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Impugnazione imputato detenuto: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha stabilito che un’impugnazione presentata da un imputato detenuto non può essere dichiarata inammissibile per la mancata elezione di domicilio. La Corte ha chiarito che tale onere, previsto dall’art. 581, comma 1-ter c.p.p., non si applica ai soggetti in stato di detenzione, poiché le notifiche devono essere eseguite personalmente presso il luogo di detenzione. La sentenza impugnata, che aveva dichiarato l’inammissibilità dell’appello, è stata annullata e gli atti sono stati rinviati alla Corte d’Appello per la prosecuzione del giudizio.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Imputato Detenuto: Niente Elezione di Domicilio

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 9336 del 2024, affronta una questione cruciale in materia di procedura penale: gli obblighi formali per l’impugnazione dell’imputato detenuto. La Corte ha stabilito un principio fondamentale a tutela del diritto di difesa, chiarendo che l’onere di eleggere domicilio, introdotto dalla Riforma Cartabia a pena di inammissibilità, non si applica a chi si trova in stato di detenzione. Questa decisione previene un’ingiusta compressione del diritto di accesso alla giustizia.

Il Caso: Appello Inammissibile per Mancata Elezione di Domicilio

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato avverso un’ordinanza della Corte d’Appello di L’Aquila. Quest’ultima aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto dal ricorrente contro una sentenza di condanna. La ragione dell’inammissibilità era la mancata allegazione, contestualmente all’atto di impugnazione, della dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio, come richiesto dall’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale.

Il ricorrente, tuttavia, sosteneva due punti chiave:
1. Di aver adempiuto a tale onere in un momento successivo al deposito dell’appello, ma prima dell’emissione del decreto di citazione.
2. Soprattutto, di essere detenuto per altra causa e che, pertanto, tale onere non fosse a suo carico, dato che l’art. 156 c.p.p. impone che le notifiche all’imputato detenuto vengano sempre eseguite personalmente presso il luogo di detenzione.

L’Impugnazione dell’Imputato Detenuto e la Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno annullato l’ordinanza della Corte d’Appello, disponendo la trasmissione degli atti per la prosecuzione del giudizio. La Suprema Corte ha ribadito un orientamento giurisprudenziale già consolidato, secondo cui la previsione dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. non opera nei confronti dell’imputato che si trovi in stato di detenzione al momento della proposizione del gravame.

le motivazioni

La decisione della Corte si fonda su una logica giuridica stringente e sulla tutela dei diritti fondamentali. I giudici hanno spiegato che imporre a un imputato detenuto l’onere di eleggere domicilio sarebbe un adempimento privo di effetti pratici e in contrasto con altre norme procedurali. La legge (art. 156 c.p.p.) stabilisce chiaramente che le notificazioni all’imputato detenuto devono essere eseguite ‘a mani proprie’ nel luogo di detenzione. Questa regola speciale prevale su quella generale.

Di conseguenza, l’elezione di domicilio sarebbe un atto superfluo, poiché l’autorità giudiziaria è comunque tenuta a notificare gli atti presso l’istituto penitenziario. Imporre un simile onere, a pena di inammissibilità, si tradurrebbe in una violazione del diritto all’accesso effettivo alla giustizia, sancito anche dall’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

La Corte ha inoltre sottolineato un aspetto decisivo del caso specifico: lo status detentionis dell’imputato era già noto alla Corte d’Appello, poiché emergeva dall’intestazione della stessa sentenza impugnata. L’autorità procedente, essendo a conoscenza dello stato di detenzione, avrebbe dovuto applicare la disciplina speciale per le notifiche, senza poter dichiarare inammissibile l’appello.

le conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio di garanzia fondamentale nel processo penale: le formalità non possono trasformarsi in ostacoli insormontabili all’esercizio del diritto di difesa, specialmente per i soggetti che si trovano in una condizione di vulnerabilità come quella detentiva. La Corte di Cassazione ha chiarito che la conoscenza dello status detentionis da parte del giudice obbliga quest’ultimo a seguire le procedure di notifica specifiche, rendendo inapplicabile l’onere di elezione di domicilio. Questa pronuncia rappresenta un importante baluardo contro interpretazioni eccessivamente formalistiche della legge, assicurando che il diritto di impugnare una sentenza possa essere esercitato in modo effettivo da tutti, inclusi gli imputati detenuti.

L’imputato detenuto è obbligato a depositare la dichiarazione o elezione di domicilio quando presenta un atto di impugnazione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la previsione dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., che impone tale obbligo a pena di inammissibilità, non si applica nei confronti dell’imputato che si trovi in stato di detenzione.

Perché l’obbligo di elezione di domicilio non si applica all’imputato detenuto?
Perché le norme procedurali (in particolare l’art. 156 c.p.p.) prevedono che le notifiche all’imputato detenuto debbano essere sempre eseguite personalmente presso il luogo di detenzione. Pertanto, l’elezione di domicilio risulterebbe un adempimento privo di effetti pratici e imporlo costituirebbe una violazione del diritto di accesso alla giustizia.

Cosa succede se un’autorità giudiziaria è a conoscenza che un imputato è detenuto, anche per altra causa?
Se lo stato di detenzione (status detentionis) risulta dagli atti, l’autorità procedente è tenuta ad applicare le norme specifiche per le notificazioni ai detenuti. Di conseguenza, non può dichiarare l’appello inammissibile per la mancata elezione di domicilio, in quanto tale onere non opera in questi casi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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