Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 19965 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 19965 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA in ROMANIA COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA in ROMANIA
avverso la sentenza del ,’2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
lette le conclusioni scritte depositate dal difensore dei ricorrenti, AVV_NOTAIO, in data 29 gennaio 2024 e le memorie di replica alla requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, nelle guaii ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’Appello di Roma confermava la sentenza di condanna dì primo grado dei ricorrenti per il delitto di furto.
Avverso la richiamata decisione gli imputati propongono ricorsi di analogo tenore con il comune difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, affidandosi a quattro motivi, di seguito riportati entro i limiti previsti dall’art. 173 disp. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono, in principalità, l’illegittimit costituzionale dell’art. 581, comma 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen., relativamente agli imputati diNOMEti assenti nel processo, in relazione agli artt. 3, 24, 27 e 111 Cost.
In subordine, denunciano la questione limitatamente all’art. 89, terzo comma, del d.lgs. n. 150 del 2022, con riferimento ai medesimi parametri.
Premessa la natura inviolabile del diritto di difesa e di qui del diritto ad impugnare una sentenza di condanna, i ricorrenti evidenziano, nello specifico, che la difficoltà per il difensore nel prendere contatto con gli imputati assenti per il conferimento del mandato ad impugnare dopo la pubblicazione della sentenza e ai fini dell’elezione di domicilio (come richiesti, a pena di inammissibilità dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen.) ridonda anche in una lesione del diritto alla parità delle armi tra le parti, sancito dall’art. 111 Cost., atteso che Pubblico Ministero, invece, non è posta alcuna condizione per impugnare una decisione di assoluzione nei confronti di imputati assenti.
D’altra parte, soggiungono gli imputati che quella imposta è solo una condizione formale senza alcun reale scopo che comporta, discriminando solo quanti sono stati assenti nel processo con un’interruzione del mandato difensivo suscettibile di pregiudicare il dìritto ad impugnare.
In via subordinata, i ricorrenti lamentano l’applicabilità delle nuove regole formali, in forza della disposizione transitoria espressa dall’art. 89, terzo comma, d.lgs. n. 150 del 2022 anche ai procedimenti già in corso.
2.2. Con il secondo motivo í ricorrenti deducono violazione dell’art. 157 cod. pen. poiché il termine dì prescrizione, a fronte della commissione dei fatti nella data del 5 ottobre 2014, sarebbe decorso il 6 giugno 2023.
2.3. Mediante il terzo motivo gli imputati censurano la decisione della Corte d’appello di Roma nella pare in cui non ha loro riconosciuto la circostanza attenuante speciale di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., sebbene la società RAGIONE_SOCIALE cui
sono stati sottratti 2,5 Kg di rame, per un valore di circa 600 euro, non avrebbe risentito che un lieve pregiudizio dall’azione criminosa.
2.4. Con l’ultimo motivo, gli imputati si dolgono della mancata sospensione della pena, non concessa solo per l’esistenza di precedenti a carico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.0ccorre premettere che, ai sensi dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., introdotto dal d.lgs. n. 150 del 2022, nel caso dì imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza con l’atto di impugnazione del difensore è depositato, a pena di inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la diNOMEzione o elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.
Nel caso di specie, nel quale gli imputati sono stati assenti nei precedenti gradi di giudizio, non risultano allegati all’originale dei ricorsi specifici mandati a impugnare rilasciati dopo la pronuncia della sentenza contenente la diNOMEzione o l’elezione di domicilio degli imputati, assenti nel corso del giudizio di appello, in conformità al disposto dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen.
Quest’ultima norma è senza dubbio applicabile ratione temporis nella fattispecie in esame nella quale la pronuncia è stata resa dalla Corte territoriale in data 17 aprile 2023, e dunque successivamente alla data del 30 dicembre 2022, data che occorre considerare in base alla disciplina transitoria di cui all’art. 89, comma 3, del d.lgs. 10 ottobre 2022, m 150 (cfr. Sez. 5, n. 37789 del 03/07/2023, Jasim, Rv. 285148 – 01).
Tuttavia con il primo motivo dei ricorsi gli imputati assumono che la disposizione in questione (o, in subordine, la disciplina transitoria dettata dall’art 89, comma 3, del d.lgs. n. 150 del 2022) potrebbe porsi in contrasto con plurimi parametri costituzionali.
Non vi è dubbio che la questione sia rilevante.
