Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1177 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1177 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2023
, dita la relazione svolta da! Consigliere NOME COGNOME !ette/sentite le conclusioni del PG
1..1dito il difensore
RITENUTO IN FATTO
L’ordinanza impugnata è stata pronunziata il 28 giugno 2023 dalla Corte di appello di Roma, che ha dichiarato inammissibile, ai sensi degli artt. 89 d.igs. n. 150/2022 e 581, commi 14er e 1-quater, cod. proc. pen., l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso !a sentenza del Tribunale di Roma del 24 marzo 2023, disponendo l’esecuzione del provvedimento impugnato e condannando l’imputato alle spese del grado.
La Corte Territoriale, preso atto che la sentenza di primo grado, è stata emessa e depositata in data 24 marzo 2023 e che avverso la stessa, con atto depositato in data 8 aprile 2023 è stato proposto appello da parte del difensore dell’imputato, ha rilevato che:
gli artt. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. (così come introdotti dall’art. 33 del digs. 150/2022, la c.d. Riforma Cartabia) richiedono che unitamente all’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori sia depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio (art. 581 co. 1 ter nonché, ove trattasi di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, che, unitamente all’atto di appello sia depositato, a pena di inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato ai fini della notificazione d decreto che dispone il giudizio (art. 581, comma 1-quater);
tale disposizione, ai sensi dell’art. 89 c.o. :3 d.igs. 150/2022, si applica per impugnazioni proposte avverso le sentenze pronunciate in data successiva all’entrata in vigore del succitato decreto, ossia dopo il 30.12.2022;
che, nel caso di specie, l’appello proposto avverso la sentenza del 24 marzo 2023, manca dello specifico mandato ad impugnare oltre che della dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato.
Sulla base di tali argomenti ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello.
Avverso la predetta ordinanza, ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, articolando le censure in tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, si contesta violazione di legge in relazione agli artt. 581, comma 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen,. in combinato disposto con l’art. 89 !,2).igs, n. 150/2022,
Ripercorrendo quanto statuito dall’art. 581, comma 1-ter e 1-quater, cod. proc, pen’ così come introdotto dalla c.d. riforma Cartabia, dopo averne operato una diffusa critica, i! ricorrente ritiene che, se il fine dell’elezione di domicilio ap duello della notificazione del decreto di citazione a giudizio, non si comprende
perché tale incombenza sia stata rilevante ai fini dell’inammissibilità dell’atto d appello, posto che la Corte territoriale ha notificato l’ordinanza stessa di inammissibilità presso il difensore dell’imputato ove questi in precedenza eletto domicilio. Non si spiega perché l’elezione di domicilio depositata nel primo grado di giudizio, e valevole per tutti i successi gradi, assente l’imputato, debba valere per la notifica dell’ordinanza di inammissibilità e non possa valere ai fini dell’att introduttivo del giudizio.
Pertanto, appare viziata da falsa applicazione dell’art. 581, comma 1-ter e 1quater, cod. proc. pen., la motivazione dell’ordinanza secondo la quale la mancanza di elezione di domicilio rileverebbe in un caso e non nell’altro.
Avrebbe dovuto piuttosto concludersi che essendo l’elezione di domicilio già depositata in atti, essa fosse valida ed efficace anche per la citazione nel giudizio di appello.
2.2. Con il secondo motivo, si deduce violazione di legge in relazione agli artt. 581, comma 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. in combinato disposto con l’art. 89 D.Igs. n. 150/2022 e con gli artt. 157-ter cod. proc. pen. e art. 175 cod. proc. pen., e vizio di motivazione.
TI ricorrente evidenzia come il legislatore, stante la criticità di interpretazio sistematica e letterale della nuova previsione di cui all’art. 581 c.p.p., abbia previsto una serie di possibili tutele compensative, che si sostanziano anzitutto nell’art. 157-ter cod. proc. peri., dettato in tema di notifiche degli atti introdu del giudizio all’imputato non detenuto, e nell’art. 175 cod. proc. pen., concernente la restituzione nel termine. Precisamente, tale ultimo articolo, così come modificato dalla riforma Cartabia, prevede al comma 2.1., un’ipotesi specifica di restituzione in termini per l’imputato giudicato in assenza laddove io stesso fornisca la prova di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non aver potuto proporre impugnazione nei termini senza sua colpa. A tal proposito, il ricorrente evidenzia quanto affermato nella Relazione illustrativa al d.lgs. 150/2022, secondo cui la riproposizione dell’istituto del restituzione nei termine viene giustificata proprio alla luce dell’onere aggiuntivo per proporre appello, ossia il deposito di una procura speciale contenente la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto d citazione a giudizio.
in vista di ciò, secondo il ricorrente, la Corte territoriale, avrebbe dovu rimettere l’imputato nella condizione di produrre quanto richiesto, anche se già resente negli atti processuali, mediante l’assegnazione di un termine. Una tale Interpretazione estensiva si risolverebbe in un ulteriore strumento compensativo coerente col nuovo sistema introdotto.
In ogni caso si rileva che l’art. 581, commi I ter e 1 quater, cod. proc. pen. si pone in contrasto con l’art. 24 Cost.: affermare che l’imputato non possa fruire del mandato già conferito al difensore in primo grado, stante anche la sua assenza nel medesimo giudizio, implicherebbe una compromissione delle garanzie difensive, tanto più grave poiché priverebbe colui che è a giudizio della possibilità di proporre impugnazione, modalità di esercizio tra le più qualificanti del diritto di difesa.
