Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26954 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26954 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 15/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il 02/11/1973
avverso la sentenza del 17/06/2024 del TRIBUNALE di LAMEZIA TERME
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME
CIMMINO •
che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
letta la memoria difensiva depositata in data 2 aprile 2025.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, il Giudice del Tribunale di Lamezia Terme ha condannato NOME NOME alla pena dell’ammenda di 136,00 euro per il reato di cui all’articolo 651 cod. pen, commesso il 22 marzo 2021.
Avverso la sentenza il difensore di ufficio, avv. NOME COGNOME ha proposto appello che veniva riqualificato dalla Corte d’Appello come ricorso per cassazione, e conseguentemente trasmetteva gli atti alla Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc.
Con l’atto di impugnazione, il difensore chiedeva, in via preliminare, di sollevare la quesitone di legittimità costituzionale dell’articolo 571 – ter e quater, cod. proc. pen. per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., nonché dell’art. 6 Cedu, nella parte in cui stabilisce la sanzione della inammissibilità dell’appello per mancanza di nuova dichiarazione o elezione di domicilio e caso di imputato assente.
3.1. Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto l’erronea applicazione la legge penale con riferimento all’art. 651 cod. pen., non configurando la condotta dell’imputato gli estremi del reato, in quanto egli non si è rifiutato di fornire le proprie generalità, ma ha espresso il suo disappunto in modo verbale.
3.2. Con il secondo motivo si è dedotta l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione in quanto la sentenza non avrebbe dato adeguato conto dell’effettivo rifiuto di fornire le generalità da parte del Pascale
3.3. Con il terzo motivo, si eccepisce che la condanna alla pena di 136,00 euro di ammenda appare sproporzionata rispetto alla condotta in quanto la lieve entità dell’episodio e l’assenza di precedenti penali avrebbe dovuto condurre ad una sanzione meno gravosa.
3.4. Con il quarto motivo, il ricorrente ha dedotto la nullità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto di non applicare la causa di non punibilità di cui all’articolo 131-bis cod. pen.
3.5. Con il quinto motivo, il difensore ha dedotto l’omessa notifica del decreto di citazione a giudizio all’imputato e al difensore di fiducia nominato
3.6. Con il sesto motivo evidenzia che il reato si è estinto per intervenuta prescrizione
Con requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
In data 2 Aprile 2025, il difensore d’ufficio di COGNOME COGNOME ha depositato una memoria difensiva insistendo per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Va rilevato che nel caso di specie, l’impugnazione, correttamente riqualificata come ricorso per cassazione dalla Corte di appello, è stata proposta dal difensore di ufficio dell’imputato in mancanza dell’adempimento degli oneri formali di cui all’art. 581quater, cod. proc. pen., avendo dichiarato di essere privo di specifico mandato e di non avere l’imputato mai eletto o dichiarato domicilio.
La sentenza impugnata è stata pronunciata, in assenza dell’imputato, il 17 giugno 2024 sicché ricorrono i presupposti per ritenere l’operatività al caso di specie dell’onere formale, costituito dallo specifico mandato ad impugnare rilasciato al difensore d’ufficio, dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, introdotto dall’art. 581 comma 1-quater cod. proc. pen., nel testo tuttora applicabile introdotto dal d.lgs.10 ottobre 2022, n. 150.
Va evidenziato che il recentissimo intervento legislativo, di cui alla legge 9 agosto 2024, n. 114, ha solo parzialmente riscritto la norma; in particolare l’art. 2, lett. o), seconda parte ha abrogato il comma 1-quater della norma, limitatamente all’obbligo, quando si è proceduto in assenza e il difensore ha nomina fiduciaria, di depositare con l’atto di impugnazione del difensore anche lo specifico mandato ad impugnare rilasciato al medesimo dopo la pronuncia della sentenza: l’obbligo permane quindi soltanto nel caso di difesa d’ufficio. Non essendo previsto alcuna norma transitoria, al caso in esame va dunque applicato l’art 581 comma 1-quater cod. proc. pen. come introdotto dalla riforma Cartabia.
