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Impugnazione imputato detenuto: domicilio obbligatorio

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4606/2024, ha dichiarato inammissibile un appello, stabilendo che l’obbligo di eleggere domicilio con l’atto di impugnazione, introdotto dalla Riforma Cartabia, si applica anche in caso di impugnazione da parte di un imputato detenuto per un’altra causa. La decisione sottolinea che tale requisito formale è essenziale per garantire la certezza delle notifiche future, nell’eventualità di una scarcerazione dell’imputato prima della notifica del decreto di citazione a giudizio.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Imputato Detenuto: L’Obbligo di Eleggere Domicilio

La Riforma Cartabia ha introdotto nuove e stringenti regole procedurali, tra cui spicca l’obbligo di eleggere domicilio all’atto di presentazione di un’impugnazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 4606 del 2024, ha affrontato un caso specifico e di grande rilevanza pratica: cosa succede in caso di impugnazione da parte di un imputato detenuto? La Corte ha stabilito che l’obbligo sussiste anche quando l’imputato si trova in carcere per una causa diversa da quella oggetto del ricorso, pena l’inammissibilità dell’appello. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato in primo grado dal Tribunale, proponeva appello avverso la sentenza. Al momento della presentazione del gravame, l’imputato era detenuto, ma per un’altra e diversa causa. Il suo difensore ometteva di depositare, unitamente all’atto di appello, la dichiarazione o elezione di domicilio, come richiesto dal nuovo art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale.

La Corte d’Appello, rilevando tale omissione, dichiarava l’appello inammissibile de plano, ovvero senza procedere alla celebrazione di un’udienza. Il difensore dell’imputato ricorreva quindi in Cassazione, sostenendo che l’obbligo di elezione di domicilio non dovrebbe applicarsi all’imputato detenuto, poiché per legge le notifiche devono comunque essere eseguite presso il luogo di detenzione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. Ha stabilito che l’appello era manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione della ratio della norma introdotta dalla Riforma Cartabia, che mira a garantire la certezza e la celerità delle notificazioni, in particolare quella del decreto di citazione per il giudizio d’appello.

Le Motivazioni: la distinzione cruciale sull’impugnazione dell’imputato detenuto

La Cassazione ha sviluppato un ragionamento articolato, basato su una distinzione fondamentale. Un conto è l’imputato detenuto per il reato oggetto dell’impugnazione, un altro è l’impugnazione dell’imputato detenuto per una causa completamente diversa.

Nel caso analizzato, il problema non è la notifica all’imputato mentre è detenuto, ma ciò che potrebbe accadere dopo. Tra il momento del deposito dell’appello e quello, spesso distante nel tempo, della notifica per l’udienza, l’imputato detenuto per altra causa potrebbe essere scarcerato. In tale scenario, senza un domicilio eletto, l’autorità giudiziaria si troverebbe in difficoltà nel rintracciarlo, vanificando lo scopo della norma.

La Corte ha precisato che il rimedio previsto dall’art. 161, comma 3, c.p.p. (che impone al detenuto di dichiarare un domicilio al momento della scarcerazione) non è applicabile in questo contesto. Tale obbligo, infatti, ha efficacia solo per il procedimento per cui era stata disposta la detenzione, e non si estende automaticamente ad altri procedimenti, come quello d’appello in questione.

L’obbligo imposto dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. è un adempimento formale richiesto a pena di inammissibilità proprio per prevenire questo scollamento temporale e garantire che il processo di secondo grado possa svolgersi regolarmente, assicurando la conoscenza effettiva degli atti da parte dell’imputato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza consolida un’interpretazione rigorosa delle nuove norme procedurali. Per i difensori, emerge la chiara indicazione che l’obbligo di depositare la dichiarazione o elezione di domicilio insieme all’atto di impugnazione è un requisito non derogabile, anche quando l’assistito è detenuto. La distinzione ‘per la stessa causa’ o ‘per altra causa’ diventa decisiva. Omettere questo adempimento, confidando nello stato di detenzione del cliente, espone al rischio concreto di una declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione, con conseguenze gravissime per l’imputato. La pronuncia ribadisce la volontà del legislatore di responsabilizzare le parti processuali per garantire l’efficienza e la ragionevole durata del processo.

Un imputato detenuto per una causa diversa da quella per cui appella deve eleggere domicilio con l’atto di impugnazione?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo previsto dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. si applica anche in questo caso. L’omissione comporta l’inammissibilità dell’appello.

Qual è la ragione di questo obbligo per un imputato già detenuto?
La norma ha una funzione preventiva. Mira a garantire la certezza della notificazione del decreto di citazione a giudizio nel caso in cui l’imputato venga scarcerato nel periodo che intercorre tra la presentazione dell’appello e la fissazione dell’udienza.

L’obbligo di dichiarare domicilio al momento della scarcerazione (art. 161, comma 3, c.p.p.) non è sufficiente?
No. Secondo la Corte, tale dichiarazione ha validità solo per il procedimento per cui si era in stato di detenzione. Non si estende automaticamente ad altri procedimenti, come quello d’appello per un reato diverso, rendendo necessaria l’elezione di domicilio specifica richiesta per l’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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