2.3. Con il terzo motivo, si chiede sollevarsi questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod .proc. pen. – nella parte in cui prevede che è depositato, a pena di inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazio dei decreto di citazione a giudizio – per violazione degli artt. 3 e 24 Cost, dell’art. 6 par. 3, lett. b) della Convenzione per la salvaguardia dei diri dell’uomo e delle libertà fondamentali, dell’art. 14 par. 3 lett. b) del Patt internazionale relativo ai diritti civili e politici.
Il ricorrente richiede, dunque, la rimessione alla Corte costituzionale delle questioni incidentali rappresentate e che traggono origine dalle modificazioni introdotte con la riforma Cartabia all’art. 581 cod. proc. pen., evidenzianti l’incompatibilità di tale normativa con le norme costituzionali in materia.
Tali questioni sollevano i seguenti temi:
Ll’irnpugnazione della sentenza di condanna rappresenta all’evidenza, una delle componenti essenziali del diritto di difesa sancito dall’art.24 Costo non a caso, la disposizione costituzionale in oggetto tutela l’attività defensionale con esplicito riferimento ai diversi “gradi” del procedimento, nella piena consapevolezza dell’assoluta centralità assunta dai meccanismi di impugnazione nell’ambito di un sistema processuale finalizzato a prevenire 1 rischio di una ingiusta condanna, con conseguente indebita limitazione della libertà personale. Allo stesso modo, nel riconoscere il valore costituzionale della presunzione di non colpevolezza, i’art.27 Cost. evoca espressamente in senso contrario il presupposto della “definitività” dell’eventuale condanna, con evidente richiamo al possibile ribaltamento – nei gradi successivi – dell’ingiusta sentenza che dovesse essere stata pronunciata in primo grado nei confronti dell’imputato.
Sotto altro aspetto – prosegue il ricorso – l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giudiziari sancito dall’art. 111 Cost. trova poi a sua volta fondamentale corollario nella comune possibilità di verifica della effettiva legittimità dei medesimi, ed a maggior ragione a fronte di eventuali decisioni di “condanna” che incidono direttamente sulla libertà dei cittadini e tali, pertanto. da determinare l’esigenza di un controllo più diffuso, completo e penetrante,
destinato appunto ad esplicarsi proprio attraverso il “sistema” delle impugnazioni tradizionalmente previsto nell’ordinamento a garanzia dell’imputato. Pur in assenza di un esplicito riconoscimento formale all’interno degli art, 24, 27 e 111 Cost, (che richiama espressamente il solo ricorso per cassazione), la facoltà di appellare le sentenze di condanna a pena detentiva senza limiti e preclusioni ingiustificate, rappresenta, pertanto, un profilo assolutamente insopprimibile del diritto di difesa dell’imputato, così come concretamente strutturato nell’assetto costituzionale vigente. Si ricorda in ricorso che, anche di recente, la Corte Costituzionale ha avuto infatti modo di sottolineare che «il potere di impugnazione dell’imputato si correla al fondarnentale valore espresso dal diritto di difesa (art. 24 Cost.), che ne accresce la forza di resistenza al cospetto di sollecitazioni di segno inverso (sentenze n, 274 del 2009, n. 26 del 2007 e n. 98 del 1994), ricordando che a livello sovranazionale, l’art. 14, paragrafo 5, del Patto internazionale sui diritti civili e politici, adottato a New York il 16 dicemb 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881, e l’art. 2 del Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984, ratificato e reso esecutivo con legge 9 aprile 1990, n, 98, garantiscono appunto «il diritto a far riesaminare la decisione da una giurisdizione superiore, o di seconda istanza» proprio «a favore della persona dichiarata colpevole o condannata per un reato» (in questi termini. Corte Cost. n. 34 del 2020);
2. la centralità sistematica e costituzionale della disposizione generale di cui all’art. 571 cod. proc. pen, e le concrete limitazioni introdotte dall’art. 581 comma 1-ter e 1-quater cod, proc. pen. in tema di forma dell’impugnazione: nel quadro costituzionale appena richiamato, l’insopprimibile correlazione fra il diritto all’impugnazione della sentenza di condanna di primo grado e la difesa “tecnica” garantita all’imputato dall’ad, 24 Cost, è chiaramente enunciata dall’art. 571 cod, proc, pen, secondo i quale «può proporre impugnazione il difensore dell’imputato al momento del deposito del provvedimento ovvero il difensore nominato a tal fine», fermo restando che «l’imputato, nei modi previsti per la rinuncia, può togliere effetto all’impugnazione proposta dal suo difensore»;
3 la negazione di un’effettiva parità tra le parti in materia di impugnazione mediante svuotamento della difesa tecnica in un momento cruciale per l’esito del giudizio: sotto un primo profilo, verrebbe in rilievo il mancato rispetto del principio di parità fra le parti ai fini dell’impugnazione e l’inammi svuotamento della difesa tecnica proprio al cospetto di un passaggio quanto m decisivo per l’estrinsecazione del diritto di difesa. Nella richiamata sentenz del 2007 la Corte costituzionale ha infatti affermato che il principio di parit parti rappresenta un connotato essenziale dell’intero processo e deve es
pertanto adeguatamente garantito anche nell’ambito del sistema delle impugnazioni, di talché le possibili menomazioni del potere spettante alla pubblica accusa, nel confronto con !o speculare potere dell’imputato, devono risultare esse stesse sorrette da una “ragionevole giustificazione”, in assenza della quale sono inevitabilmente destinate ad assumere specifici profili di illegittimità costituzionale. Lungo questa linea ricostruttiva, il giusto process descritto dall’art.111 Cost. informerebbe, quindi, all’evidenza anche il regime delle impuanazioni in una prospettiva costantemente ancorata al raggiungimento all’esito dei vari gradi del processo – di una “decisione corretta” e tesa a valorizzare armonicamente le opposte facoltà di contestazione dell’approdo proposto dal primo giudicante, nel rispetto dei diritto di difesa sancito dall’art. 2 Cost. Viceversa, nel quadro appena tratteggiato, la prevista limitazione dell’autonoma facoltà di appello del difensore dell’imputato assente, che dovrebbe ora sollecitare il suo assistito al rilascio di uno specifico “mandato ad impugnare” ne; ristretti termini previsti per l’impugnazione, determinerebbe, innanzitutto, una evidente asimmetria con il potere che resta per converso riconosciuto al Pubblico Ministero in caso di assoluzione. All’esito di eventuali condanne ingiuste, il difensore dovrebbe infatti attivarsi, proprio al cospetto di un imputato assente e per questo non facilmente raggiungibile, per sollecitarlo a valutare l’opportunità Oi assumere – suo tramite – una specifica iniziativa processuale a tutela dei suoi diritti, mentre il rappresentante della pubblica accusa impegnato nello stesso giudizio in qualità di semplice Sostituto del Procuratore della Repubblica manterrebbe intatto il suo potere di appellare la sentenza di assoluzione senza alcun ulteriore passaggio.
