Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 22016 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 22016 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 15/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in MAROCCO il 01/01/1988 avverso la sentenza del 05/02/2025 della Corte d’appello di Milano.
Udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria depositata dalla Procura generale, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano, con sentenza del 5 febbraio 2025, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza
del Tribunale della stessa sede emessa in data 5 maggio 2023. La Corte distrettuale ha rilevato l’inammissibilità dell’atto di gravame, in quanto mancante sia dello specifico mandato a impugnare, rilasciato dall’imputato successivamente alla data della pronuncia impugnata (5 maggio 2023), che della dichiarazione o della elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notifica dell’atto introdutt del giudizio di appello, come disposto dall’articolo 581, comma 1 quater cod.proc.pen. Nella sentenza è sottolineato che l’imputato è stato giudicato in primo grado in assenza. La Corte distrettuale ha pure rilevato che l’appello, per la genericità dei motivi, non superava comunque il vaglio di ammissibilità.
NOMECOGNOME a mezzo del proprio difensore di fiducia, ricorre per cassazione per i seguenti motivi, riferiti in sintesi, ai sensi dell’art. 173 disp. a cod.proc.pen.
Con il primo motivo, censura, sotto il profilo della violazione di legge, la decisione impugnata per mancata applicazione della legge 9 agosto 2024 n. 114, con violazione dell’art. 2 cod.pen. Osserva al riguardo che la suddetta legge ha modificato l’art. 581, comma 1quater, cod.proc.pen., nel senso che, nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, solo in ipotesi di impugnazione proposta dal difensore d’ufficio debba essere depositato, a pena di inammissibilità, lo specifico mandato ad impugnare, contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio
La modifica si ritiene applicabile anche al caso di specie. Infatti, sebbene l’atto di impugnazione sia stato presentato dal difensore di fiducia precedentemente all’entrata in vigore della modifica legislativa, la sentenza di inammissibilità è stata notificata successivamente e il giudizio è ancora pendente. Inoltre, il ricorrente, in occasione della notifica a mani del decreto di citazione dinanzi al Tribunale di Milano e della redazione del verbale di elezione di domicilio del 7 marzo 2023, aveva nominato il medesimo presente difensore, eleggendo domicilio presso il suo studio, come poteva evincersi sia dalla sentenza di primo grado che da quella d’appello.
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, vizio di motivazione per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità delle ragioni addotte in punto di affermata genericità dei motivi d’appello.
Il Procuratore Generale ha concluso, con memoria depositata, per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, posto che la Corte distrettuale ha correttamente applicato la disposizione prevista dall’art. 581, comma 1-quater, cod.proc.pen.
Il primo motivo di ricorso afferma l’applicabilità della nuova disciplina introdotta dalla legge 9 agosto 2024, n. 114 alle impugnazioni precedentemente proposte, nella ipotesi in cui la sentenza di inammissibilità sia stata comunicata successivamente. Il ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto applicare la disciplina in vigore al momento della decisione e non quella vigente al momento della proposizione dell’atto di appello.
L’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. d), del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, prevedeva: «Nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione de decreto di citazione a giudizio».
La Corte di cassazione in più occasioni ha affermato che l’asserito contrasto dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. con i principi costituzionali poggia su una indimostrata restrizione della facoltà d’impugnazione che deriverebbe dal chiedere all’imputato, assente per sua scelta al processo che lo ha riguardato, di cui pure era stato posto a conoscenza, di indicare un domicilio che renda più agevole il processo di notificazione dell’atto d’impugnazione e, soprattutto, di rinnovare la propria volontà di proseguire in un ulteriore grado di giudizio, con possibili conseguenze negative per lui, quanto meno sotto il profilo della possibile condanna a ulteriori spese. Si è osservato che l’onere richiesto all’appellante non è irragionevole rispetto all’esigenza di consentirgli la certa conoscenza della celebrazione del processo di appello e, dunque, la possibilità di parteciparvi con piena consapevolezza.
L’art. 581, comma 1-quater del codice di rito non prevede affatto un restringimento della facoltà di impugnazione, bensì persegue il legittimo scopo di far sì che le impugnazioni vengano celebrate solo quando si abbia effettiva
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contezza della conoscenza della sentenza emessa da parte dell’imputato, per evitare la pendenza di regiudicande nei confronti di imputati non consapevoli del processo, oltre che far sì che l’impugnazione sia espressione del personale interesse dell’imputato medesimo e non si traduca invece in una sorta di automatismo difensivo» (Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, COGNOME, Rv. 285324 – 01).
4. La norma in esame, non comportando una limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma regolando le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà spettante al suo difensore, non si pone direttamente in contrasto né con il principio costituzionale della inviolabilità del diritto di difesa, di cui all’art. 24 Cost., né con il corr principio della presunzione di non colpevolezza operante fino al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, di cui all’art. 27, secondo comma Cost.; né, in quanto tale, tocca il diritto costituzionale ad impugnare (peraltro, solo con il ricorso per cassazione e per violazione di legge) ogni sentenza, riconosciuto dall’art. 111, settimo comma, Cost.