Tanto premesso, va ribadito che l’art. 581 comma 1-quater cod. proc. pen si applica anche al ricorso per Cassazione: in tal senso si è espressa, in termini di assoluta prevalenza, la giurisprudenza d legittimità, essendosi osservato che la norma rientra tra le disposizioni generali relative
alle impugnazioni, valevoli, in mancanza di indici normativi di segno contrario, anche per il ricorso per cassazione (Sez. 4, n. 7201 del 23/01/2024, Jammoua, n.m.; Sez. 6, n. 6264 del 10/01/2024, Hassan, n.nn.; Sez. 2, n. 47327 del 03/11/2023, Makhatar, Rv. 285444 – 01; Sez. 5, n. 39166 del 4/07/2023, COGNOME, Rv. 285305; Sez. 2, n. 47327 del 03/11/2023, Rv. 285444 – 01; Sez. 3, n. 46690 del 09/11/2023, Rv. 285342 – 01; Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, Ben Khalifa, Rv. 28532402; Sez. 6, n. 41309 del 20/09/2023, S., Rv. 285353-01; Sez. 2, n. 40824 del 13/09/2023, Karaj, Rv. 285256-02; Sez. 5, n. 39166 del 04/07/2023, N., Rv. 285305-01). È stato a tale proposito ancora precisato che la norma di cui all’art. 581-quater cod. proc. pen., persegue lo scopo di garantire all’imputato la conoscenza consapevole dell’incedere della progressione processuale nelle fasi di impugnazione, cui deve ritenersi informato anche il giudizio di cassazione (v., tra le altre, Sez. 2, n. 47927 del 20/10/2023, Giuliano, Rv. 285525 – 01; Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, Ben Khalífa, Rv. 285324 – 02; Sez. 6, n. 41309 del 20/09/2023, S., Rv. 285353 – 01). La norma in esame mira ad assicurare la celebrazione del giudizio di impugnazione solo nei casi in cui l’imputato, assente nei gradi antecedenti, abbia avuto effettiva contezza della decisione emessa a suo carico: lo specifico mandato ad impugnare del comma 1-quater è adempimento che serve, infatti, per «ritenere provato, in modo incontrovertibile, che l’imputato “conosce e vuole”, non solo l’esistenza del processo, ma anche la sua progressione nei gradi successivi» (Sez. 2, n. 47927 del 20/10/2023, Giuliano, Rv. 285525.). Di qui la disciplina dell’impugnazione della sentenza pronunziata nei confronti dell’imputato assente, che prevede che il conferimento dello specifico mandato a impugnare e la dichiarazione o elezione di domicilio in esso contenute debbano avvenire in un momento successivo alla sentenza e contestuale all’impugnazione, nella misura in cui sono espressione della necessaria e consapevole volontà dell’imputato all’impugnazione (Sez. 5, n. 1177 del 28/11/2023, dep. 2024, Pasquale, Rv. 286088 – 01). Il conferimento del mandato speciale è indice di tale acquisita consapevolezza, richiesta al fine di evitare la celebrazione di attività processuali assoggettate al rischio di essere travolte dall’attivazione, da parte dell’imputato sedicente ignaro, dei rimedi restitutori all’uopo previsti (la rescissione del giudicato e l’istituto della restituzione nel termine, delineato nel nuovo art. 175, comma 2.1, cod. proc. pen.). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Più, in particolare, come precisato da Sez. 1 n. 1937 del 17/10/2024 Rv. 287389 – 01, «MI conferimento del mandato speciale è indice di tale acquisita consapevolezza, richiesta al fine di evitare la celebrazione di attività processuali assoggettate al rischio di essere travolte dall’attivazione, da parte dell’imputato sedicente ignaro, dei rimedi restitutori all’uopo previsti (la rescissione del giudicato e l’istituto della restituzione nel termine, delineato nel nuovo art. 175, comma 2.1, cod. proc. pen.). La finalità evidenziata emerge con chiarezza dai lavori preparatori della riforma, nei quali è ben illustrato il contesto delle innovazioni proposte in tema di legittimazione del difensore all’impugnazione. Tale soluzione è del resto coerente con la relazione predisposta dalla c.d. “Commissione COGNOME” , secondo cui “nel contesto delle innovazioni proposte, va rimarcato che l’intervento sulla legittimazione del difensore ad impugnare costituisce uno snodo essenziale, sia in chiave di effettiva garanzia dell’imputato, sia in chiave di razionale e utile impiego delle risorse giudiziarie: la misura, infatti, è volta ad assicurare la celebrazione delle impugnazioni solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza della sentenza emessa da parte dell’imputato giudicato in assenza e ad evitare – senza alcun pregiudizio del diritto di difesa dell’interessato, tutelato dai rimedi “restitutori” contestualmente assicurati – l’inutile celebrazione di gradi di giudizio destinati ad essere travolti dalla rescissione del giudicato”. Ed invero, l’intero sistema processuale introdotto dalla riforma c.d. Cartabia – ossia tanto le norme di cui all’art. 420 bis cod. proc. pen. sull’assenza, quanto quelle in tema di impugnazioni e restituzione nel termine – è permeato dall’esigenza di garantire una partecipazione consapevole e volontaria dell’imputato ai processo: anche l’impugnazione deve costituire espressione del personale interesse dell’imputato a coltivare il gravame piuttosto che una scelta del difensore, quasi automatica. Imponendo, attraverso l’onere di allegazione di cui al comma 1- quater dell’art. 581 cod. proc. pen., che vi sia la prova che l’imputato “conosce e vuole” la progressione del processo nei gradi successivi, il nuovo sistema corregge, d’altra parte, una patologia del sistema processuale previgente, che permetteva la celebrazione di gradi ulteriori di giudizio su impugnazione del difensore, e che consentiva poi al diretto interessato di porre nel nulla questa attività processuale attivando i rimedi straordinari garantiti dagli artt. 175 o 629-bis cod. proc. pen. (secondo i confini tracciati da Sez. U, n. 36848 del 17/07/2014, COGNOME, Rv. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CgA 259992- 01). La (Riforma Cartabia, nel riscrivere il diritto delle impugnazioni, si è posta il problema della inevitabile precarietà dell’attività processuale svolta nei gradi successivi di giudizio, eventualmente effettuata nella inconsapevolezza (o nella mancanza di prova della consapevolezza) del diretto interessato, ed esposta, i( pertanto, al rischio della richiesta del rimedio restitutorio nel momento in cui l’imputato fosse emerso dalla sua situazione di assenza, ed ha conseguentemente previsto, per il difensore d’ufficio, gli oneri di allegazione del comma 1-quater dell’art. 581 cod. proc. pen, che garantiscono che l’impugnazione avvenga soltanto se l’imputato la conosce e la vuole. Occorre considerare a tale proposito che il d.lgs. n. 150 del 2022 ha approntato una serie di rimedi restitutori che possono reintegrare l’imputato nelle opzioni processuali che non è stato in grado di esercitare, quando prova che l’assenza è dovuta alla mancata conoscenza incolpevole del processo. Tra questi, una nuova previsione di nullità da far valere in appello (art. 604, comma 5 bis, cod. proc. pen.) e nel giudizio dì legittimità (art. 623, comma 1, lett. b-bis cod. proc. pen.); ed ancora, l’ampliamento dell’istituto della restituzione in termini di cui all’art. 175 cod. proc. pen., con la previsione di una nuova ipotesi di restituzione per l’imputato giudicato in assenza, il quale, salvo che vi abbia volontariamente rinunciato, nei casi previsti dai commi 2 e 3 dell’art. 420-bis cod. proc. pen, può fornire la prova di non avere avuto conoscenza della pendenza del processo e di non aver potuto proporre impugnazione senza sua colpa (Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, COGNOME, Rv. 285324 – 01), oltre all’istituto della rescissione del giudicato che riguarda appunto l’ipotesi della erronea dichiarazione di assenza (cfr. Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280931 – 01). Nella stessa ottica si pone, su altro piano rispetto ai rimedi restitutori già evidenziati, appositamente ridisegnati ed implementati, il prolungamento dei termini per impugnare di cui art. 585 comma 1 bis cod. proc. pen, concessi al difensore dell’assente, in quanto onerato del compito di farsi rilasciare la nuova e apposita procura. Giova sul punto anche evidenziare come anche nel sistema CEDU è sufficiente che un rimedio alla mancata conoscenza del processo esista, e che sia effettivo, e la circostanza che il diritto processuale interno garantisca la riapertura del procedimento in favore dell’imputato inconsapevole di essere stato giudicato in assenza è condizione sufficiente per escludere la violazione dell’art. 6 della Convenzione sotto il profilo del diritto a che la causa penale «sia esaminata equamente» (Bivolaru c. Romania (n. 2), n. 66580/12, §§ Corte di Cassazione – copia non ufficiale
8-18, 2 ottobre 2018). Nello stesso diritto eurounitario, la circostanza che il rimedio a disposizione dell’assente si possa attivare soltanto dopo l’irrevocabilità della sentenza è espressamente sancita dall’art. 8, comma 4, della direttiva 2016/343/UE sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali (sul punto, in termini, Corte giustizia UE, quarta sezione, C-569/2019, 19 maggio 2022, IR)».
Va altresì / rilevato che non sussistono le condizioni per sollevare la questione di legittimità costituzionale genericamente sollecitata dal difensore di ufficio in quanto questa Corte ha già affermato, e va qui ribadito, che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dei commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581, cod. proc. pen., introdotti dall’art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per contrasto con gli artt. 24, 27 e 111 Cost., in quanto tali disposizioni, laddove richiedono che unitamente all’atto di impugnazione siano depositati, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio e, quando si sia proceduto in assenza dell’imputato, lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, non comportano alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma solo regolano le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché essi non collidono né con il principio della inviolabilità del diritto di difesa, né con la presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con il diritto ad impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge. (Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285900 – 01).
In conclusione, alla luce delle esposte considerazioni il ricorso va dichiarato inammissibile, seguendo ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che di una somma – che si stima equo fissare in euro tremila – in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi elementi per ritenere il ricorrente esente da colpe, nella determinazione della causa di inammissibilità, conformemente a quanto indicato dalla sentenza n. 186 del 2000 della Corte costituzionale).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 aprile 2025.