Alla iettura del dispositivo, i rappresentanti dell’accusa e della difesa chiamati ad incarnare ed a garantire I contraddittorio proprio attraverso la loro “necessaria” presenza finirebbero in realtà per esprimere, in conseguenza della limitazione in esame, una asimmetria davvero evidente, astrattamente colrnabile solo nei caso in cui l’imputato dovesse venire a sua volta a conoscenza della sentenza emessa a suo carico. Sotto tale profilo, un’ingiustificata disparità di trattamento rileverebbe, inoltre, anche in relazione alla posizione della parte civile, la qual vede tuttora riconosciuto il suo diritto all’impugnazione sulla base di una procura rilasciata anche “prima” della sentenza da impugnare. Sul punto le Sezioni Unite – prosegue il ricorrente – hanno evidenziato la naturale ampiezza delle facoltà connaturate al ruolo di difensore della parte civile al punto da riconoscere ai medesimo il potere di interporre gravarne pur in presenza di una procura o di un mandato alle liti non contenente alcun espresso riferimento all’impugnazione o ai gradi successivi (sentenza n, 44712/2004).
A risultare incrinata, in una disciplina siffatta, è a ben vedere la stessa logica d una “difesa tecnica” posta in grado di operare con continuità e senza inutili ostacoli lungo l’intero percorso processuale (percorso costituzionalmente rappresentato come detto da una pluralità di gradi di giudizio), in modo da poter supplire alle limitate cognizioni dell’imputato (o del suo eventuale procuratore speciale) in ordine alle modalità di svolgimento dei processo penale, ai suoi tempi ed ai suoi possibili approdi sì da porlo, per l’appunto, in una condizione di “parità” con la pubblica accusa. Una simile forma di “cesura” nella continuità del rapporto defensionale dovrebbe necessariamente accompagnarsi, per poter risultare “ragionevole”,, con una formale comunicazione all’imputato dell’esito del giudizio di primo grado, in linea con !a pregressa disciplina del c.d, estratto contumaciale che viene invece in questo caso del tutto pretermessa. Se, come affermato nella relazione dai Massimario, la previsione in questione risulta infatti determinata dalla «esigenza di selezione in entrata, delle impugnazioni, caducando quelle che non siano espressione di una scelta ponderata e rinnovata, in limine impugnationis, ad opera della parte», è evidente che in una prospettiva costituzionale la parte dovrebbe essere posta allora in condizione di esercitare consapevolmente la scelta in questione. Al contrario, l’art.581 comma 1-quater esprime la volontà di utilizzare a scopo deflattivo !a mancata conoscenza della sentenza di condanna da parte dell’imputato assente e non certo quella di favorire una scelta ponderata e consapevole da parte del medesimo.
Per il ricorrente va, altresì, ricordato che la sentenza n. 317 del 2009 ha già precisato che il diritto di difesa ed il principio di ragionevole durata del process non GLYPH possono GLYPH entrare GLYPH in GLYPH comparazione, GLYPH ai fini GLYPH del GLYPH bilanciamento, indipendentemente dalla completezza del sistema delle garanzie, in quanto ciò che rileva è esclusivamente la durata del «giusto» processo, quale delineato proprio dail’art. 111 Cost.;
4. irragionevole differenziazione delle modalità di accesso all’impugnazione dell’imputato assente rispetto a quello presente. Sostiene il ricorrente che, anche laddove si ritenesse di poter superare i rilievi attinenti alio stravolgiment dell’assetto costituzionale del sistema delle impugnazioni ed all’inammissibile interruzione del rapporto difensivo “all’insaputa dell’imputato”, deve poi rilevarsi, sotto altro profilo, anche l’ingiustificata differenziazione della disciplina relat all’imputato “assente” rispetto a quella dell’imputato presente, scientemente attuata dall’art. 581 comma 1-quater cod, proc. pen. proprio in ragione degli obiettivi “pratici” perseguiti dal legislatore ed al di fuori di qualsiasi coere sistematica. La necessità di uno specifico mandato ad impugnare viene infatti riferita al solo imputato assente e non invece all’imputato presente, i! cui difensore mantiene ancora intatta la propria facoltà di autonoma impugnazione a
prescindere dal “deposito” del “mandato”: già sotto il profilo logico, una simile distinzione appare quindi intrinsecamente irragionevole, in quanto fondata su un dato di per sé stesso irrilevante ai fini della impugnazione, ovvero l’avvenuta partecipazione dell’imputato ad una delle udienze. Per il ricorrente la norma in esame mostra, invece, di prescindere completamente dal fatto che l’imputato sia venuto o meno a conoscenza della sentenza pronunciata nei di lui confronti, ovvero dell’unico parametro che potrebbe astrattamente assumere una sua rilevanza al fine di imporre ai medesimo uno specifico onere di attivazione.
