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Impugnazione imputato detenuto: le regole sull’appello

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’Appello che aveva dichiarato inammissibile l’appello di un imputato perché mancava l’elezione di domicilio. La Suprema Corte ha stabilito che tale obbligo, previsto dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., non si applica nel caso di impugnazione di un imputato detenuto, anche se per altra causa, poiché la notifica degli atti è già garantita a mani proprie in carcere, tutelando il diritto di accesso alla giustizia.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Imputato Detenuto: La Cassazione Chiarisce le Regole sull’Elezione di Domicilio

L’impugnazione da parte di un imputato detenuto solleva questioni procedurali delicate, dove il rigore formale deve bilanciarsi con il diritto fondamentale alla difesa e all’accesso alla giustizia. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 37376/2025, interviene su un punto cruciale introdotto dalla Riforma Cartabia: l’obbligo di dichiarare o eleggere domicilio all’atto dell’impugnazione. La Corte ha stabilito un principio chiaro: tale onere non sussiste per chi si trova in stato di detenzione, anche se per un’altra causa.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da una condanna emessa dal Tribunale di Piacenza per reati legati agli stupefacenti. L’imputato, tramite il suo difensore, proponeva appello avverso tale sentenza. La Corte di appello di Bologna, tuttavia, non entrava nel merito del gravame, dichiarandolo inammissibile. La ragione? La mancata dichiarazione o elezione di domicilio contestualmente al deposito dell’atto di appello, un requisito introdotto a pena di inammissibilità dall’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale.

Contro questa decisione, l’imputato ricorreva per cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nell’applicare la norma, poiché egli si trovava in stato di detenzione. La sua tesi era che la condizione di detenuto rendesse di fatto inapplicabile l’onere di elezione di domicilio, pensato per garantire la reperibilità dell’imputato libero.

Impugnazione imputato detenuto e l’onere di elezione di domicilio

L’articolo 581, comma 1-ter, c.p.p., introdotto dal d.lgs. n. 150/2022 (Riforma Cartabia), ha lo scopo di assicurare la certezza e la rapidità delle notificazioni nel giudizio di appello. Impone all’imputato non detenuto, che presenta impugnazione, di depositare una dichiarazione o elezione di domicilio per le notifiche del procedimento. La sanzione per l’omissione è drastica: l’inammissibilità dell’appello.

La questione sottoposta alla Cassazione era se questa norma dovesse applicarsi anche all’impugnazione di un imputato detenuto. La Corte di Appello aveva risposto affermativamente, applicando la norma in modo letterale. Tuttavia, la difesa dell’imputato e il Procuratore Generale presso la Cassazione hanno sostenuto la tesi opposta, evidenziando una fondamentale differenza di status.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza e rinviando per un nuovo giudizio. Il ragionamento dei giudici si fonda su un’interpretazione logico-sistemica della norma, orientata a garantire i diritti fondamentali. La Corte ha ribadito un principio già affermato in precedenza (sent. n. 15666/2024): l’onere di cui all’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. non si applica all’imputato detenuto.

La motivazione è chiara e stringente: per l’imputato detenuto, il problema della reperibilità non sussiste. Le notifiche, infatti, devono essere eseguite a mani proprie direttamente nel luogo di detenzione. Questa modalità garantisce già il massimo grado di certezza della conoscenza dell’atto da parte del destinatario. Imporre un ulteriore onere formale, come l’elezione di domicilio, sarebbe non solo superfluo, ma si tradurrebbe in un ostacolo ingiustificato all’esercizio del diritto di difesa e di accesso alla giustizia, tutelato anche dall’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

Erroneamente, quindi, la Corte di appello aveva addebitato alla difesa un onere che, data la condizione di detenzione dell’imputato, non era richiesto dalla legge.

Le Conclusioni

La sentenza in commento consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Essa chiarisce che le nuove formalità introdotte dalla Riforma Cartabia devono essere interpretate alla luce dei principi costituzionali e convenzionali, evitando automatismi che possano pregiudicare i diritti della difesa. Per l’impugnazione di un imputato detenuto, la garanzia della notifica personale prevale su qualsiasi altro adempimento formale volto a garantire la reperibilità. Questa decisione non solo ripristina il diritto dell’imputato a un giudizio di appello, ma fornisce anche una guida sicura per i giudici di merito nell’applicazione delle nuove norme procedurali, assicurando che la forma non prevalga mai sulla sostanza del diritto.

Un imputato detenuto deve eleggere domicilio quando presenta appello?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo di dichiarare o eleggere domicilio previsto dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. non si applica all’imputato che si trovi in stato di detenzione, anche se per un’altra causa.

Perché questa regola non si applica ai detenuti?
Perché la finalità della norma è garantire la notifica degli atti all’imputato. Per un detenuto, questa garanzia è già massima, in quanto le notifiche devono essere eseguite a mani proprie presso l’istituto di detenzione. Imporre l’elezione di domicilio sarebbe un onere superfluo che potrebbe ostacolare il diritto alla difesa.

Cosa succede se una Corte d’Appello dichiara inammissibile l’appello di un detenuto per mancata elezione di domicilio?
La decisione è errata e può essere annullata dalla Corte di Cassazione. Come avvenuto in questo caso, la Cassazione annulla la sentenza di inammissibilità e rinvia il processo alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio che entri nel merito dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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