Come è stato infatti ormai più volte ribadito nella giurisprudenza di questa Corte, la nuova causa di inammissibilità dì cui all’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., introdotta dall’art. 33 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in mancanza di indici normativi contrari, si applica anche al ricorso per cassazione, come si desume con evidenza dalla collocazione della disposizione tra le norme sulle impugnazioni in generale (v., tra le altre, Sez. 3, n. 46690 del 09/11/2023, Baum, Rv. 285342 – 01; Sez. 2, n. 47327 del 03/11/2023, NOME, Rv. 28544401; Sez. 5, n. 39166 del 04/07/2023, N., Rv. 285305 – 01).
Di conseguenza, dall’applicazione della norma deriverebbe l’inammissibilità del ricorso.
Al fine di vagliare le questioni di legittimità costituzionale dedotte dal ricorrenti, occorre collocare le stesse nell’ambito della più generale riforma dell’istituto dell’assenza introdotta dal d.lgs. n. 150 del 2022 e, poi, individuarne la ratio.
Sotto il primo profilo, l’intero sistema processuale introdotto dalla riforma c.d. Cartabia – ossia tanto le norme di cui all’art. 420 bis c.p.p. sull’assenza, quanto quelle in tema di impugnazioni e restituzione nel termine – è permeato dall’esigenza di garantire una partecipazione consapevole e volontaria dell’imputato al processo, ne discende che anche l’impugnazione deve costituire espressione del personale interesse dell’imputato a coltivare il gravame piuttosto che una scelta del difensore, quasi automatica.
Di qui la disciplina dell’impugnazione della sentenza pronunziata nei confronti di imputato assente, che prevede il conferimento dello specifico mandato a impugnare e la diNOMEzione o elezione di domicilio in esso contenute debbano avvenire in un momento successivo alla sentenza e contestuale all’impugnazione, nella misura in cui sono espressione della necessaria e consapevole volontà dell’imputato all’impugnazione (Sez. 5, n. 1177 del 28/11/2023, dep. 2024, Pasquale, Rv. 286088 – 01).
Invero, la norma di cui all’art. 581-quater cod. proc. pen., persegue lo scopo di garantire all’imputato la conoscenza consapevole dell’incedere della progressione processuale nelle fasi di impugnazione, cui deve ritenersi informato anche il giudizio di cassazione (v., tra le altre, Sez. 2, n. 47927 del 20/10/2023, Giuliano, Rv. 285525 – 01; Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, COGNOME, Rv. 285324 – 02; Sez. 6, n. 41309 del 20/09/2023, S., Rv. 285.353 – 01).
Ciò, posto deve essere innanzi tutto rilevata l’inconferenza del parametro di cui all’art. 27 Cost., atteso che non si comprende – né i ricorrenti lo spiegano – come il principio dì proporzionalità della pena e quello della natura rieducativa delle sanzioni penali possano essere compromessi da una disposizione che prevede un onere formale per proporre impugnazione in sede penale.
Con riferimento all’art. 3 Cost., assumono i ricorrenti che la disciplina dettata dall’art. 581-quater cod. proc. pen. sarebbe suscettibile di determinare una ingiustificata disparità di trattamento tra gli imputati assenti, cui solo essa si applica, e quelli che non lo sono.
Senonché, la Corte Costituzionale ha ripetutamente chiarito che una violazione del principio di eguaglianza sussiste solo qualora situazioni omogenee siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso e non quando alla diversità dì disciplina corrispondano situazioni non assimilabilì (ex plurimis, sent. n. 67 del 2023, n. 270 del 2022, n. 165 del 2020, n. 155 del 2014, n. 108 del 2006, n. 340 e n. 136 del 2004).
E senz’altro non sono assimilabili, nella prospettiva perseguita dal legislatore con il d.lgs. n. 150 del 2022 di rendere consapevole la partecipazione dell’imputato assente al processo, anche nei gradi di impugnazione, le situazioni dell’imputato assente e di quello presente nel giudizio, con conseguente manifesta infondatezza della relativa questione di legittimità costituzionale.
Con riferimento all’art. 24 Cost., i ricorrenti assumono che l’art. 581quater cod. proc. pen. sarebbe suscettibile di violare il proprio diritto di difesa che si estrinseca anche nella facoltà di proporre impugnazione.
Senza dubbio l’art. 24, secondo comma Cost., detta una norma di carattere generale, volta a garantire l’esercizio della difesa in ogni stato e grado di qualunque procedimento giurisdizionale.