La disposizione di cui al comma 1-quater dell’art. 581 cit. si pone in stretta correlazione con la disciplina del processo in assenza, tesa a ridurre il rischio di celebrare processi a carico di imputati involontariamente inconsapevoli, assicurando, d’altro canto, il diretto coinvolgimento dell’imputato, ora chiamato a rilasciare uno specifico mandato al difensore per impugnare, mandato che rappresenta un indice ulteriore di conoscenza certa della pendenza del processo (cfr. Sez. 1, n. 34720 del 28/06/2024, COGNOME; Sez. 6, n. 34052 del 27/06/2024, COGNOME; Sez. 3, n. 32762 dell’11/06/2024, Fan; Sez. 4, n. 32963 del 22/05/2024, Leo; Sez. 2, n. 25422 del 03/05/2024, El Mach).
5. Con la modifica dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., operata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, la necessità di uno specifico mandato ad impugnare è stata mantenuta nel caso di impugnazione proposta dal difensore d’ufficio dell’imputato per il quale si sia proceduto in assenza; in tal caso infatti data la mancanza di un rapporto fiduciario, più pregnante è la finalità di far sì che le impugnazioni vengano celebrate solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza della sentenza emessa da parte dell’imputato, per evitare la pendenza del processo nei confronti di imputati non consapevoli e assicurare che l’impugnazione esprima il personale interesse dell’imputato medesimo.
Si tratta di valutare, dunque, l’originaria ammissibilità del gravame, ed in ragione della natura processuale delle disposizioni in esame, occorre far riferimento al testo della disposizione vigente al momento in cui questo fu proposto, non essendo applicabile la disciplina entrata in vigore successivamente (principio espresso da Sez. U, sent. n. 27614 del 29/03/2007, Lista, Rv. 236536 – 01; Sez. U, n. 44895 del 17/07/2014, Pinna, Rv. 260927; in senso conforme, Sez. 5, n. 13014 del 12/12/2023, Padovan, Rv. 286112; Sez. 5, n. 35588 del 03/04/2017, P., Rv. 271207). La legge 9 agosto 2024, n. 114 (entrata in vigore il 25 agosto 2024) ha abrogato il comma 1-ter dell’art. 581 cod. proc. pen., mentre, riguardo al comma 1-quater, gli adempimenti sono stati mantenuti solo nel caso in cui l’impugnazione sia stata proposta da un difensore d’ufficio; invece, nel caso in esame l’imputato fu assente nel processo di primo grado e l’appello è stato proposto per il tramite di un difensore di fiducia.
Tuttavia, il legislatore non ha previsto alcuna norma transitoria per disciplinare il passaggio tra i diversi regimi. Ne consegue che le impugnazioni proposte nella vigenza del comma 1-quater, come introdotto dal d. Igs. 10 ottobre 2022, n. 150, devono essere valutate, sotto il profilo della ammissibilità, alla stregua di tale disposizione, secondo il principio tempus regit actum (cfr., Sez. 4, n. 41411 del 16/10/2024, non mass.; Sez. 4, n. 37668 del 26/09/2024, Kaltomi, non mass.) che, per quanto di interesse in questa sede, prevedeva la necessità di uno specifico mandato ad impugnare, con la contestuale elezione di domicilio, anche per il difensore di fiducia.
alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024.” Tale affermazione conferma che il principio del tempus regit actum è riferito al momento di presentazione dell’atto di impugnazione, nel caso di specie avvenuto il 10 agosto 2023.
L’identità di ratio, connessa alla comune natura processuale delle disposizioni, conduce a ritenere che la stessa interpretazione possa valere anche in relazione all’art. 581, comma 1quater, cod.proc.pen.
Con riguardo al profilo con il quale il ricorrente ha evidenziato che l’elezione di domicilio presso lo studio del difensore di fiducia era stata resa all’atto della notifica del decreto di citazione dinanzi al Tribunale, va ricordato che le Sezioni Unite penali, chiamate a risolvere la questione «Se la previsione, a pena di inammissibilità, del deposito, insieme con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, della dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio (art. 581, comma 1-ter, cod. pen.), debba essere interpretata nel senso che, ai fini indicati, sia sufficiente la sola presenza in at della dichiarazione o elezione di domicilio, benché non richiamata nell’atto di impugnazione od allegata al medesimo», hanno affermato il seguente principio di diritto: «La previsione ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. deve essere interpretata nel senso che è sufficiente che l’impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico a una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione.» (inf. provvisoria Sez. U, De Felice del 24/10/2024).
In base a tale esito ermeneutico delle Sezioni Unite, posto che l’atto di impugnazione non conteneva il richiamo espresso e specifico a tale precedente dichiarazione, deve ritenersi che la Corte territoriale abbia legittimamente dichiarato inammissibile l’impugnazione.
Il rigetto del primo motivo, confermandosi la ragione di inammissibilità dell’appello inerente alla fase introduttiva del procedimento, determina l’assorbimento delle questioni poste dal secondo motivo, con le quali si deduce il vizio di motivazione in ordine alla genericità dei motivi di appello, costituente punto autonomo della decisione, ma dipendente dalla soluzione data alla prima questione.
11. Alla declaratoria di rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 15 maggio 2025
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Il consigliere estensore
Il Presidente