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Impugnazione imputato assente: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputati condannati per furto. Il motivo è la mancanza di uno specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la sentenza, come richiesto dalla Riforma Cartabia per l’impugnazione dell’imputato assente. La Corte ha ritenuto la norma pienamente legittima, respingendo le questioni di costituzionalità sollevate dalla difesa riguardo alla presunta violazione del diritto di difesa e del principio di parità delle armi.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Imputato Assente: La Nuova Regola del Mandato Specifico

La Riforma Cartabia ha introdotto significative novità nel processo penale, una delle quali riguarda l’impugnazione dell’imputato assente. Con la sentenza n. 19965/2024, la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della nuova e più stringente disciplina, che richiede un mandato specifico rilasciato al difensore dopo la pronuncia della sentenza. Analizziamo una decisione che chiarisce la portata di questa norma e le sue implicazioni pratiche per la difesa.

I Fatti di Causa

Due persone venivano condannate in primo e secondo grado per il reato di furto. Durante i processi, gli imputati erano stati dichiarati assenti. Il difensore di fiducia proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello, sollevando diverse censure, tra cui la prescrizione del reato. Tuttavia, il nodo cruciale della vicenda non riguardava il merito dell’accusa, ma una questione puramente procedurale: l’assenza, agli atti, di un mandato specifico a impugnare rilasciato dagli assistiti al legale dopo la sentenza di condanna.

La Questione Giuridica: Il Mandato per l’Impugnazione dell’Imputato Assente

Il cuore della pronuncia risiede nell’applicazione dell’articolo 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale, introdotto dal D.Lgs. n. 150/2022 (la c.d. Riforma Cartabia). Questa norma stabilisce che, quando l’imputato è stato processato in assenza, l’atto di impugnazione del difensore deve essere accompagnato, a pena di inammissibilità, da uno specifico mandato. Tale mandato deve essere rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e deve contenere la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato.

La ratio di questa disposizione è chiara: garantire che l’imputato assente abbia un’effettiva conoscenza della sentenza emessa nei suoi confronti e che la decisione di impugnare sia una sua scelta consapevole e volontaria, e non un’iniziativa quasi automatica del difensore.

Le Doglianze dei Ricorrenti

La difesa ha contestato la legittimità costituzionale di questa norma, sostenendo che essa violerebbe diversi principi fondamentali:
1. Art. 3 Cost. (Principio di eguaglianza): La norma creerebbe una disparità di trattamento ingiustificata tra l’imputato assente e quello presente, nonché tra la difesa e il Pubblico Ministero, al quale non è imposto un onere simile.
2. Art. 24 Cost. (Diritto di difesa): L’onere di conferire un nuovo mandato dopo la sentenza rappresenterebbe un ostacolo eccessivo all’esercizio del diritto di impugnazione, che è una componente essenziale del diritto di difesa.
3. Art. 111 Cost. (Giusto processo): La disposizione violerebbe il principio della parità delle armi tra accusa e difesa.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato tutte le eccezioni di incostituzionalità, dichiarando il ricorso inammissibile. Le motivazioni offrono una chiara interpretazione della volontà del legislatore.

La Corte ha innanzitutto sottolineato che l’intero impianto della riforma sull’assenza è volto a rafforzare la partecipazione consapevole dell’imputato al processo. L’impugnazione, in questa ottica, non può essere una mera scelta tecnica del difensore, ma deve scaturire da un ‘personale interesse’ dell’imputato. Il mandato post-sentenza è lo strumento che certifica questa volontà.

In risposta alle singole censure, i giudici hanno affermato che:
Non vi è violazione del principio di eguaglianza (Art. 3 Cost.): La situazione dell’imputato assente non è assimilabile a quella dell’imputato presente. È quindi legittimo che il legislatore preveda discipline differenziate per situazioni diverse. La diversità di trattamento è giustificata dalla necessità di assicurarsi che l’assente sia stato raggiunto dalla notizia della condanna.
Non vi è violazione del diritto di difesa (Art. 24 Cost.): Il diritto di difesa non è assoluto e può essere regolato dal legislatore, purché non venga compresso in modo irragionevole. L’obbligo di conferire un mandato specifico è un ‘onere’ che non può considerarsi eccessivo. Anzi, rafforza il rapporto tra difensore e assistito, imponendo un contatto diretto dopo la sentenza. Il sistema, inoltre, prevede numerosi altri rimedi (come la restituzione nel termine) per tutelare l’imputato che non abbia avuto incolpevolmente conoscenza del processo.
Non vi è violazione della parità delle armi (Art. 111 Cost.): La posizione del Pubblico Ministero e quella dell’imputato non sono identiche. È normale che abbiano poteri e oneri procedurali diversi. La Corte ha inoltre ricordato che la stessa riforma, per bilanciare questo nuovo onere, ha aumentato di quindici giorni i termini per impugnare a disposizione del difensore dell’imputato assente.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale della Riforma Cartabia: la centralità della partecipazione consapevole dell’imputato. La decisione di impugnare una sentenza di condanna deve essere un atto personale e ponderato. Per l’impugnazione dell’imputato assente, non è più sufficiente il mandato originario conferito al difensore; è necessario un nuovo e specifico atto di volontà successivo alla condanna. Questa pronuncia chiarisce che la norma è costituzionalmente legittima e non lede i diritti fondamentali della difesa. Per gli avvocati, ciò significa che il mantenimento di un canale di comunicazione attivo con l’assistito dichiarato assente diventa un presupposto non solo deontologico, ma anche procedurale, per poter validamente esercitare il diritto di impugnazione.

Perché il ricorso degli imputati è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il difensore non ha depositato, insieme all’atto di impugnazione, uno specifico mandato rilasciato dagli imputati (che erano stati processati in assenza) dopo la pronuncia della sentenza di condanna, come richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale.

La norma che richiede un mandato specifico per l’imputato assente è anticostituzionale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la norma è pienamente legittima. Non viola il principio di eguaglianza, perché la situazione dell’imputato assente è diversa da quella del presente. Non lede il diritto di difesa, poiché impone un onere ragionevole finalizzato a garantire una scelta consapevole. Infine, non viola la parità delle armi tra accusa e difesa.

Qual è lo scopo della nuova regola sul mandato ad impugnare per l’assente?
Lo scopo è garantire che l’impugnazione sia espressione di una volontà effettiva, consapevole e personale dell’imputato. Il legislatore ha voluto assicurarsi che la persona giudicata in sua assenza sia venuta a conoscenza della sentenza e abbia deciso attivamente di contestarla, superando la prassi di un’impugnazione presentata quasi automaticamente dal difensore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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