere annullata dalla Corte di Cassazione. Come avvenuto in questo caso, la Cassazione annulla la sentenza di inammissibilità e rinvia il processo alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio che entri nel merito dell’impugnazione.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 37376 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 37376 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME, nato in Marocco il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/02/2025 della Corte di appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Bologna ha dichiarato inammissibile il gravame proposto dall’imputato NOME COGNOME avverso la sentenza emessa il 3 giugno 2024 dal Tribunale di Piacenza con la quale il predetto imputato è stato riconosciuto colpevole dei reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 73 d.P.R. n. 309/90 ed altro e condannato a pena di giustizia. La Corte di appello ha ritenuto l’impugnazione inammissibile, in quanto mancante della dichiarazione o elezione di domicilio ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato che con atto a mezzo del difensore deduce con unico motivo erronea applicazione dell’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen. e violazione dell’art. 156 cod. proc. pen., in quanto la prima disposizione non si applica al caso, quale quello ricorrente nella specie, in cui l’imputato appellante sia detenuto anche per altra causa.
In assenza di istanza di trattazione orale il AVV_NOTAIO generale ha concluso per iscritto chiedendo l’annullamento con rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
La sentenza impugnata ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello dell’imputato sulla base della rilevata mancanza di dichiarazione o l’elezione di domicilio da parte sua, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio in appello, ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., vigente al momento del deposito della impugnazione.
Ritiene questo Collegio che deve darsi seguito al prevalente orientamento secondo il quale, in tema di impugnazioni, la previsione di cui all’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che richiede, a pena di inammissibilità, il deposito della dichiarazione o dell’elezione di domicilio unitamente all’atto d’impugnazione, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, non trova applicazione nel caso in cui l’imputato impugnante sia detenuto, pur se per altra causa, dovendo comunque procedersi alla notificazione a mani proprie nei confronti del detenuto, a garanzia del diritto di accesso effettivo alla giustizia sancito dall’art. 6 Convenzione EDU (Sez. 6, n. 15666 del 29/02/2024, COGNOME, Rv. 286301 – 01).
Nella specie, invero, risultava alla Corte di appello la condizione di detenzione in carcere per altra causa dell’imputato, cosicché erroneamente è stato addebitato alla sua difesa l’onere previsto dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen.
Ne consegue l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.
Così deciso il 15/10/2025.