In termini di effettività del diritto di difesa, la disposizione di cui all’art. 58 . 1-quater cod. proc. gen, si rivelerebbe, poi, non soltanto illogica, ma addirittura paradossale: a fronte dell’esigenza costituzionale di evitare condanne ingiuste, proprio l’imputato assente – come tale più frequentemente ignaro dell’esito del giudizio di primo grado e delle motivazioni addotte a sostegno della sua condanna – dovrebbe essere infatti garantito, a maggior ragione, proprio dal potere di impugnazione del suo difensore. A tale riguardo, la Corte Costituzionale ha del resto già avuto modo di richiamare espressamente le insuperabili indicazioni fornite dai Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa con la risoluzione del 21 maggio 1975, n. 11, con la quale sono state espressamente individuate le garanzie che devono essere comunque assicurate all’imputato assente, stabilendo, tra le «regole minime». che «ogni persona giudicata in sua assenza deve poter impugnare la decisione con tutti i mezzi di gravame che le sarebbero consentiti qualora fosse stata presente» (Corte Cost. sentenza na317/2009);
5.irragionevolezza della disciplina introdotta in tema di deposito, a pena di inammissibilità, della elezione di domicilio. La stessa disposizione normativa relativa al mandato ad impugnare dispone altresì, sempre a pena di inammissibilità, che l’impugnazione si accompagni al deposito, ai fini del decreto di citazione a giudizio, della “dichiarazione” o della “elezione di domicilio dell’imputato”. Già sotto il profilo letterale e sistematico, la norma in questione solleva evidenti perplessità, atteso che l’imputato “appellante” ha già avuto modo di dichiarare o di eleggere domicilio in precedenza per l’intero procedimento a suo carico, con espresso avvertimento dell’esigenza di comunicarne l’eventuale modifica, mentre l’art. 164 cod. proc. pen. chiarisce che detta elezione avrà appunto effetto proprio per l’atto di citazione in giudizio ai sensi dell’art,601 cod. proc. pen. Da un lato, non si ravvisa pertanto l’esigenza di alcun ulteriore adempimento in sede di impugnazione, dall’altro il previsto “deposito” sembrerebbe in ogni caso Potersi riferire anche alla “elezione di domicilio” già presente in atti. A tali censure si aggiungerebbe, inoltre, la palese irragionevolezza di una norma che risulta asseritamente finalizzata a semplificare
“la notificazione del decreto di citazione a giudizio”, valorizzando in tal modo una esigenza rispetto alla quale sarebbe persino ovvio prevedere che in assenza di una rinnovata elezione di domicilio o di un nuovo deposito della elezione in atti l’imputato possa eventualmente divenire domiciliato ex lege presso il difensore, ma non certo una paradossale inammissibilità dell’impugnazione determinata dalla asserita “difficoltà di notifica” in tal modo causata;
6. irragionevolezza della norma di diritto intertemporale e profilo di collisione con l’art. 24 Cost. Del tutto irragionevole appare, infine, per il ricorrente anche l norma di diritto intertemporale riguardante il mandato ad impugnare del difensore dell’imputato assente. Alcune delle motivazioni addotte nel vano tentativo di giustificare la limitazione del potere di impugnazione del difensore dell’imputato assente ponevano infatti in evidenza !a contestuale valorizzazione di una diretta partecipazione dell’imputato al giudizio di primo grado, o quantomeno la garanzia di una sua reale conoscenza dell’accusa mossa a suo carico nell’ambito del procedimento in questione. Tuttavia, il legislatore ha inteso affermare l’applicabilità dell’art.581′ comma 1-quater cod. proc. pen. anche nei confronti degli imputati che fossero stati dichiarati “assenti” sulla base dell pregressa disciplina, individuando quale unico parametro di riferimento la data della sentenza. L’evidente lesione del diritto di difesa prodotta da una simile disciplina ha peraltro indotto il legislatore ad estendere l’applicazione delle disposizioni dell’art. 175, nuovo comma 2,1, cod, proc. pen. a parziale “compensazione” del maggior onere ora previsto per l’impugnazione “ordinaria” dall’art. 581, comma 1-quater, mediante il possibile ricorso ad un rimedio post iudicaturn. Un simile tentativo di compensazione mostra tuttavia di pretermettere le evidenti problematiche connesse ai rimedi post ludicatum in termini di libertà personale, potendo gli stessi attivarsi solo in un momento nel quale si siano già verificati gravi danni per effetto del passaggio in giudicato della sentenza e del conseguente inizio di esecuzione della pena detentiva. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
il sostituto Procuratore generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
4.11 difensore ha fatto pervenire memoria difensiva con cui insiste nell’accogiimento del ricorso, nonché memoria di replica alle argomentazioni svolte dal P.G. nella requisitoria scritta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
11 ricorso e inammissibile.