Il generale ambito di applicabilità della disposizione fu evidenziato anche nella discussione nell’ambito dell’RAGIONE_SOCIALE Costituente (seduta dei 15 aprile 1947) dall’onorevole COGNOME, Presidente della I sottocommissione, il quale rilevò che «tenuto conto degli abusi, delle incertezze e delle deficienze che hanno vulnerato nel passato l’istituto della difesa, specie per quanto attiene alla sua esclusione dai vari stati e gradi del processo giurisdizionale» era necessario «con una norma NOME, assoluta, garantirne la presenza e l’esperimento attivo in tutti gli stati del giudizio e davanti a qualunque magistratura».
Sicché il diritto a proporre impugnazione costituisce anch’esso una componente essenziale del diritto di difesa sancito dall’art. 24, secondo comma, Cost.: tale diritto, invero, sarebbe gravemente compromesso se la parte dovesse subire le decisioni giudiziarie sfavorevoli e ciò vieppiù nella materia penale, nella quale viene in rilievo il supremo diritto alla libertà personale.
Ciò posto, occorre nondimeno considerare che è costante nella giurisprudenza costituzionale il principio per il quale nella conformazione degli istituti processuali il legislatore gode di ampia discrezionalità, con il solo limi della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte compiute (cfr., solo tra le più recenti, Corte Cost. n. 228 e 222 del 2023, n. 230, 203, 177, 143 e 13 del 2022, n. 148 e 128 del 2021).
Sicché il relativo sindacato deve essere compiuto verificando se il bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti sia stato realizzato con modalità tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva e, pertanto, incompatibile con il dettato costituzionale (da ultimo, Corte cost., sent. n. 212 del 2020, n. 71 del 2015, n. 17 del 2011, n. 229 del 2010, n. 80 del 2010, n. 221 del 2008 e n, 1130 del 1988).
Se allora l’ampia discrezionalità del legislatore nella materia processuale non può certo comportare un vulnus assoluto ad un diritto a connotato inviolabile come il diritto di difesa, ciò, tuttavia, non è certo realizzato da una norma come
GLYPH
e
quella censurata dal ricorrente che pone semplicemente requisiti di ammissibilità ulteriori per la proposizione delle impugnazioni da parte di imputati assenti, al fine di assicurare il legittimo scopo di un’impugnazione consapevole da parte del soggetto nei confronti del quale essa è proposta.
Il che non va a vulnerare in maniera irreparabile il diritto di difesa, che s estrinseca senz’altro anche in quello di impugnare le decisioni sfavorevoli, poiché l’imputato ha solo l’onere, che non può considerarsi eccessivo, di rimanere in contatto con il proprio difensore tecnico nel corso del giudizio e quello correlato di quest’ultimo a restare in contatto con il proprio assistito, al fine di po effettuare scelte consapevoli sull’impugnazione.
D’altra parte, la norma censurata non comporta, essendo detti oneri formali posti a carico anche del difensore, alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, poiché si limita a regolare soltanto le modalità di esercizio della ‘concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al difensore di impugnare (cfr. Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep. 2024, Terrasi, Rv. 285900 – 01), tenendo conto di regole tecniche (pre-) determinate dall’ordinamento in maniera NOME.
In definitiva, considerata la ragionevole finalità perseguita dalla norma, il rafforzamento degli oneri processuali non restringe gli spazi di tutela giurisdizionale, né ridonda in un adempimento suscettibile di compromettere il fondamentale diritto di difesa (cfr. Corte Cost. sent. n. 13 del 2021).
D’altra parte, vi è che la previsione non si risolve affatto in una limitazione del diritto all’impugnazione, e quindi del diritto di difesa, che risulta, per al verso, rafforzato nella misura in cui la decisione di impugnare è rimessa anche alla scelta dell’imputato che, rimasto assente nel processo, ha più di un legittimo interesse e di una legittima aspettativa al suo coinvolgimento in un momento cruciale quale è appunto quello dell’impugnazione. Attraverso tale disposizione, a ben vedere, si traduce sul piano concreto quell’osmosi tra difensore e imputato che il processo in assenza – che vede l’imputato rappresentato dai difensore implica; sicché la ulteriore perplessità difensiva riguardo alla mancanza di conoscenza da parte dell’imputato assente della sentenza di primo grado – per la quale non è prevista alcuna forma di comunicazione all’imputato – è assorbita dal sistema che compensa l’assenza dell’imputato con la disposizione di cui al comma quarto dell’art. 420-bis cod. proc. pen., che prevede che esso – salvo che la legge disponga diversamente – rappresentato dal difensore, previsione che evidentemente comporta dei doveri informativi da parte di quest’ultimo. D’altra parte, è pacifico che il diritto di difesa non si esplica solo attraverso la dif tecnica del difensore essendo riconosciuta la possibilità all’imputato di prendere parte in ogni momento al processo ovvero di provvedere direttamente e
personalmente ad integrare col proprio personale contributo la sua difesa (Sez. 5, n. 1177 del 28/11/2023, dep. 2014, Pasquale, Rv. 286088 – 01).
