Impugnazione Decreto di Rinvio a Giudizio: Quando è Inammissibile in Cassazione
L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre un chiarimento fondamentale su un aspetto cruciale della procedura penale: l’impugnazione del decreto di rinvio a giudizio. Attraverso una decisione netta, la Suprema Corte ribadisce i confini dei rimedi processuali esperibili, sanzionando un tentativo di ricorso non previsto dalla legge. Questo caso serve da monito sull’importanza di seguire le corrette vie procedurali per evitare conseguenze negative, come la condanna alle spese.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dal ricorso presentato da un imputato avverso un decreto emesso dal Giudice dell’Udienza Preliminare (GUP) di Gorizia. Con tale decreto, il GUP aveva disposto il rinvio a giudizio dell’imputato, ritenendo sussistenti elementi sufficienti per sostenere l’accusa in dibattimento. L’imputato, non condividendo tale valutazione, decideva di rivolgersi direttamente alla Corte di Cassazione per ottenere l’annullamento del provvedimento.
La Decisione della Corte sull’Impugnazione del Decreto di Rinvio a Giudizio
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La decisione è stata lapidaria: il provvedimento impugnato, ovvero il decreto che dispone il giudizio, non è un atto contro cui è possibile ricorrere in Cassazione. La Corte ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di ricorsi inammissibili.
Le Motivazioni della Decisione
Il fulcro della motivazione risiede nel richiamo all’articolo 568 e seguenti del Codice di Procedura Penale. Questa norma sancisce il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione. In parole semplici, un provvedimento del giudice può essere contestato solo nei casi e con gli strumenti (appello, ricorso per cassazione, etc.) espressamente previsti dalla legge.
Il decreto di rinvio a giudizio non rientra nell’elenco dei provvedimenti per i quali il legislatore ha previsto la possibilità di un ricorso diretto alla Suprema Corte. Si tratta di un atto endoprocedimentale che non ha carattere decisorio definitivo sulla colpevolezza dell’imputato, ma si limita a disporre il passaggio alla fase successiva del processo, il dibattimento, dove l’accusa dovrà essere provata.
La logica del sistema è quella di evitare che il processo venga rallentato o bloccato da impugnazioni su atti non definitivi. La sede naturale per far valere le proprie ragioni e contestare l’accusa è il processo di primo grado, non un’impugnazione preventiva in Cassazione.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza riafferma con forza un principio cardine del nostro ordinamento processuale. Le implicazioni pratiche sono significative:
1. Non si può bloccare un processo contestando il rinvio a giudizio in Cassazione: La difesa deve concentrare i propri sforzi nella fase dibattimentale per dimostrare l’innocenza del proprio assistito.
2. Rischio di sanzioni: Presentare un ricorso inammissibile non è un’azione priva di conseguenze. Comporta la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, che funge da deterrente contro impugnazioni dilatorie o palesemente infondate.
3. Chiarezza procedurale: La decisione contribuisce a mantenere la linearità del procedimento penale, evitando che la Corte di Cassazione venga investita di questioni che devono trovare la loro soluzione nelle fasi di merito del giudizio.
È possibile presentare ricorso in Cassazione contro il decreto che dispone il rinvio a giudizio?
No, secondo quanto stabilito in questa ordinanza, il decreto di rinvio a giudizio non è un provvedimento impugnabile direttamente davanti alla Corte di Cassazione. Un simile ricorso viene dichiarato inammissibile.
Quale principio giuridico impedisce l’impugnazione del decreto di rinvio a giudizio?
Il principio applicato è quello della tassatività dei mezzi di impugnazione, previsto dall’articolo 568 del Codice di Procedura Penale. Questo principio stabilisce che un provvedimento può essere impugnato solo nei casi e con i mezzi espressamente previsti dalla legge.
Cosa rischia chi presenta un ricorso inammissibile come quello in esame?
La parte che propone un ricorso dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle Ammende. In questo caso specifico, la somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32609 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32609 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SMEDILE NOME NOME a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 06/12/2023 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di GORIZIA
dato .37.6 alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE è inammissibile, in quanto proposto avverso un provvedimento non impugnabile in questa sede quale il decreto con cui è stato disposto il rinvio a giudizio del ricorrente. E’ sufficiente rinviare lettura dell’art. 568 e ss. cod. proc. pen.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 24/05/2024.