1.Rileva il giudice di appello che la inammissibilità della impugnazione dipende dalla mancata osservanza dell’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen., come novellato dall’art. 33 lett. d) d.lgs. n.150/2022 applicabile, a sensi dell’art. 89 comma 3 dello stesso decreto legislativo, alla sentenza pronunciata – come quella del caso di specie – dopo l’entrata in vigore della riforma e pertanto a partire dal 30.12.2022 (secondo quanto previsto dall’art.99bis di. 162/2022 convertito nella legge 199/2022).
Secondo l’art.581, comma 1-ter, con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, è depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio; ai se dell’art. 581, comma 1-quater, nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza — ipotesi ricorrente nella fattispecie in esame – con l’atto di impugnazione dei difensore è depositato, a pena di inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione d decreto di citazione a giudizio; nel caso di specie è pacifico che non sia stato rilasciato il mandato ad impugnare la sentenza di primo grado, né tanto meno è stata effettuata la dichiarazioni o elezione di domicilio pure prevista dal comma lequater dell’art. 581.
A fronte di tali dati, il ricorso si appunta soprattutto su una decisa critica de disposizioni in parola al punto da chiedere a questa Corte di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 581 commi 1-ter e 1-quater, nei termini e per ie ragioni indicate nel ritenuto in fatto.
1.1. Vi sono poi le censure che affliggono direttamente la sentenza impugnata lamentando essenzialmente che non si sia considerato che agli atti vi era comunque una precedente dichiarazione di domicilio dell’imputato e, per altro verso, che non sia stato concesso all’imputato un termine per rimediare alle carenze formali riscontrate.
Sicché, sebbene pregiudiziale sia la questione di incostituzionalità sollevata in ricorso, appare opportuno partire proprio da tali censure la cui disamina consentirà di iniziare ad addentrarsi nell’esame delle nuove disposizioni in argomento.
Va innanzitutto osservato – e ciò si pone come valida premessa anche ai fini dell’esatto inquadramento della questione di legittimità su cui si ornerà nello specifico in prosieguo – che quelli in questione sono adempírnenti specifici cui la parte è tenuta dopo la pronuncia della sentenza che si intende impugnare, di talché non può ritenersi valida la eventuale dichiarazione o elezione di domicilio già presente agli atti, né tanto meno può ritenersi valido il mandato conferito
prima della pronuncia da impugnare, richiedendo espressamente la norma di cui al comma 1-quater dell’art, 581 cod. proc, pen, che il mandato specifico ad impugnare sia rilasciato dopo la pronuncia della sentenza.
La nuova regola relativa alla dichiarazione o elezione di domicilio da rendere con l’impugnazione si colloca, a sua volta, nel nuovo sistema di notificazioni predisposto per gli atti introduttivi del giudizio da notificare all’imputato n detenuto: se fosse stata sufficiente la precedente dichiarazione o elezione di domicilio, la previsione di cui al comma 1-ter – e la speculare di cui al comma 1quater – dell’art. 581 non avrebbe avuto ragion d’essere prevedendo già l’art. 157-ter cod. proc. pen., ai primo comma, per le notificazioni degli atti introduttivi di primo grado e per la stessa citazione in appello, che la notifica deve intervenire presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’art. 161 de codice di rito, salvo precisare, al terzo comma, che ove si tratti di impugnazione, la notificazione dell’atto di citazione a giudizio è eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell’art. 581 commi 1-ter e 1-quater (domicilio che potrà quindi coincidere con quello già dichiarato o eletto in precedenza ai sensi dell’art. 161 ma dovrà in ogni caso essere nuovamente depositato unitamente all’atto di impugnazione o refluire nel mandato specifico ad impugnare).
Evidente è la differenziazione che si è, sotto certi aspetti, inteso effettuare tra regime di notificazione degli atti di citazione del primo grado di giudizio e quell che afferiscono il giudizio impugnatorio prevedendosi per questi ultimi che la notificazione deve essere effettuata e solo – presso il domicilio dichiarato o eletto emergente dai nuovo atto depositato unitamente all’impugnazione ovvero indicato nei mandato specifico di cui al comma 1-quater, mentre per le notifiche degli atti introduttivi relativi ai primo grado il riferimento – ovviamente – è a dichiarazione o elezione di domicilio compiuta nell’ambito del procedimento di primo grado.
Sicché si può prendere in considerazione una precedente dichiarazione o elezione di domicilio solo se essa è stata rinnovata da parte dell’imputato attraverso uno dei modi previsti dai commi 1-ter e 1-quater. Militano in tal senso sia la nitidezza del tenore letterale delle disposizioni in argomento dell’art. 581 e di quelle di cui all’art. 157-ter, che, nel disciplinare le notificazioni degli atti introdutti giudizio all’imputato non detenuto, come detto, espressamente prevede comma terzo che in caso di impugnazione la notificazione dell’atto di citazion giudizio nei confronti dell’imputato è eseguita esclusivamente presso il domic dichiarato o eletto ai sensi dell’art. 531 commi 1-ter e guater, sia la sottesa all’adempimento in paroia che non si esaurisce nella sola esigenz facilitazione dei compito della cancelleria nelia predisposizione della notifica
ma che persegue il ben più pregnante obbiettivo di rendere quanto più possibile certo I buon esito della notificazione e quindi la conoscenza della citazione in giudizio da parte dell’imputato, obbiettivo che evidentemente per essere conseguito presuppone l’attualità della dichiarazione o elezione di domicilio; con la conseguenza che eventuali indicazioni già effettuate con precedente dichiarazione o elezione di domicilio affinché possano continuare ad avere efficacia devono essere ‘attualizzate’ dall’imputato – e non da altri – al momento dell’impugnazione (d’altronde nel caso di cui al cornma 1-quater e espressamente previsto che la dichiarazione o elezione di domicilio debba confluire nel mandato specifico che è un atto dell’imputato).