Occorre inoltre considerare che il d.lgs. n. 150 del 2022, ha approntato una serie di rimedi restitutori che possono reintegrare l’imputato nelle opzioni processuali che non è stato in grado di esercitare, quando prova che l’assenza è dovuta alla mancata conoscenza incolpevole del processo Tra queste, in materia di impugnazione una nuova previsione di nullità da far vaitere in appello (art. 604, comma 5 bis, cod. proc. pen.) e nel giudizio di legittimità (art. 623, comma 1, lett. b- bis cod. proc. pen.), oltre all’ampliamento dell’istituto de restituzione in termini di cui all’art. 175 cod. proc. pen, con la previsione di una nuova ipotesi di restituzione per l’imputato giudicato in assenza, il quale, salvo che vi abbia volontariamente rinunciato, nei casi previsti dai commi 2 e 3 dell’art. 420 bis c.p.p., può fornire la prova di non avere avuto conoscenza della pendenza del processo e di non aver potuto proporre impugnazione senza sua colpa (Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, COGNOME Khalifa, Rv. 285324 – 01), oltre all’istituto della rescissione del giudicato che riguarda appunto l’ipotesi della erronea diNOMEzione di assenza (cfr. Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280931 – 01).
Ne deriva la manifesta infondatezza anche della questione di legittimità costituzionale che investe l’art. 581-quater cod. proc. pen., con riferimento all’art. 24 Cost.
7. E’ infine evocato il contrasto della stessa disposizione con il principio della parità delle armi, e quindi con l’art. 111 Cost. (nonché con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6, § 1, della Convenzione per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali).
A riguardo, sia la Corte Costituzionale che la Corte europea dei diritti dell’uomo hanno ripetutamente affermato che, nell’ambito delle garanzie del giusto processo, il principio di parità delle armi tra le partì, in virtù del qu ciascuna di esse, nel corso della dialettica processuale, non deve essere posta in una situazione di svantaggio rispetto all’altra’ riveste preminente importanza (Corte Cost. n. 174 del 2019; cfr., in termini analoghi, tra le altre, Corte europea dir. uomo 23 ottobre 1996, COGNOME c. Svizzera; 21 giugno 2007, Scm Scanner de l’Ouest Lyonnais c. Francia). E ciò al punto che il principio per il quale l’art. 111, secondo comma, Cost., introdotto dalla legge cost. n. 2 del 1999, stabilendo che «ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità», ha conferito veste autonoma a un principio che era già stato ritenuto insito nel pregresso sistema dei valori costituzionali (v., tra le altre, Corte Cost. n. 34 del 2020, n. 26 del 2007; ord. n. 110 del 2003, n. 347 del 2002 e n. 421 del 2001).
Tuttavia, non sì ravvisa alcuna disparità di trattamento rispetto alla parte pubblica i cui poteri impugnatori risentono di ben altre limitazioni consone al ruolo alla medesima attribuito che sono state peraltro già ritenute conformi al dettato costituzionale. D’altra parte, la doglianza che la difesa ha inteso far valere pure al riguardo, relativa ai tempi ristretti per impugnare nonostante gli aggravi procedurali introdotti dalla riforma, non trova ragion d’essere dal momento che in caso di impugnazione del difensore dell’imputato assente, in attuazione della delega, sono stati aumentati di quindici giorni i termini per impugnare previsti dall’art. 585 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 1177 del 28/11/2023, dep. 2014, Pasquale, Rv. 286088 – 01)
Inoltre, la questione della disparità di trattamento rispetto ai poteri impugnatori della parte pubblica, nella fattispecie per cui è processo, oltre che manifestamente infondata, si palesa irrilevante a fronte dell’impugnazione del solo imputato.
La censura sollevata, in via subordinata, sulla norma transitoria espressa dall’art. 89, terzo comma, del d.lgs. n. 150 del 2022, con riferimento agli stessi artt. 3, 24, 27 e 111 Cost., è inammissibile, poiché non risulta argomentata con riguardo ad alcuno dei parametri in maniera autonoma.
Il mancato rispetto delle prescrizioni dettate dall’art. 581-quater cod. proc. pen. comporta che non possano essere esaminati gli ulteriori motivi.
I ricorsi devono dunque essere rigettati, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 23 febbraio 2024
Il Consigliere Estensore
Il Presidente