A ben vedere l’interpretazione qui proposta consente di superare i dubbi di incostituzionalità delle disposizioni in argomento che anche il difensore del presente procedimento ha inteso sollevare, dal momento che il «sacrificio» che scaturisce dall’imposizione dell’adempimento in parola non è affatto irragionevole non esaurendosi la sua ratio nella sola facilitazione dei compiti della cancelleria, ma rispondendo, essa, ad un’esigenza ben precisa che è, come detto, quella di favorire quanto più è possibile la effettiva conoscenza da parte dell’imputato della citazione a giudizio in un momento cruciale quale è appunto quello della celebrazione del giudizio impugnatorío (che si svolge a distanza di tempo – a volte anche consistente rispetto al giudizio di primo grado).
Quanto poi alla possibilità di una sorta di rimessione in termini, per la produzione post del mandato specifico e della dichiarazione o elezione di domicilio, essa non è contemplata dalla legge, che con le nuove previsioni in parola ha inteso coniugare l’esigenza di certezza della conoscenza della citazione a giudizio da parte dell’imputato con quella della ragionevole durata del processo, oltre che assicurare il coinvolgimento nell’impugnazione dell’imputato assente; sicché consentire la possibilità di integrare ex post le carenze formali vanificherebbe del tutto la seconda delle suindicate esigenze, oltre che la stessa pregnanza delle nuove previsioni che mirano in definitiva a promuovere impugnazioni consapevoli, tenuto anche conto delle conseguenze che da esse possono discendere (identica ragione milita per la irrilevanza di un mandato ad impugnare preesistente alla pronuncia della sentenza da impugnare).
Sicché, allorquando si tratti di imputato che è stato presente in primo grado, si è ritenuto sufficiente – senza che ciò si risolva in una ingiustificata disparità trattamento, è I caso di anticipare sin d’ora – la dichiarazione o elezione di domicilio ad hoc per ottemperare all’esigenza di celerità e al contempo di certezza della notificazione nel caso deli’imputato rimasto assente in primo grado si è invece ritenuta necessaria anche la sua partecipazione diretta all’impugnazione mediante il riiascio di mandato specifico ad impugnare,
Trattandosi di mandato specifico ad impugnare, esso si giustifica, però, solo quando sussista il presupposto dell’atto da compiere; esso, pertanto, deve essere non solo necessariamente di data successiva a quella della sentenza da impugnare, ma anche – tenuto conto delle ragioni suindicate che il legislatore ha inteso attribuire al passaggio processuale legato all’impugnazione – contestuale all’impugnazione, come d’altronde prevede espressamente l’art. 581 comma-1 quater (che stabilisce che con l’atto dì impugnazione è depositato specifico mandato ad impugnare).
Il rimedio apprestato dal sistema penale è piuttosto da individuare nel “nuovo” istituto della restituzione nel termine previsto dall’art. 175 cod. proc, pen., cui peraltro riferimento la stessa difesa, che operando ex post in relazione a quei casi di mancata impugnazione che non siano dipesi da colpa, non stravolge il sistema medesimo ma è coerente con esso perseguendo la finalità di apprestare innanzitutto rimedi di tipo restitutorio lasciando come residuali quelli rescissori.
D’altro canto, la difesa non ha neppure chiarito gli antecedenti fattuali che avrebbero impedito od ostacolato un “contatto” con ‘assistito, ai fini del rilascio
della dichiarazione od elezione di domicilio e della formalizzazione del mandato ad impugnare, limitandosi solo ad argomentare e peraltro per altri fini – in linea generale sulle difficoltà del rapporto difensivo con l’imputato assente (avallando sia pure tra !e righe un inappropriato accostamento dell’imputato assente a quello irreperibile).
Alla luce di tutto quanto esposto nel presente paragrafo – e di tutto quanto si osserverà nel prosieguo della presente trattazione – si devono affermare i seguenti principi di diritto.
Gli adempimenti formali di cui all’art. 581 cornn – ìa 1-ter e comma 1- quater cod. proc. pen., tenuto conto della ratio sottesa alla loro introduzione devono intervenire all’atto dell’impugnazione, non prima né dopo di essa, sicché l’esistenza già in atti di un mandato ad impugnare o di una dichiarazione o elezione di domicilio non sortisce effetti rispetto all’impugnazione, essendo necessaria la rinnovata consapevole volontà dell’imputato nello specifico momento impugnatorío.
Affinché possa avere efficacia, anche rispetto all’impugnazione, la dichiarazione o elezione di domicilio effettuata in precedenza è necessario che la sua allegazione sia indicativa di rinnovata volontà dichiarativa da parte dell’imputato, che essa refiuisca nel mandato specifico ad impugnare, come prevede la disposizione normativa di C.IA al’ comma 1-quater dell’ad:, 581 cod. proc. pen., o che, ove venga allegata ai sensi del comma 1-ter dell’ad, 581 cod., proc. pen., il suo contenuto reiterativo sia comunque in qualche modo riconducibile all’imputato.
Quanto alla questione di legittimità costituzionale, questo Collegio osserva che essa, pur evidentemente rilevante rispetto al caso di specie, avendo i! ricorso ad oggetto la declaratoria di inammissibilità pronunciata dalla Corte di appello orocrio in base alle disposizioni normative tacciate di incostituzionalità in ricorso, è manifestamente infondata,
2.1. Secondo la tesi proposta in ricorso, il legislatore, introducendo con l’art.581 comma 1-quater cod. proc. pen., una specifica disposizione relativa alla forma dell’impugnazione concernente il solo imputato assente, avrebbe determinato un surrettizio stravolgimento del precedente assetto sistematico. 06 perché, mentre la “legittimazione” all’impugnazione resta disciplinata dall’art.571 cod.. proc, pen., il mancato deposito del mandato ad impugnare rilasciato dopo l’impugnando provvedimento dovrebbe determinare la inammissibilità dell’atto del difensore a ciò legittimato, in ragione di un vizio ch afferirebbe appunto alla forma dell’impugnazione in tal modo proposta.
Secondo COGNOME ricorrente, a fronte dello stravolgimento dell’assetto delle impugnazioni ,concernenti le sentenze d condanna emesse a carico di un imputato assente che conseguirebbe inevitabilmente alla disposizione di nuovo
conio, evidenti sarebbero i profili di collisione con le norme costituzionali d riferimento (artt. 24 Cost., 6 par. 3 lett. h) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e deile libertà fondamentali, art. 14 par. 3 lett, b) del Pa Internazionale relativo ai diritti politici e
Evidente è piuttosto l’erroneità dell’approccio alla questione da parte del ricorrente, che, nel richiamare il diritto di difesa, di cui quello ad impugnare una proiezione, ha ritenuto che determinate limitazioni quanto alla forma dell’impugnazione – quali quelle in argomento – si ripercuotessero necessariamente sulla effettività delisesercizio di quel diritto. Tuttavia non considera il ricorrente che non è certamente l’indiscriminata possibilità di impugnare i provvedimenti, in qualunque modo e con qualunque forma, a permeare il diritto di difesa, che per poter trovare adeguata esplicazione necessita invece di forme e tempistiche che, nello scandirne l’ordinato esercizio, consapevole, contribuiscano alla realizzazione proprio di quel “giusto processo di durata ragionevole”, cui ricorso si appella, favorendo l’effettività di u contraddittorio che passi anche attraverso anche ia proposizione di impugnazione consapevole e ai contempo una definizione più rapida del giudizio.
I nuovi requisiti di forma introdotti dalla riforma – che richiedono la dichiarazion o elezione di domicilio e, in caso di assenza, anche il mandato specifico ad impugnare vanno piuttosto a rafforzare il quadro delle regole preesistenti che imponendo scansioni temporali precise e ia chiarezza delle questioni che danno corpo alle impugnazioni, contribuiscono a favorire decisioni celeri e al contempo razionali, che per essere anche espressione di giusto processo devono evidentemente intervenire attraverso giudizi “partecipati” o che siano quanto meno promossi consapevolmente dall’imputato. I requisiti ora introdotti, prima mancante vanno a corroborare proprio, da un lato, l’esigenza di certezza e celerità, e, dail’altro, quell’effettività del contraddittorio che permea il gi processo, di ragionevole durata, completando il quadro dei requisiti dell’impugnazione rispetto a profili e momenti nevralgici giustamente colti dal legislatore della riforma.
Trattasi di requisiti di forma che nel disciplinare le modalità di esplicazione dei potere di impugnazione non ne limitano l’esercizio e non si esauriscono in vuoti formalismi privi di ragionevolezza, essi anzi contribuiscono a connotare il sistema di organicità e coerenza non solo interna ma anche rispetto alle previsioni costituzionali e sovranazionali. La stessa previsione del rilascio del mandato specifico ad impugnare rigorosamente e ai momento dell’impugnazione non è tesa a circoscrivere le ipotesi di impugnazione come adombra i ricorrente o a restringerne la portata ; non incidendo essa né sui casi né sui contenuti dell’impugnazione, ma tende piuttosto a far sì che ia decisione di impugnare sia
sorretta anche dalla parte direttamente interessata, sia frutto anche di una scelta consapevole dell’imputato, oltre che del suo difensore, la cui assistenza e difesa è soprattutto di tipo tecnico, laddove l’impugnazione involge anche aspetti non necessariamente collegati con la visione tecnica del processo.
Tale previsione non si risolve affatto in una limitazione del diritt all’impugnazione, e quindi del diritto di difesa, che risulta, per altro vers rafforzato nella misura in cui la decisione di impugnare è rimessa anche alla decisione dell’imputato che rimasto assente nel processo ha più di un legittimo interesse e di una legittima aspettativa al suo coinvolgimento in un momento cruciale quale è appunto quello dell’impugnazione.
Attraverso tale previsione, a ben vedere, si traduce sul piano concreto quell’osmosi tra difensore e imputato che il processo in assenza – che vede ‘imputato rappresentato dai difensore – implica; sicché la ulteriore perplessità difensiva riguardo alla mancanza di conoscenza da parte dell’imputato assente della sentenza di prirr10 grado – per la quale non è prevista alcuna forma di comunicazione all’imputato – è assorbita dal sistema che compensa l’assenza dell’imputato con la disposizione di cui al comma quarto dell’art. 420-bis cod. proc. pen., che prevede che esso – salvo che la legge disponga diversamente rappresentato dal difensore, previsione che evidentemente comporta degli drieri informativi da parte di quest’ultimo.
D’altra parte, è pacifico che il diritto di difesa non si esplica solo attraverso difesa tecnica del difensore essendo riconosciuta la possibilità all’imputato di prendere parte in ogni momento al processo ovvero di provvedere direttamente e personalmente ad integrare col proprio personale contributo la sua difesa (che idspetto a determinati atti personalissimi deve addirittura esplicarsi necessariamente solo attraverso la persona dell’imputato),
2.2. Si rileva, condividendosene appieno gli ampi argomenti spesi, che in relazione ad analoghe questioni già avanzate dalla difesa in altri procedimenti, questa Corte ha già avuto modo di pronunciarsi, in diverse occasioni. In particolare, la pronuncia Sez: 5 n. 46831/2023 del 22.9..2023, allo stato non massirnata (qui pienamente condivisa quanto a ricostruzione dell’istituto e alla sua ratio) ha gia osservato riguardo agli adempimenti richiesti dal legislatore per l’accesso ai giudizio impugnatorio, che secondo la giurisprudenza costituzionale, sebbene in materia di conformazione degli istituti processuali il legislatore goda di ampia discrezionalità, e il controllo di costituzionalità debba limitarsi riscontrare se sia stato o meno superato i; limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte compiute, nel relativo sindacato deve essere verificato che si bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato con modalità tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva e, pertanto, incompatibile con il dettato costituzionale (da ultimo, Corte cost., sent. n. 212 dei 2020, n. 71. del 2015, n. 17 del 2011, n, 229 dei 2010, n. SO del 2010, n. 221 del 2008 e n, 1130 del 1988; ordinanza n, 141 dei 2001).
Ciò posto, non può ritenersi affatto irragionevole fa previsione che richiede lo specifico mandato ad impugnare dell’imputato assente nei giudizio di primo grado — né quella generale di allegazione della dichiarazione o elezione di domicilio – non comportando nessuno di tali adempimenti un «sacrificio» del diritto ad impugnare, risultando piuttosto essi pienamente giustificati dalla ratio legis sopra indicata (come già individuata anche in diverse pronunce di questa Corte intervenute sul terna – cfr. tra le altre, Sez, 4, n. 43718 del 11/10/2023, Rv. 285324 – 02. che ha evidenziato che lo scopo manifesto della novella legislativa è quello di selezionare in entrata le impugnazioni, caducando quelle che non siano espressione di una scelta ponderata e rinnovata, in limine impugnationis, ad opera della parte; ed ha altresì, già, condivisibilmente, osservato che la Corte costituzionale nella pronuncia n.34 del 26 febbraio 2020 ha ribadito che la garanzia del doppio grado di giurisdizione non fruisce, di per sé, di riconoscimento costituzionale (ex plurimis, sentenze n, 274 e n, 242 del 2009.. n, 298 del 2008, n. 26 del 2007, n, 288 del 1997, n. 280 del 1995; ordinanze n, 316 del 2002 e n. 421 del 2001, ) anche se a livello sovranazionale’ l’art. 14, paragrafo 5, del Patto internazionale sui diritti civili e politici, adot New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n 881, e l’art. 2 del Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, adottato a Strasburgo i! 22 novembre 1984, ratificato e reso esecutivo con legge 9 aprile 1990, n. 98, prevede il diritto a far riesaminare la decisione da una giurisdizione superiore, o di seconda istanza, a favore della persona dichiarata colpevole o condannata per un reato e sebbene la riconducibilità del potere d’impugnazione ai diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. renda meno disponibile tale potere a interventi limitativi), Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.3.Alla stregua di tutto quanto sopra esposto, altrettanto condivisibile, ragionevole e logica appare anche la ratio legis di operare una diversa scelta tra l’imputato presente, per il quale non è previsto io specifico mandato ad impugnare, e quello rimasto assente (d’altra parte per l’imputato ‘presente’ è comunque prevista la necessità della dichiarazione o elezione di domiciiio che pur rappresenta un’interfaccia col momento propositivo dell’impugnazione, sebbene la specifica finalità ad essa sottesa sia quella della certezza della citazione nell’ottica di un contraddittorio reale)
Né potrebbe ravvisarsi una disparità di trattamento rispetto alla parte pubblica i cui poteri impugnatori risentono di ben altre limitazioni consone con il ruolo alla medesima attribuito che sono state peraltro già ritenute conformi al dettato costituzionale.
D’altra parte, la doglianza che la difesa ha inteso far valere pure al riguardo, relativa ai tempi ristretti per impugnare nonostante gli aggravi procedurali introdotti dalla riforma, non trova ragion d’essere dal momento che in caso di impugnazione del difensore dell’imputato assente, in attuazione della delega, sono stati aumentati di quindici giorni i termini per impugnare previsti dall’art. 585, comma i.
Tutto ciò a prescindere dai fatto che la questione della disparità di trattamento rispetto ai poteri impugnatori della parte pubblica e della parte civile è irrilevant rispetto al caso di specie in cui non vi è stata impugnazione né della parte pubblica né di quella privata, e tenuto conto che alla luce di tutto quanto sopra esposto è da ritenere razionale e legittima, di contro, la scelta del legislatore che ha introdotto le nuove disposizioni in argomento (e si tratterebbe al più di vagliare la legittimità della mancata introduzione di analoghe regole per la parte civile impugnante che nel caso di specie non è neppure costituita).
In definitiva, le disposizioni di nuovo conio sono frutto di scelte del legislatore non sindacabili perché non creano frizioni col sistema nel quale, anzi, si inseriscono perfettamente.
Dalle ragioni sin qui esposte deriva la deciaratoria di inammissibilità del ricorso, cui consegue, per legge, ex art. 616 cod. proc. pen a la condanna del ricorrente ai pagamento delle spese di procedimento, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal medesimo atto impugnatorio, al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entità delle questioni trattate.
P.Q.M,
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di eure 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/11/2023,